mercoledì 10 agosto 2011

S.O.S. Giovani : Il Bullismo e la Violenza a Scuola


“Non è facile parlare con i nostri figli”, scrive Mario Elia nel suo interessantissimo libro Il Silenzio Dei Giovani, Editrice Internazionale Arti e Scienze, “Innanzi tutto, è difficile trovarli in casa: quasi sempre sono usciti… Sono andati a studiare a casa di Rirò. Nessuno, nella nostra famiglia, conosce il numero di telefono di Rirò.
Nessuno sa precisare chi sia Rirò, né se abbia un padre. Nessuno può garantire che il padre di Rirò non sia detenuto per truffa…
E’ difficile identificare gli amici dei nostri figli, perché si somigliano tutti. Si somigliano tutte anche le amiche. Vestono una specie di uniforme fuori ordinanza, cioè con piccole variazioni…
Nostro figlio è a studiare con Rirò. E non si capisce come si possa seriamente studiare con uno che si chiama Rirò.
Nessuno si chiamava Rirò ai nostri tempi. Se uno di noi avesse chiamato un altro con un nome simile, sarebbe finito in farmacia a farsi medicare. E’ difficile incontrarsi con i nostri figli. E, quando li si incontra, stanno quasi sempre per uscire. Si scusano, ma hanno fretta. Sono molto occupati…
E’ difficile convivere con i nostri ragazzi. Non si sa mai dove siano i nostri libri, le nostre cravatte, il nostro rasoio.
Si trovano spesso sul nostro scrittoio oggetti di imprecisabile provenienza, non aderenti alle nostre attività lavorative: persino scarpe da sport.
Dischi di musica lacerante risuonano d’improvviso nel silenzio… Il nostro telefono è permanentemente occupato. Se, stranamente, è libero, ci si prega di non usarlo, o di esser brevi, perché c’è in vista una telefonata importante.
Gli orari di pranzo e cena sono largamente indicativi, mere ipotesi di comodo.
L’abbigliamento dei nostri figli sembra proporsi il fine di deprimere lo spirito pubblico…
La lontananza dei nostri figli è fonte continua di preoccupazione per noi.
Sembra ignorino l’invenzione delle comunicazioni a distanza. Per avere loro notizie, bisogna rivolgersi ad amici comuni, disporre cortesi ed ufficiose indagini.
Come pare non hanno fiducia in noi…
Le loro conversazioni monosillabiche, rievocano il linguaggio dei popoli primitivi…
I loro balli oscillano fra l’immobilismo e l’acrobazia.
Così la loro vita oscilla fra l’agitazione e la pigrizia.
L’eccesso sembra la loro regola costante.
Dietro l’eccesso, s’intravede la noia, l’insoddisfazione.
Hanno più di quanto noi non avessimo alla loro età, ma sembrano delusi, scontenti.
Cerchiamo invano di comprendere i loro desideri. Si chiudono nel riserbo.
E’ assai difficile aiutarli, questi ragazzi d’oggi, troppo pieni di dignità… Vogliono fare da sé.
Hanno sempre paura di essere servili, la loro cortesia è riluttante.
Detestano l’ipocrisia, la retorica… Quando raramente una cosa li interessa davvero, mostrano di essere seri. Sono molto più intelligenti di quanto noi eravamo all’età loro.
In fondo, sono buoni, più di noi, anche se vogliono essere duri e cinici, per rabbia, per desiderio di originalità…
Ci divide da loro, più che il loro silenzio, la nostra incapacità di vincere la loro sfiducia, la nostra incapacità di comprenderli e di farci capire.
Ci divide da loro la nostra mancanza di pazienza, di comprensione, frutto della nostra irritabilità, della nostra stanchezza, per questa vita rapida, tormentosa, inquieta, che ci spinge e ci ostacola, ci cade addosso ogni giorno, per questa vita dura, che essi dovranno subire, se non sappiamo migliorarla.
Ci divide da loro la nostra incapacità di aiutarli… vincendo la loro sfiducia, il loro silenzio, la loro dignità…
Ci umilia, ci rattrista, la loro insoddisfazione, silenziosa. Perché vogliamo bene a questi figli difficili, forse più di quanto i nostri genitori non ne volessero a noi…”.
Questo passo di Mario Elia, integralmente tratto da uno dei suoi libri più famosi, dà voce ad un sentimento d’impotenza vissuto dalle generazioni di adulti di oggi.
Da qualche anno si rileva un interesse generale per i problemi della gioventù. Infatti, si parla, dovunque e con una certa insistenza, di una questione giovanile.
Finora, dei problemi giovanili si sono sempre occupati solo gli specialisti, ciascuno in relazione alla propria sfera di competenza: scuola, psicologia, sport, ecc. Ma oggi, anche i semplici genitori, per capire i propri figli, studiano la gioventù in generale.
Ciò accade non soltanto perché manca un serio dialogo tra le generazioni, ma anche e soprattutto a causa del verificarsi di alcuni fatti, commessi dai giovani, che decisamente preoccupano per la loro gravità.
A seguito dei sopra citati studi compiuti sui giovani, si è scoperto che molti, troppi giovani d’oggi, anche onesti, sani e pieni di buone risorse e volontà, rivelano una scontentezza intima, velata spesso da un manto di finto cinismo e indifferenza, che proviene da una mancata integrazione sociale.
Da alcuni giovani vengono commessi, con sempre crescente frequenza, atti delittuosi del tutto privi di contenuto, motivazione, finalità logica e movente.
Trattasi di reati astratti, ridotti a pura forma, che sembrano rifarsi ad un nuovo principio: il reato senza movente, fine a se stesso.
Gli atti di Bullismo ne sono un tipico esempio.
Il Bullismo, quindi, non nasce dalla passione che, sovrana, ha mosso le grandi gesta dei mitici eroi greci, ma è fine a se stesso. Esso esprime un impulso, un’insoddisfazione. Ed è questa insoddisfazione che colpisce.
Essa si nota non soltanto nei delinquenti di strada ma anche in moltissimi giovani onesti, sani, normali.
Il Bullismo rappresenta il sintomo di un disagio interiore vissuto da un’intera generazione di giovani.
“Questo disagio è evidente, inutile chiudere gli occhi” scrive ancora Mario Elia, “I giovani si annoiano, non si divertono, nonostante abbiano tante cose che noi alla loro età non avevamo… Il loro attivismo forsennato, irrazionale, è una maschera. Il disordine che cercano ed ostentano non riesce nemmeno a stordirli.
Lo sanno bene, ma e un modo per tentare di evadere: che altro potrebbero fare? Se pensano, è peggio…”
La verità, secondo me, è che i giovani hanno scoperto i difetti degli adulti o, per meglio dire, i difetti della società degli adulti.
I nostri giovani sanno bene che nella vita difficilmente il premio va al migliore. Essi constatano giornalmente che, assai spesso, il successo, il potere, la ricchezza, si ottengono con mezzi sleali.
Siccome la giovinezza per sua stessa natura ama gli ideali di libertà e lealtà, detestando il conformismo, la retorica, l’ipocrisia e l’immoralità, la loro insoddisfazione del quotidiano deriva dalla loro naturale incompatibilità con il nostro mondo corrotto, al quale necessariamente si adattano, ma senza gioia.
Per rimediare ai mali della società moderna dovrebbero conoscere deii rimedi, ma, per conoscerli, avrebbero bisogno del nostro aiuto e della nostra esperienza.
Per questo non hanno fiducia in noi: gli adulti non si mostrano in grado di proporre loro dei rimedi efficaci. Ci considerano, inconsciamente, corresponsabili del degrado della società.
I nostri giovani, privi di fiducia nei genitori e negli insegnanti, atterriti dalla solitudine che li costringe a pensare, si abbandonano al gruppo dei pari, cioè al gruppo giovanile di appartenenza e le loro scelte finiscono con l’essere dominate dall’orientamento collettivo del gruppo.
Acquistano il senso del gregge e sotto il loro atteggiamento da ribelli, si nasconde un conformismo solo formalmente diverso da quello degli adulti: il conformismo della stranezza e dello squilibrio.
“La personalità giovanile si dissocia” scrive Mario Elia, “la coscienza aderisce meccanicamente ad un comportamento di mimetismo, d’adattamento al gruppo, mediante la posa cinica, il contegno eccessivo, facinoroso o pigro, urlante o silenzioso, agitato o inerte.
Nell’inconscio, fermentano le cariche energetiche deviate, della critica, della riflessione, e producono l’intima insoddisfazione, lo scontento…”
Questa dissociazione della personalità giovanile che, seppur con caratteristiche diverse, colpiva anche i giovani delle generazioni precedenti, diventa oggi particolarmente pericolosa perché la personalità giovanile è oggi assai più sviluppata di quella delle generazioni precedenti.
I giovani d’oggi hanno un Io decisamente più compresso rispetto alle generazioni precedenti, e questa eccessiva compressione genera spesso esplosioni dolorose.
La mancanza di dialogo con genitori ed insegnanti accresce il fenomeno della dissociazione giovanile e il gruppo dei pari, composto da giovani privi di esperienza, incatenati l’uno all’altro dalla paura del ridicolo e dell’isolamento, non risolve la situazione di disagio.
La dissociazione, dunque, opera pericolosamente.
Per cercare di porre rimedio è necessario innanzitutto chiarire e sottolineare che le cause del disagio giovanile, della insoddisfazione, degli squilibri e degli eccessi delle nuove generazioni, sono prevalentemente morali ed, in quanto tali, riconducibili per lo più a quei punti di ancoraggio e riferimento di cui tutti abbiamo necessariamente bisogno e che purtroppo sono, per i giovani di oggi, quasi totalmente assenti.
Ebbene, per capire il motivo per il quale i nostri giovani mostrano tanta sfiducia ed insoddisfazione nei confronti di tutto e tutti è, a mio avviso, opportuno iniziare facendo un tuffo nel passato con l’intento di esaminare pregi e difetti dell’educazione e della formazione impartita ai giovani delle epoche precedenti dai nostri predecessori; ciò con la specifica intenzione di riflettere sul loro operato, imparare dai loro errori e beneficiare della loro saggezza ed esperienza.
Dopotutto, proprio per spiegare il nostro presente, la ricerca storiografica ritiene necessario esaminare attentamente i fenomeni culturali e sociali generali in modo da scoprire i rapporti di reciproca influenza che possono essere stabiliti tra le varie teorie pedagogiche, i fatti educativi e la risposta della società al crimine e a tali fatti e teorie.
Ecco allora la necessità di tener conto delle condizioni socio-politiche generali, così come si presentano nelle diverse epoche, e dei mutamenti sopravvenuti equilibrando il tutto con lo spazio che doverosamente deve essere riservato alle figure più significative dell’evoluzione umana, scientifica, giuridica, criminologica e socio-pedagogica, nel corso dei secoli.
Nelle grandi menti del passato è racchiusa tutta la forza di un accorato appello che viene da loro rivolto non soltanto agli uomini di scienza e di cultura ma anche e soprattutto ai giovani, ed alle nuove generazioni in genere, che verso questa scienza e questa cultura muovono i primi passi ed il cui operato segnerà il futuro e l’evoluzione della nostra società.
Ma noi, oggi, cos’è che possiamo realmente fare per aiutare i nostri ragazzi?
Diceva Hegel che non faremo mai diventare un cane spirituale facendogli mangiare fogli su cui siano scritte cose spirituali. O lo si è spirituali (nel senso tedesco del termine, che equivale a colto, creativo e capace di oggettivazioni valide) oppure non lo si è e di certo non lo si diventa.
Quindi, è innanzitutto necessario un impegno non indifferente della scuola in un’articolazione di azioni che vanno dal piano istituzionale a quello individuale.
In questi ultimi anni sono stati messi a punto tutta una serie di programmi volti a contrastare il fenomeno del bullismo e della violenza scolastica in genere.
Tali programmi prevedono l’utilizzo di diverse tecniche di confronto che vanno dagli incontri di classe per discutere le difficoltà e i problemi personali vissuti dai giovani, alla creazione di occasioni di apprendimento che vanno dagli incontri tra insegnanti, genitori e alunni, ai colloqui approfonditi con i bulli e con le vittime per giungere, infine, ai colloqui con i genitori degli studenti direttamente coinvolti nel problema.
Fondamentale è, in questa direzione, stimolare i ragazzi neutrali a schierarsi con forza e tenacia a favore delle vittime, perchè i prepotenti… sono solo prepotenti, e basta.
E’ consigliabile anche l’utilizzo di strumenti, quali filmati e opere letterarie, che affrontano il problema da un lato per potenziare la consapevolezza e la comprensione della gravità del fenomeno, e dall’altro per trasmettere modelli comportamentali più consoni al vivere civile e idonei a contrastare quelli che invece incitano alla violenza.
Un’attività complementare e che per molti versi può risultare maggiormente coinvolgente sul piano emotivo è quella costituita dal role playing e dalle rappresentazioni teatrali. In generale, la drammatizzazione costituisce un efficace tramite per permettere a bambini e ragazzi di sviluppare una maggiore empatia e consapevolezza verso gli altri, consentendo loro di familiarizzare con situazioni critiche e di metabolizzare nuovi ruoli comportamentali.
Sarà lecito sperare in un cambiamento in meglio della società?
Se negli ultimi trenta anni pochissimo, per non dire nulla, è cambiato, la logica sembrerebbe imporre un no come risposta.
Tuttavia… io sono fiduciosa.
Ho fiducia negli adulti e nei giovani del nostro tempo. Di essi non faccio di tutta l’erba un fascio e sono convinta, utopisticamente secondo amici e parenti, che prima o poi qualcosa nella società cambierà.
Ma per farla cambiare, occorrerà cominciare dall’inizio, fornendo una buona Formazione a Giovani e Giovanissimi: essi irrobustiranno, secondo la Formazione ricevuta, le loro ossa sul campo del mondo determinando, in maniera positiva o negativa, il destino del nostro mondo e quello di tutti noi.

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