mercoledì 23 dicembre 2015

Gli auguri di Buone Feste del Presidente Claudio Greggio


Il Presidente Claudio Greggio augura a tutti gli amici e simpatizzanti, i più calorosi auguri di Buon Natale e di un prosperoso anno 2016.

domenica 20 dicembre 2015

Pedofilia, prete patteggia. Nei filmati i bimbi costretti a rapporti con gli animali


Un altro allucinante caso di pedofilia. Ha patteggiato la pena di 2 anni e mezzo di carcere un prete piemontese, don Giorgio Porcellana, arrestato nel maggio scorso nell’ambito di un’inchiesta su un giro di pedopornografia online coordinata dal pm di Milano Giovanni Polizzi. Il sacerdote, un salesiano, attualmente ai domiciliari nella casa dei genitori a Torino, è accusato di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico. Tra il materiale scambiato sul web dalle persone coinvolte nell’indagine c’erano foto e video con bambini di pochi anni.

Pedofilia, il contenuto dei filmati e delle foto

I bambini, nella maggior parte dei casi provenienti dall’Estremo Oriente, nei filmati e nelle foto erano oggetto di violenze e anche costretti ad avere rapporti sessuali tra loro o con animali. Secondo le accuse, il religioso aveva acquisito in particolare scatti di preadolescenti. Nelle conversazioni sul web con gli altri indagati, don Giorgio Porcellana aveva celato la sua vera identità. Si fingeva infatti un manager statunitense, spesso in Italia per motivi di lavoro. Il prete aveva vissuto per diversi anni a Oulx, località della Val di Susa, in provincia di Torino, e recentemente era stato trasferito ad Alassio, in Liguria, dove è stato arrestato. Il Tribunale di Milano ha accolto quindi la sua richiesta di patteggiamento, che aveva già ottenuto il parere favorevole del pm Polizzi. L’inchiesta condotta dalla polizia postale aveva portato all’arresto di altre tre persone, anche loro accusate di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico aggravato dalla minore età delle vittime, attualmente sotto processo con rito abbreviato davanti al gup di Milano Anna Magelli. Nei giorni scorsi il pm ha chiesto la loro condanna a pene da 2 anni e 8 mesi fino a 2 anni e 10 mesi di carcere. La sentenza è prevista per il prossimo 11 dicembre. Altre persone sono invece indagate a piede libero. I presunti pedofili, provenienti da diversi Paesi, si incontravano sul social network russo Imgsrc.ru, utilizzato dagli iscritti per pubblicare immagini di vario genere. Si lanciavano segnali attraverso commenti in codice a fotografie non pedopornografiche di bambini, spostando poi le conversazioni, quasi sempre in lingua inglese, su altre piattaforme web, dove avveniva lo scambio di migliaia di immagini e video da parte della rete internazionale. Scambio che nella maggior parte dei casi non richiedeva una contropartita economica, ma piuttosto la fornitura di altre immagini con il sistema del peer to peer. Le indagini sono state effettuate da agenti della polizia postale sotto copertura, che sono riusciti a infiltrarsi nella rete fingendosi pedofili.

Prete arrestato per pedofilia a Gioia Tauro, gip: “Vescovo sapeva”. “Non parlare con i carabinieri”


“Gli chiesi circa 40 euro per un rapporto orale e lui me ne offrì 20. Io accettai”. È agghiacciante il racconto del ragazzo minorenne abusato dal sacerdote della Piana di Gioia Tauro arrestato venerdì 18 dicembre dalla squadra mobile di Reggio Calabria che, durante la perquisizione nella canonica del religioso, ha sequestrato numerosi file con immagini e video pedopornografici, 16 grammi di marijuana, lubrificanti, un vibratore, manette, cerotti afrodisiaci. Ma anche uno strumento per l’aumento delle dimensioni del pene.
Dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip su richiesta della Procura di Reggio Calabria sono spuntati particolari che rischiano di provocare un terremoto nella diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Emerge, ad esempio, che il vescovo Francesco Milito sapeva del comportamento del suo sacerdote del quale non pubblichiamo in nome per rispetto del vittime degli abusi tra le quali ci sono anche figli di soggetti legati alla ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro.
Da tempo il prete sapeva di essere indagato ma non “si è fermato – scrive il gip – quando le voci sui suoi comportamenti omosessuali sono arrivate fino al suo vescovo. Persino il fatto di essere stato controllato per tre volte in circostanze equivoche con minorenni non ha avuto alcun concreto effetto deterrente”. Pesantissimi i riferimenti che il giudice per le indagini preliminari fa sulla consapevolezza del vescovo: “Neppure sarebbe tranquillizzante – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere – che il suo superiore gerarchico, l’attuale vescovo di Oppido Mamertina, individuasse altra collocazione, perché, per quanto fin qui emerso, l’Alto prelato (pur al corrente delle voci che circolavano sul conto del prete attraverso le informazioni ricevute da due parrocchiane le quali in precedenza avevano compiti di responsabilità presso la stessa parrocchia e persino della perquisizione domiciliare e del sequestro eseguito a carico dell’indagato) non ha adottato provvedimento cautelativi né di minima verifica delle accuse rivolte all’indagato (il quale già nel 2010 aveva presentato una lettera di dimissioni), assumendo atteggiamenti particolarmente prudenti e conservativi dello status quo, dando pieno credito alla versione negatoria dello stesso accusato, in attesa dello sviluppo delle indagini penali”.
Vescovo e prete si sentivano e discutevano dell’inchiesta. “Ma dalle conversazioni intercettate – scrive sempre il gip – emergerebbe anche il comportamento assunto dal vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito, che, consigliava al sacerdote ‘di evitare di parlare con i carabinieri di queste cose e, in generale, con nessun appartenente alle forze dell’ordine, poiché questi non si limitano a parlare amichevolmente come stanno facendo loro, ma potrebbero redigere un promemoria che potrebbe far degenerare le cose’”.
Le suore chiacchierano e le voci si fanno sempre più insistenti. Il prete si confida sempre con il vescovo che, a sua volta, lo rassicura: “Lascia perdere questo perché non… la cosa gravissima non è, è questo pettegolume di suore. Tu piomba subito e glielo puoi dire, io mi sono incontrato col Vescovo, il vescovo ci è rimasto proprio… (incomprensibile)”. E intanto, su Facebook è stata creata una pagina per difendere il prete arrestato per aver abusato dei minori. Una pagina che ha già 45 iscritti.

venerdì 4 dicembre 2015

Le case-famiglia e i diritti dei bambini

I dati, snocciolati uno a uno, fanno impressione. Ogni anno in Italia si spendono 3 miliardi di euro per mantenere i bambini nelle case-famiglia: si tratta di una cifra che oscilla tra gli 80 e i 400 euro a testa al giorno. Secondo una ricerca i bimbi, dopo 4 mesi in queste strutture, riportano danni fisici e culturali, scarsa autostima, cattivo apprendimento e via elencando. Eppure, il fenomeno dei bambini affidati alle case-famiglia è in continuo aumento. Solo a Roma nel 2012 erano 1600 i minori tolti alle famiglie e ospitati nelle strutture protette (30% in più in 10 anni). Spesso per indigenza delle famiglie, spesso per una sindrome che non esiste: la Pas, la cosiddetta Sindrome di alienazione parentale di cui tante volte si è occupata GiULiA. (http://giulia.globalist.it/)

Tutti questi dati sono relativi al 2012: dopo non risultano più - neppure ai parlamentari che intendono occuparsene - altre ricerche, analisi, approfondimenti. Quanti bambini sono stati portati nelle case-famiglia perché provenienti da famiglie indigenti, quanti sono vittime di decisioni assai contestabili del Tribunale dei minori per conflitto tra i genitori, non si sa. Quanto sarebbero potuti essere spesi meglio quei soldi, a favore dei bambini e dei loro diritti, nessuno ha fatto i conti. 

La buona notizia è arrivata al recente convegno "Mater incipit vitae. Lo stato protegge i suoi figli?" (alla fine di ottobre, ad Assisi), dove la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, ha detto che "Nessuno intende fare spending review sui bambini". Almeno questo. Ora però si attende che i parlamentari interessati (per fortuna ce ne sono) riescano a lavorare in una commissione interparlamentare, per fare chiarezza sulle risorse e sulla loro destinazione. Ma, prima di tutto, sui diritti dei bambini che in questo "mercato" sono solo oggetti, non cittadini. 

Il convegno di Assisi, in realtà, non si è fermato a questo: Antonella Penati (la mamma di Federico Barakat, ucciso dal padre in un "incontro protetto" quando aveva solo 8 anni) ha richiamato in una due giorni fittissima di interventi tutti gli attori possibili del sistema, dagli avvocati ai giudici, dagli assistenti sociali agli psicologi, dai poliziotti ai giornalisti, ai politici, per esaminare lo spettro più ampio possibile dei problemi che si intrecciano sulla testa dei bambini. 

Da questo convegno Penati con la sua associazione "Federico nel cuore" ha lanciato anche una campagna, www.fight4chilprotection.org, "per contribuire alla creazione di una cultura di maggiore attenzione ai diritti del bambino, attraverso strumenti formativi, sportelli di aiuto e campagne informative".

Ma quello dello scandalo delle case-famiglia (pur nella diversità degli interventi) è stato uno dei punti più dolenti: e vengono in mente le immagini di bambini letteralmente strappati alla loro vita - basta la memoria delle immagini sconvolgenti del bimbo di Cittadella (Pd), mandate in onda da "Chi l'ha visto?"- mentre si fanno i conti dei soldi che forse, in modo assai più proficuo, potrebbero essere destinati ai bimbi per permettere loro una vita migliore, invece di distribuire i soldi a pioggia a strutture d'accoglienza che nascono come funghi.

“Maestra, papà mi ha legata a letto e poi” Dramma a scuola, il dramma della bimba di 8 anni


Un semplice tema di scuola elementare è risultato la prova decisiva nel processo contro un uomo di 48 anni, condannato a passare otto anni in carcere. E’ quanto accaduto a Chivasso (Torino): a una bambina di otto anni viene assegnato il compito di scrivere un tema di sua invenzione. Ma quello che è emerso dal racconto non è decisamente frutto dell’immaginazione. La bimba ha infatti sfruttato l’occasione per raccontare gli abusi sessuali del padre, subiti in seguito al divorzio dei genitori.
Un tema pieno di paura, che è arrivato ai carabinieri e ai magistrati portando l’attenzione sul papà della piccola. Subito i primi indizi: sul computer dell’uomo sono state trovate foto pornografiche e alcuni volti di pornostar e modelle sostituite con la testa di un’altra figlia, la sorellastra della bambina. Dopo il tema la piccola, interrogata da maestre e investigatori, ha raccontato i particolari della traumatica storia tra le lacrime: il padre l’avrebbe infatti legata a letto, per poi palpeggiarla su tutto il corpo.
Così, grazie al tema, il giudice Cecilia Marino del tribunale di Ivrea ha condannato l’uomo a otto anni di reclusione. Non solo, il 48enne dovrà risarcire la figlia con 40mila euro, mentre 10mila euro andranno alla sorellastra. E’ stato anche interdetto dai pubblici uffici e gli sarà impedito di svolgere lavori o ricoprire incarichi che lo mettano a contatto con minori.

martedì 3 novembre 2015

Botte e cinghiate alla figlia 16enne, indagata madre troppo religiosa


Genova – Botte e cinghiate alla figlia 16enne perchè era uscita senza permesso per vedere le amiche. Una vicenda delicata e ancora tutta da chiarire quella denunciata da una giovane genovese che ha raccontato ai servizi sociali di essere vittima della madre “troppo religiosa”.
Secondo il racconto della ragazza, smentito categoricamente dalla madre, l’eccessiva religiosità della donna sarebbe all’origine di un comportamento ossessivo che le ha prima impedito di vivere la vita normale di una adolescente e poi sarebbe arrivata addirittura a picchiarla e a colpirla con una cinghia per punirla per la sua “ribellione”.
Gli episodi sono stati raccolti nella denuncia presentata dalla giovanissima e sono ora al vaglio della magistratura che ha indagato la madre per abuso dei mezzi di correzione.
L’iscrizione sul registro degli indagati è, al momento, un atto dovuto per consentire alla donna di difendersi e di poter accedere ai documenti ed alle prove a suo carico.
La vicenda è delicatissima perchè vede confrontarsi posizioni diametralmente opposte e vede coinvolta una minorenne in una fare delicata della propria vita.
La giovane ha denunciato che le attenzioni della madre sono divenute via via sempre più rigide ed ossessive anche per via della religiosità cristiana della donna che, a sentire la figlia, le ha condizionato in modo negativo la vita.
La madre rifiutava le uscite con le amiche e tutte le occasioni di incontro con i coetanei da parte della ragazzina.
La situazione è precipitata quando la giovane, stanca di sentirsi esclusa dalla vita sociale delle altre ragazze della sua età, ha deciso di fuggire di casa per vedersi con le amiche.
Al suo rientro a casa la madre l’avrebbe picchiata duramente e l’avrebbe persino colpita con alcune cinghiate.
La presunta responsabile nega ogni addebito e si difende sostenendo che la figlia è particolarmente “ribelle”.
Ora saranno i giudici a stabilire chi delle due dica la verità e se davvero ci sono stati comportamenti illeciti da parte della madre.

Chiede aiuto in parrocchia per lo studio della figlia e la affidano ad un pedofilo


Genova – Chiede aiuto al parroco per la figlia che non vuole studiare e scopre che, a darle ripetizioni, è un uomo accusato in passato di pedofilia. Sconcertante scoperta per una madre in difficoltà che si è rivolta in parrocchia per un aiuto in un momento di difficoltà e si è ritrovata con ben altro genere di problemi.
La donna, preoccupata per lo scarso rendimento scolastico della figlia adolescente, ha infatti pensato di chiedere un consiglio al parroco e questi le ha trovato un uomo di 44 anni, anch’esso di difficoltà economiche e aiutato dalla Chiesa, perchè potesse seguire la ragazzina nei compiti a casa e nello studio.Poco tempo dopo, però, un’insegnante della ragazzina, vedendola accompagnata dall’uomo, è trasalita poiché ne conosceva il passato non proprio raccomandabile. L’uomo infatti era stato indagato a Savona per un caso di pedofilia ed era stato accusato proprio da un ragazzino di essere stato molestato sessualmente.La segnalazione ai servizi sociali ed alla famiglia scatta immediatamente e l’uomo viene allontanato mentre le indagini vengono avviate per verificare se la giovanissima sia stata oggetto delle turpi attenzioni dell’uomo o se, addirittura, i pomeriggi trascorsi in parrocchia per studiare non abbiano in realtà nascosto qualche terribile episodio.La vicenda ha suscitato molte polemiche, specie sullo scarso controllo da parte del parroco sul passato dell’uomo cui è stata affidata la ragazzina.Il prete si difende sostenendo di non poter conoscere il passato di ogni persona che si rivolge a lui per chiedere aiuto ma resta evidente che, in situazioni di estrema delicatezza come queste, un controllo più che accurato sarebbe doveroso.Le conseguenze per una mancata verifica delle “referenze” potrebbero essere devastanti per la povera ragazzina affidata alle attenzioni di un possibile orco proprio dalla madre inconsapevole e dal parroco poco attento.Sul caso indaga con la massima cautela e riservatezza, il Tribunale dei Minori di Genova.

Pedofilia, arrestato un 40enne pusterese


BRUNICO. La rete, intesa come il complesso mondo delle comunicazioni via internet, è il campo d'azione di gran parte del mondo che ruota attorno alla pedofilia e alla pedopornografia. La stessa rete però, usata a dovere dalle forze dell'ordine, con sempre maggiore frequenza diventa uno strumento capace di stringersi attorno al responsabile di reati pedopornografici, fino a inchiodarlo alle proprie responsabilità.
É accaduto ieri in una località della media Pusteria, dove la sezione della Polizia postale e delle telecomunicazioni di Bolzano ha tratto in arresto un quarantenne accusato di produzione e detenzione di materiale pedopornografico. La misura cautelare disposta dal Gip del Tribunale di Trento è stata originata da un procedimento penale nato proprio da un'attività internazionale di contrasto alla pedopornografia online partita dalla Germania.
Siamo a cavallo tra primavera ed estate di quest'anno. La polizia tedesca invia una segnalazione all'Interpol relativa a reati di pedopornografia online individuati in Italia. L'Interpol attiva la direzione della Polizia postale e delle telecomunicazioni di Roma, che, a sua volta, dopo una rapida indagine, colloca in Alto Adige l'indirizzo Ip, che di fatto è il “numero di casa” del computer interessato.
A questo punto entra in attività la sezione della Polizia postale di Bolzano, che individua nella zona della media Pusteria il nodo da cui dipende il computer individuato. Ne segue un’attività di monitoraggio, seguita da diversi accertamenti incrociati che fanno scattare la perquisizione domiciliare del soggetto, dalla quale viene confermata la segnalazione della polizia tedesca, facendo emergere inoltre, dallo smartphone dell'uomo, anche filmati a contenuto pedopornografico di sua produzione.
L'arresto e il trasferimento in carcere a disposizione della magistratura avviene praticamente senza soluzione di continuità e ora gli ulteriori passi spetteranno al sostituto procuratore che coordina le indagini, al gip che ne ha disposto l'arresto e alla difesa che sarà nominata dall’uomo accusato.
L’ispettore superiore Ivo Plotegher, responsabile della sezione altoatesina della polizia postale, è l'investigatore che ha coordinato le indagini fin dal momento del loro approdo alla Sezione di Bolzano: "Oggi - ci ha detto - anche in forza dell'esistenza della rete internet, il numero di coloro che si trovano a coltivare questa insana passione è molto più diffuso che in passato. Così come sono aumentate a dismisura le occasioni che si incontrano nel web. Se però da una parte la rete offre più possibilità per i pedofili, che prima della sua esistenza avevano molte meno occasioni pur fruendo di maggior riservatezza, essa moltiplica anche la loro esposizione e di conseguenza anche le possibilità di contrasto del fenomeno. A Bolzano, il nucleo di polizia postale che dirigo è formato da collaboratori estremamente validi e tecnicamente all'avanguardia, e l'indagine è stata chiusa entro i tempi fisiologicamente necessari allo scopo”.

Catania scoperta "cloud" della pedofilia associazione a delinquere. Tre arrestati, 14 indagati.


Tre le persone arrestate e 14 quelle indagate nell'operazione denominata 'Cloud', scattata all'alba contro un gruppo organizzato di pedofili. Ad eseguirla sono stati gli agenti del compartimento della polizia postale e delle comunicazioni di Catania su ordine della procura distrettuale antimafia.
Scoperta per la prima volta in Italia un'associazione per delinquere finalizzata allo scambio, alla divulgazione e distribuzione di materiale pedopornografico su internet. I particolari dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che avrà luogo alle 10.30 nella sala conferenze della procura della Repubblica etnea.

mercoledì 21 ottobre 2015

Pedofilia: abusi su bimba di 5 anni, nonno arrestato a Messina


Ha violentato la nipote di 5 anni. Con questa accusa i carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno tratto in arresto un 57enne in esecuzione di un'ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Tribunale di Patti, su richiesta della locale Procura della Repubblica. Tutto è partito dalla denuncia presentata questa estate ai militari dalla madre che ha raccolto le confidenze della figlia e riferito degli abusi commessi dal nonno della piccola, padre della donna. Violenze subite quando si trovava a casa dei nonni dove era stata condotta dai i genitori impegnati al lavoro e all'insaputa della nonna, temporaneamente fuori casa in quella occasione. L'anziano era probabilmente ubriaco. Il giorno successivo, dopo che i genitori erano andati a riprendere la figlia, questa avrebbe rivelato la brutta esperienza vissuta la sera prima. I controlli in ospedale hanno confermato i segni della violenza. I carabinieri hanno dunque tratto in arresto il 57enne, posto ai domiciliari.

Il gip del Tribunale di Siracusa Michele Consiglio ha condannato a 4 anni e otto mesi di reclusione Silvio Galizia, 48 anni di Scicli, per violenza sessuale su una bimba di 10 anni. Galizia è stato anche interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e da qualunque ufficio attinente alla tutela, curatela e amministrazione di sostegno.
 Condannato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, rappresentate da Franco Passanisi del foro di Catania, e ad una immediata provvisionale di 30 mila euro sempre per la parte civile. I fatti avvennero nell'agosto 2012 su una barca ormeggiata al porto di Marzamemi. La bimba si confidò con una amica che a sua volta raccontò tutto alla madre. Galizia, imprenditore, è stato capogruppo del PdL alla ex Provincia di Ragusa e consigliere comunale di Scicli.

Tre maniaci fanno foto ai bimbi fuori dalle scuole, l'allarme su Fb

Pedofilia, foto ai bambini fuori dalle scuole di Albignasego
Pedofilia, foto ai bambini fuori dalle scuole di Albignasego
Pedofilia, foto ai bambini fuori dalle scuole di Albignasego

C'è apprensione, ad Albignasego, per i bambini che frequentano le scuole primarie Raggio di Sole e Falcone e Borsellino. All'esterno di entrambi i plessi scolastici, sarebbero stati avvistati tre uomini intenti a scattare fotografie ai piccoli.
L'ALLARME SU FB. L'allarme è rimbalzato anche sulla pagina Facebook locale "Sei di Albignasego se". Martedì mattina, i nonni di un bambino della scuola di Sant'Agostino hanno sporto denuncia ai carabinieri, ma, intanto, l'invito è a tenere gli occhi aperti. Chi ha notato le tre persone sospette sostiene di averle viste allontanarsi a bordo di un'auto rossa. L'appello è a prestare la "massima attenzione", ed, eventualmente, ad annotarsi la targa. Il post ha naturalmente attirato una serie di commenti, e i genitori sono comprensibilmente spaventati e inquietati. Nella conversazione è intervenuto anche l'ex assessore Federico Alati: "Proprio davanti alla scuola ci sono le telecamere - risponde a chi si pone la questione - ma scommettiamo che non hanno ripreso nulla?".


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martedì 29 settembre 2015

Pedopornografia: annullati domiciliari a vibonese arrestato


La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la pronuncia con cui il tribunale del riesame di Catanzaro aveva confermato la custodia cautelare agli arresti domiciliari a carico di Antonio Columbro, 75enne vibonese, arrestato a gennaio per produzione e detenzione di materiale pedopornografico. Il giudice supremo ha accolto il ricorso presentato dal difensore dell'uomo, l'avvocato Eugenio Perrone, che ha impugnato la decisione del riesame, e dunque il tribunale catanzarese dovrà nuovamente pronunciarsi sulla vicenda. Columbro, che ha numerosi precedenti specifici per reati analoghi, è stato arrestato l'ultima volta lo scorso 3 gennaio dai carabinieri di San Ferdinando perché, secondo le ipotesi d'accusa a suo carico, avvicinava bambini, magari offrendo loro dei dolci, e li fotografava con il cellulare.
I militari che lo sorvegliavano hanno seguito l'uomo passo passo fino a casa dove gli hanno trovato un migliaio di fotografie dal contenuto pedopornografico, arrestandolo per pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico. A carico dell'uomo erano stati poi disposti gli arresti domiciliari con un provvedimento che la difesa aveva impugnato davanti al tribunale del riesame di Catanzaro - che in materia di pedopornografia ha competenza distrettuale -, dove i giudici avevano però confermato l'ordine di custodia. La Cassazione ha annullato quella decisione ed ora si attende la nuova pronuncia dei giudici del capoluogo calabrese.

Pedopornografia: sequestrate le immagini di decine di ragazzine sul web

Gli agenti della Polizia di Matera sono impegnati in una operazione antipedopornografia finalizzata al sequestro di materiale informatico contenente immagini di decine e decine di ragazzine, acquisite illegalmente da un trentenne del luogo, che risulta incensurato. L'indagine è partita dalla denuncia di due minorenni contattate sui propri profili Facebook da una sedicente segretaria di redazione del famoso marchio Yamamay (totalmente estraneo alla vicenda), che millantando provini in corso per selezionare nuove modelle per la pubblicizzazione del marchio, richiedeva foto in costume

Pedopornografia, tre anni ma fa appello. Un 48enne è stato condannato per detenzione di materiale e giovedì sarà a Venezia


Centotrenta foto nel computer. Minorenni in pose o atteggiamenti inequivocabili. Non soltanto europei, ma anche asiatici, da quanto si è capito, durante le indagini e il successivo processo. Un agordino di 48 anni è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per la detenzione di materiale pedopornografico dal giudice Antonella Coniglio. Senza la sospensione condizionale. Giovedì mattina ci sarà l’appello per L.G., di fronte alla Corte di Venezia, con il suo difensore di fiducia Mariangela Sommacal.
Dovesse essere confermata la condanna, l’uomo la sconterebbe in carcere, nel frattempo ha inevitabilmente perso il lavoro, non appena il suo principale ha saputo del suo coinvolgimento nella vicenda. Naturale che speri in una riduzione sostanziosa della pena, anche se non sarà per niente facile. L'agordino, che abita in un paesino della vallata non meglio identificato, finì nell'inchiesta della procura della Repubblica di Firenze insieme ad altri 67 indagati. A metterlo nei guai sarebbero stati i contatti frequenti avuti con altre persone finite nell'inchiesta sulla pedopornografia, battezzata “Thyphoon” e condotta dalla polizia postale, che stava monitorando il fenomeno.
Impressionanti i numeri collezionati dagli investigatori: tre gli arrestati e 65 gli indagati, un po’ in ogni angolo d’Italia. E ancora, all'epoca dell’operazione, furono sequestrati 36 personal computer, 56 notebook portatili, 114 hard disk, nonché oltre 7000 cd e dvd, contenenti immagini ritenute di interesse investigativo. Tra gli arrestati un maestro elementare in pensione di 70 anni, un cuoco di 35 ed un impiegato di un ente pubblico di 55.
Nel novembre di sei anni fa, la polizia postale fiorentina andò anche a casa di questo agordino, che all’epoca dei fatti avveva 42 anni, tramite i colleghi bellunesi e scoprì il materiale all’interno del suo computer personale, provvedendo al sequestro. La spiegazione sarebbe stata che quelle erano immagini abbastanza facili da reperire, senza nemmeno ricorrere a particolari indirizzi in internet, conosciuti solo da coloro che sono abituati a frequentare un certo tipo di mondo illegale. C’è stato un processo, nel tribunale di Belluno, che ha subito anche alcuni rinvii per l’assenza temporanea dei testimoni e, alla fine del quale, l’imputato è stato condannato a tre anni di reclusione senza la sospensione condizionale della pena.
Dopo la sentenza, L.G. è sempre rimasto a casa e ha chiesto al suo legale di presentare l’appello,
che sarà discusso dopèosomani. Come anticipato, se la condanna pronunciata in città dovesse essere confermata, scatterebbero le manette, diversamente potrebbe evitare il carcere, con tutto quello che può significare per coloro che si macchino di questo genere di reato.

Foto di ragazzine grazie a falsi provini, blitz anti-pedopornografia a Matera


Blitz della polizia di Matera contro la pedopornografia. Gli agenti sono impegnati in un'operazione finalizzata al sequestro di materiale informatico, contenente immagini di decine e decine di ragazzine acquisite illegalmente da un trentenne del luogo, incensurato. L'indagine è scattata dopo la denuncia di due minorenni, contattate sui propri profili Facebook da una sedicente segretaria di redazione del famoso marchio Yamamay che, millantando provini in corso per selezionare nuove modelle per la pubblicizzazione del marchio, richiedeva foto in costume, cui seguiva invito per effettuare i provini stessi.
La polizia postale di Matera ha accertato che l'inganno risultava convincente, in virtù dell'utilizzazione fraudolenta di un link che realmente accedeva al sito Yamamay, totalmente estraneo alla vicenda. Quando le ragazze si sono presentate al negozio della città di Matera, parlando con l'ignaro proprietario hanno avuto l'amara sorpresa: nessun concorso, nessun provino, foto inviate evidentemente a uno sconosciuto millantatore.
Successivamente alla denuncia anche del proprietario del negozio, le indagini hanno consentito di risalire a un 30enne che, con questo stratagemma, si è impossessato di decine e decine di foto di minorenni. La Procura presso il Tribunale di Potenza, competente per la materia dei reati online, procede per i reati di: sostituzione di persona, possesso di materiale pedopornografico, truffa.

Così il pedofilo rapisce la bimba di 6 anni. Ma non immagina di essere spiato

Una scena agghiacciante ripresa dalle telecamere a circuito chiuso ha permesso l'individuazione e l'arresto di un pedofilo recidivo. Si tratta diImran Khan, recentemente scarcerato dopo una condanna di 9 anni per abusi su una ragazzina di 12 anni. L'uomo è stato ripreso in una strada diBurnley, nel Lancashire, in Inghilterra.

Nelle immagini lo si vede aggirarsi in auto in cerca di una preda. Poi sceglie una bambina di sei anni in sella alla sua bicicletta. L'orco si ferma e la carica nel suo bagliaio, mentre la piccola grida terrorizzata. Poi la getta in un bidone della spazzatura, senza però aver usato violenza.

La bambina è stata ritrovata da un gruppetto di coetanei dopo che i genitori ne avevano denunciato la scomparsa.

Ora il 45enne Khan tornerà nuovamente dietro le sbarre, dopo essersi dichiarato colpevole delle accuse di sequestro di persona, rapimento con l'intenzione di commettere un reato a sfondo sessuale e violazione di un ordine del tribunale che gli impedisce di avvicinarsi ai bambini.

lunedì 28 settembre 2015

Per non dimenticare Desirée Piovanelli

Il 28 settembre 2002 viene uccisa a Leno (Brescia) Desirée "Desy" Piovanelli , che all'epoca del delitto aveva appena 14 anni ed era iscritta al primo anno del Liceo Scientifico, conosceva fin dall'infanzia (o comunque da molti anni) i suoi killer, che abitavano tutti nella sua stessa via, in qualche occasione, aveva fatto da "baby sitter" al figlio di Giovanni Erra, l'unico maggiorenne del "branco". Anche il luogo in cui avvenne il delitto (la "Cascina Ermengarda" sita in via Abruzzo) si trovava nelle immediate vicinanze delle abitazioni di vittima e carnefici (via Romagna).

GLI AGUZZINI: Nicola B.
Amico d'infanzia di Desirée, all'epoca del fatto aveva 16 anni ed aveva abbandonato gli studi, lavorando saltuariamente come manovale. Desirée aveva rifiutato più volte le attenzioni di Nicola e questo atteggiamento provocò anche la sua voglia di vendetta. La ragazza aveva annotato alcune considerazioni su Nicola nel proprio diario, definendolo come una persona da cui stare alla larga.

Nicola V. "Nico"
Coetaneo di Nicola B., muratore e amante della Playstation, condivise con Nicola la voglia di vendetta nei confronti della vittima. Considerato il "duro" del gruppo, fino ad oggi non ha fatto alcuna confessione.

Mattia F. "Bibo"
Di soli 14 anni all'epoca dei fatti, studente di terza media e amico di Nicola, dopo esser stato scoperto, confessò subito agli inquirenti che, oltre ai soliti argomenti di cui discuteva, nel branco c'era un argomento fisso: Desirèe. Inoltre tirò in ballo Giovanni Erra come "ispiratore" del "branco" e indicandone un ruolo attivo nell'omicidio. Era la parte "debole" del gruppo.

Giovanni Erra
L'unico maggiorenne del "branco" (all'epoca del fatto aveva 36 anni) . Sposato e padre di un figlio di 8 anni, abitava in via Romagna da qualche anno. Lavorava come operaio in una fonderia a San Zeno Naviglio e aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza; inoltre una compagna di Desireé raccontò che quest'ultima aveva ricevuto da Erra vari messaggi SMS d'amore. Erra minimizzò i fatti affermando che la ragazzina frequentava casa sua perché era diventata amica di suo figlio al quale faceva saltuariamente da "baby sitter" e ridusse i messaggi scambiati tramite cellulare a una sola "scherzosa" relazione. Non è stato tuttora accertato se Erra durante l'omicidio abbia avuto un ruolo attivo o meno. Erra descrisse ai ragazzi Desireé come una "ragazza facile".

La pianificazione del delitto
L'idea parte il 26 settembre da Nicola e Nico che dopo aver deciso di violentare Desirée si accordano tra loro stabilendo l'ordine con cui avrebbero violentato la ragazza. Il tutto avvenne in una discussione in via Romagna davanti alla loro abitazione e poco lontano dal luogo dell'omicidio, Cascina Ermengarda.
La mattina del 28 settembre Nicola acquista un caricabatterie adattabile al cellulare di Desy, un sacchetto di cellofan per nascondere gli indumenti sporchi di sangue ed infine, nel supermercato del paese, un coltello da cucina con una lama di 20 cm. Nico si occupò di procurarsi delle fascette autobloccanti per l'immobilizzazione della loro giovane vittima.

Il delitto
Secondo Mattia l'appuntamento era alle 16:00 del 28 settembre quando, dopo aver finito la partita di pallone, raggiunse Cascina Ermengarda. Dopo esser salito al primo piano della cascina vide Erra nella stanza vicina dove c'erano Nicola e Nico che tentavano di violentare Desireé: Nicola era riuscito ad attirare nella cascina abbandonata Desy (che stava andando a fare visita ad un'amica) con la scusa di farle vedere dei gattini.
Nicola fece un cenno a Mattia intendendo con lo stesso di dare manforte a Nico nel trattenere Desireé, che si stava opponendo con tutte le forze al tentativo di violenza sessuale portato avanti da Nicola. Quando la vittima disse a Nicola "Mi fai schifo, mi fai pena", scatenò la mortale violenza del ragazzo a cui fece seguito il massacro.
Nicola perse il controllo e la colpì con una coltellata al costato, Desireé riuscì a divincolarsi ma venne bloccata da Erra che era uscito dall'altra stanza, così fu costretta a tornare dai suoi killer. Cercò di fuggire dalla finestra, ma venne colpita da due o tre coltellate alla schiena che la fecero cadere a terra esanime e la portarono dopo un'agonia di un'ora e mezza (come stabilì l'autopsia) alla morte.
Erra e Nico cercarono di sollevarla e Nico le sferrò l'ultimo fendente tentando di sgozzarla, quando ormai Desireé era già morta. Nicola, raccolto il sacchetto di plastica acquistato in precedenza, sfilò dal corpo della giovane i jeans e gli slip con l'intento di nasconderli per simulare l'azione di un maniaco. Inoltre Nicola raccontò di aver legato i piedi di Desireé con nastro da pacchi. Erra disse che era giunto alla Cascina Ermengarda a delitto già avvenuto, asserendo di aver visto il cadavere solo dopo l'omicidio. Asserì che nel lasso di tempo in cui era avvenuto l'omicidio, era rimasto a casa a dormire.

La scoperta
Nicola inviò un SMS al fratello di Desirée facendogli credere che fosse stata la sorella stessa ad inviarlo, dicendogli che stava bene, che era dal suo ragazzo e di non preoccuparsi. L'SMS era stato inviato con una scheda acquistata in un camping a Jesolo nell'agosto di quell'anno, così le indagini si diressero su chi aveva frequentato il camping di Jesolo, abitava a Leno ed aveva all'incirca la stessa età di Desireé. Il 2 ottobre il padre Maurizio fece un appello alla ragazza di tornare a casa. Il 3 ottobre Nicola, messo sotto torchio dagli inquirenti, confessò di aver ucciso Desireé nella cascina Ermengarda; dopo la sua confessione venne ritrovato sempre nella cascina abbandonata il cadavere della giovane. Il giorno seguente furono arrestati gli altri minorenni del gruppo e qualche giorno dopo anche Giovanni Erra.

I funerali
I funerali di Desy si svolgono l'8 ottobre Sala del Regno dei Testimoni di Geova di Manerbio alla presenza di 250 persone tra cui 22 compagni della scuola che frequentava Desireé. La ragazza è stata sepolta a Leno alla presenza di 3.000 persone con la presenza del gonfalone del comune e della provincia di Brescia e del sindaco di Leno.

Le condanne

In primo grado il procuratore Emilio Quaranta del Tribunale dei minori di Brescia condannò il 19 marzo 2003 Nicola a 20 anni di carcere, Nico a 18 e Mattia a 14 anni di reclusione. La Corte d'appello il 20 ottobre 2003 ridusse le pene di Nicola da 20 a 18 e di Nico da 16 anni a 15 anni e 4 mesi.

Nicola, Nico e Mattia sono stati infine condannati, in via definitiva, a 18, 15 e 10 anni. Erra con la sentenza in Corte di Cassazione del 28 gennaio 2005 è stato condannato a 20 anni di reclusione con la richiesta di inasprire la pena. Il 4 novembre 2005 Erra è stato condannato dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano a 30 anni di carcere, quindi finirà di scontare la pena nel 2035 a quasi 70 anni d'età.

domenica 27 settembre 2015

Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me...

Il vangelo di oggi dice: "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare". 
Con piccoli, Gesù intende tutte le persone, non solo i bambini, ma anche i poveri, gli oppressi, gli emarginati. Persone che provate dalla vita si rifugiano in Dio e in lui hanno speranza. 
Purtroppo però ai giorni d'oggi, sono i piccoli a continuare a soffrire, la chiesa, come lo stato e i governanti, di continuo ci invitano ad aiutare il prossimo, ma loro per primi, che hanno possibilità economiche maggiori, non si privano di ori e merletti. 
Anche in questa italia, terra di missione, si predica bene, ma si razzola male, e su questo la chiesa e molti preti ne sono maestri.

Condannato per pedofilia "La sua vita organizzata per stuprare bambini"


Per undici anni ha stuprato undici bambini, organizzando la sua vita attorno a questo scopo. È questo il motivo che ha portato alla condanna a 14 anni di reclusione e 71mila euro di multa di Maurizio Maria Lazzari, psichiatra infantile 55enne originario di Busto Arsizio.
"Non è il pedofilo che, in circostanze eccezionali e contingenti, cede alla sua pulsione", scrive il gup che lo ha condannato lo scorso giugno, "Egli ha lucidamente organizzatoe strutturato la sua vita professionale (ovvio che non tutti i suoi pazienti erano anche vittime di abusi) con il fine di soddisfare il suo innaturale desiderio sessuale. E proprio perché il Lazzari ha comunque una formazione scientifica specialistica, egli era e doveva essere perfettamente consapevole del male infinito arrecato alle sue piccole vittime".
Oltre alle violenze, avvenute nel suo studio durante le visite, fotografava le sue vittime e li perseguitava via sms. Inoltre si spacciava per esperto a livello internazionale e ostentava titoli che non aveva tanto da essere sospeso per due mesi dal Consiglio dell'ordine dei medici.

Soggetto di diritto ma incapace di intendere e volere. Riflettiamo!!



Navigando su internet, mi sono imbattuto sul portale dei servizi sociali, alla voce "minori", noto questa frase: "Il minore per l’ordinamento giuridico è soggetto di diritto, ed essendo considerato incapace di intendere e volere fino al compimento della maggiore età, va tutelato sia da chi ne ha la potestà (in quanto genitore o tutore), sia dai servizi sociali". Soggetto di diritto ma incapace di intendere e volere. L'articolo 12 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, considera il bambino come soggetto attivo, capace di espressione e di pensieri validi. Il bambino deve poter esprimersi riguardo a tutte le questioni che lo interessano, come il matrimonio e i cambiamenti dell'ambiente che lo circondano.
L'art. 12 stabilisce un legame tra il bambino e la sua vita quotidiana. Si focalizza sulle circostanze più vicine al soggetto: legami familiari, educazione, scuola, tempo libero, salute.
È collegato allo sviluppo della persona del bambino. L'art. 12 permette anche al bambino di avere un ruolo attivo. I servizi sociali, lo definiscono incapace di intendere e volere. Riflettiamo, vogliamo ancora chiedere aiuto ai servizi sociali quando si tratta di questioni legate all'infanzia?

sabato 26 settembre 2015

Infanzia a rischio: In Italia sono 1,4 milioni i bambini che vivono in povertà


Sempre meno spazi e opportunità per i bambini, stretti fra indigenza (oltre 1.4 milioni in povertà assoluta), la vita in aree metropolitane (dove si concentra il 37% dei minori) spesso prive di servizi, una scuola “dimezzata” (tempo pieno per non più del 50% di scuole), 1 minore su 4 vive in appartamenti inadeguati e più di 65 mila nuclei familiari sono sotto sfratto; il 68% delle famiglie taglia la spesa alimentare; oltre 3 milioni di bambini non hanno letto un libro nell’ultimo anno; solo il 6% dei bambini gioca libero in strada e il 25% in cortile. Ma c’è chi reagisce: avanza la “generazione parkour” e nascono le prime scuole “open space”.
Le città e le metropoli sono l’habitat prevalente dei bambini e adolescenti in Italia: il 37% di essi – 3 milioni e 700 mila – si concentra nel 16,6% del territorio nazionale, cioè nei grandi centri urbani o nelle aree circostanti. Città più matrigne che materne, invase di macchine e pericolose – tanto che solo il 6,4% di bambini gioca libero per strada –  e spesso prive di spazi per garantire lo svago dei più piccoli: solo 1 bambino su 4 gioca in media nei cortili e meno di 4 su 10 nei giardini, con significative differenze territoriali.
Ma per un certo numero di bambini, la disponibilità di luoghi di vita e gioco accettabili non c’è neanche in casa: quasi 1 minore su 4 vive in famiglie che dichiarano di abitare in appartamenti umidi o con tracce di muffa alle pareti e sono 1 milione e 300 mila i minori le cui famiglie denunciano situazioni di sovraffollamento, in un paese nel quale anno dopo anno cresce l’emergenza abitativa: nel 2013 sono ben 65 mila i nuclei familiari (molti dei quali con bambini) ad aver ricevuto un’ingiunzione di  sfratto per morosità incolpevole (+8,3% rispetto all’anno precedente).
D’altra parte, come indicano i dati sui consumi, la povertà assoluta delle famiglie è cresciuta ulteriormente nel 2014 e riguarda ormai il 13,8% dei minori – oltre un milione e 400 mila tra bambini e ragazzi (con un incremento del 37% di minori interessati dal fenomeno rispetto al 2013) – mentre più del 68% delle famiglie sono costrette a tagliare sugli alimenti o a comprare cibo di qualità inferiore.
Ma la povertà dei minori in Italia non è solo materiale. 3 milioni 200 mila bambini e ragazzi tra 6 e 17 anni (il 47,9% del gruppo di età) non hanno letto un libro nel 2013 e circa 4 milioni (il 60,8%) non hanno visitato una mostra o un museo. Non viaggia né si apre a nuovi mondi e persone il 51,6% di under 18 che vive in famiglie che non possono permettersi nemmeno una settimana di ferie l’anno lontano da casa. Lo sport grande assente nei pomeriggi del 53,7% degli adolescenti (15-18 anni), che non fanno alcuna attività motoria continuativa nel tempo libero. 
Pomeriggi non occupati neanche da attività scolastiche, dato che, nella migliore delle ipotesi, il tempo pieno c’è solo nel 50% delle scuole elementari e medie di alcune regioni, con picchi in negativo in regioni quali Campania (con il 6,5% delle scuole primarie a tempo pieno) o Calabria.
Gli orizzonti a disposizione dei nostri bambini sono sempre più chiusi: si riducono gli spazi di autonomia, socialità, svago, e si riducono gli spazi mentali, le opportunità di formazione e crescita intellettuale e relazionale, sospingendo sempre più bambini ai margini. E’ sotto gli occhi di tutti il disagio di tante “periferie”: luoghi deprivati di verde, spazi comuni, trasporti efficienti, scuole a tempo pieno e sempre più popolati da giovani coppie con bambini. Le periferie dei nostri giorni sono le nuove città dei bambini.  Da qui dobbiamo cominciare se vogliamo riaprire spazi di futuro e opportunità per l’infanzia nel nostro paese”, “inoltre pratiche coraggiose e innovative che dimostrano che riaprire gli orizzonti dei minori e delle loro famiglie non solo è possibile ma è già a portata di mano. Esperienze come quelle delle scuole che hanno deciso di condividere i propri cortili con il quartiere, a Torino, o dei ragazzi che sfidano gli spazi cittadini facendo parkour a Roma o in altre città. Un cambiamento reale è possibile ad esempio umanizzando i percorsi nascita, realizzando più servizi per la prima infanzia, aprendo e rinnovando le scuole, intervenendo nelle periferie con nuove opportunità sociali e culturali, ripensando l’utilizzo degli spazi pubblici. Sono esempi positivi ma che per produrre cambiamenti tangibili debbono essere replicati su vasta scala e andare di pari passo con un’azione determinata da parte del Governo per aggredire le gravi povertà sociali ed educative che affliggono milioni di minori”.
“Per rispondere concretamente all’avanzare della povertà educativa, soprattutto nelle periferie urbane, si tratta di spazi ad alta densità educativa in zone prive di servizi e opportunità, dove bambini e adolescenti possono studiare, giocare, avere accesso ad attività sportive, culturali e creative. Inoltre i minori in condizioni accertate di povertà, vengono sostenuti da una dote educativa, un piano formativo personalizzato che consente ad esempio l’acquisto di libri e materiale scolastico, l’iscrizione a un corso di musica o sportivo, la partecipazione ad un campo estivo o altre attività educative individuate sulla base anche delle inclinazioni del singolo bambino. 
E’ necessario e urgente varare un piano nazionale di contrasto della povertà minorile, che preveda, tra l’altro, l’estensione della cosiddetta nuova social card, ora sperimentata solo in poche città, a tutte le famiglie in povertà assoluta con minori, semplificando i criteri di accesso e rafforzando le misure di accompagnamento e valutazione. Allo stesso tempo vanno previsti interventi mirati per le aree più deprivate sul piano dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza e delle opportunità educative. Per le periferie urbane più carenti, dove vivono moltissimi bambini, proponiamo di attivare “aree ad alta densità educativa”, sul modello francese delle Zones d’Education Prioritaires, all’interno delle quali garantire un forte rafforzamento delle offerte educative, scolastiche ed extrascolastiche,  valorizzando le risorse locali e mobilitando fondi europei”.
Bambini metropolitani. Una popolazione complessiva di poco più di un milione e mezzo di bambini, pari al 16,1% dei minori italiani, vive sparpagliata nel 70,3% dei comuni italiani, mentre il rimanente 84% risiede in 2400 centri di taglia superiore. Guardando meglio si scopre poi che il 37% di tutti i minori italiani (3 milioni e 700 mila bambini e adolescenti) vive concentrata nel 16,6% del territorio nazionale – la superficie delle istituende città metropolitane -, e che 1 milione e mezzo di bambini crescono all’interno degli 11 grandi centri urbani con una popolazioni superiore ai 250 mila abitanti: metropoli come Roma, in testa alla classifica per numerosità totale con quasi mezzo milione di minori, o come Napoli, Milano e Torino, dove si incontrano più di mille bambini per chilometro quadrato.
La strada delle preoccupazioni: 10 milioni di minori, 37 milioni di macchine. L’esplosione automobilistica degli ultimi decenni – con oggi 37 milioni di macchine  per 10 milioni di minori – ha cambiato radicalmente le abitudini delle famiglie e il rapporto con gli spazi e i tempi della vita quotidiana. La strada si è fatta luogo di transito delle preoccupazioni dei genitori e ha perso la sua vocazione naturale di luogo di incontro, apprendimento e gioco, avventura e conoscenza.
In media, tra i bambini 3 – 10 anni, solo 6 su 100 la utilizzano per giocare (6,4%), con picchi in Umbria (14%) e Trentino, e deserti ludici nel Lazio (2,5%), in Liguria, Piemonte e Campania. Ma anche i cortili condominiali sono uno spazio di gioco solo per il 25,5% dei bambini (3-10 anni) con maggiore fortuna per i bambini dell’Emilia Romagna (39,2%) e il picco in negativo della Basilicata (11,2%). Per non parlare dei prati o campi, spazi ludici solo per un 14,2% di fortunati, che diventano ben il 41,2% nella provincia di Bolzano per assottigliarsi a uno sparuto 3,9% in Sicilia.
I parchi pubblici restano lo spazio di gioco più frequentato (dal 38,4%) dai minori nella fascia di età 3-10 anni, con, tuttavia, grandi differenze territoriali: mentre al Nord e al Centro vi fanno ricorso in media più di 2 bambini su 3 (e in quasi tutte le regioni del Nord più di 1 bambino su 2), al Sud, dove l’offerta di spazi attrezzati è sensibilmente ridotta, la fruizione dei giardini scende al 16% e sale al 12% la percentuale di bambini che gioca nei vicoli.
Stanze poco accoglienti e precarie. Circa 700 mila bambini e ragazzi vivono in famiglie che dichiarano il loro appartamento poco luminoso, 1 milione e 300 mila in famiglie che denunciano situazioni di sovraffollamento, carenza di servizi e problemi strutturali, 2 milioni e 200 mila minori – quasi uno su quattro – in nuclei familiari che dichiarano di abitare appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitti che gocciolano.
Nel 2013, 65.302 famiglie (+8,3% rispetto al 2012) hanno ricevuto l’ingiunzione di sfratto per morosità e 31.000 sono stati gli sfratti effettivamente eseguiti.
I disconnessi culturali. I dati sulla partecipazione dei bambini e dei ragazzi italiani ad alcune attività culturali sono poco incoraggianti: quasi 5 minori 6-17 anni su 10 non hanno mai letto un libro durante l’anno (47,9%), 6 su 10 non sono stati in un museo (60,8%), 7 su 10 non hanno visitato un’area archeologica (73,7%) e non sono andati a teatro (72,1%), più di 8 su 10 non hanno ascoltato un concerto (84,9%). Grandi sono anche in questo caso i divari territoriali: ad esempio, la percentuale dei minori che non leggono oscilla dal 69,5 della Calabria al 25,7% del Trentino.
L’avanzata delle povertà. La deprivazione culturale va di pari passo con quella economica: 1 milione 434.000 (pari al 13,8% del totale dei minori) sono gli under 18 in povertà assoluta, quindi addirittura privi del necessario per vivere un vita quotidiana dignitosa. Di essi 376 mila minori  (67 mila bambini fino a sei anni e 309 mila bambini e adolescenti tra i 7 e i 17 anni) si sono aggiunti nel solo 2013, in particolare nel Mezzogiorno dove la percentuale di minori in povertà assoluta sale in media al 19%, con punte in Calabria (29%), Sicilia (24,7%), Sardegna (22,2%), Puglia (18,2%).
2 milioni 400 mila sono invece i minori (quasi 1 su 4, per l’esattezza il 23%)in povertà relativa, cioè in famiglie con un reddito molto basso e quindi costrette a tagliare dove possibile, diminuendo la qualità e quantità di cibo, per esempio (il 68,9% di nuclei con bambini è in questa situazione), o rinunciando a viaggicultura, sportsvaghi. Non si permettono mai un viaggio e una vacanza lontano da casa il 51,6% di famiglie con almeno 1 minore, a fronte del 40% nel 2010. Fanno sport  solo  il 46,3% di adolescenti, in particolare le ragazze praticano sport molto meno dei maschi (40,1% contro 50,7%), con picchi di inattività soprattutto nel Mezzogiorno (dove la percentuale di teen ager inattivi schizza in avanti di 22 punti percentuali).
L’arretramento dei servizi per la prima infanzia. Nell’anno scolastico 2012/2013 soltanto 13,5 bambini tra 0 e 2 anni su 100 frequentavano i nidi pubblici e convenzionati. Nonostante il varo di un Piano Straordinario nel 2007, interrotto poi bruscamente nel 2010, negli ultimi 10 anni in Italia l’indicatore di presa in carico è aumentato di appena 2 punti percentuali, rimane lontano dall’obiettivo europeo del 33%, e continua a presentare fortissime disparità territoriali tra Nord e Sud del paese. Non solo. Negli ultimi due anni si osserva una leggera flessione dei bambini che frequentano i nidi comunali e gli altri servizi integrativi, imputabile in parte alle difficoltà dei comuni a garantire i servizi in tempi di tagli ai bilanci, in parte alle difficili condizioni economiche delle famiglie durante la crisi.
Scuole a “tempo limitato” e scuole open spaces. Anche la scuola fa acqua da molte parti, documenta il 5°Atlante dell’Infanzia. Il 70% degli edifici ha più di 30 anni e il 43% bisognoso di interventi di natura edilizia6 ai problemi strutturali si aggiungono fattori come l’invecchiamento, la precarizzazione e ibassi livelli di formazione e di valutazione del corpo docente, i cui standard di perfezionamento e di formazione continua sono inferiori di oltre 10 punti ai loro colleghi europei. Altro fattore determinante è la limitazione del tempo scuola: in nessuna delle regioni italiane le scuole primarie e medie a tempo pieno superano il 50%; per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, l’unica regione a superare la soglia del 40% è la Basilicata, mentre in ben 6 regioni la percentuale di copertura scende sotto il 15%.
Un insieme di cose che spiega, almeno in parte, le basse competenze di tanti studenti italiani nei programmi di valutazione internazionali e gli alti livelli di dispersione scolastica: ben il 17% degli studenti interrompe il percorso scolastico fermandosi al diploma della scuola media. Una delle percentuali più alte d’Europa, con indici superiori solo per la Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%).
L’ inadeguatezza del nostro sistema scolastico è il frutto di anni di disattenzione e briciole di investimenti che ci hanno posizionato in coda all’Europa in quanto a spesa pubblica per l’istruzione, negli ultimi mesi sono giunti dal governo segnali  positivi in questo ambito cruciale, ma tutti quanti dobbiamo aumentare gli sforzi affinché la più importante infrastruttura sociale del nostro paese torni ad essere  un punto di riferimento solido anche per i bambini e le famiglie in condizione di particolare disagio”, si chiede inoltre al governo e alle istituzioni di varare interventi e politiche in grado di aumentare l’offerta dei consumi educativi, rendendo accessibili a tutti spazi e opportunità sportive, culturali e di svago. Una potente iniezione di stimoli culturali in aree che ne sono sprovviste, può aprire prospettive nuove nella vita dei ragazzi, come ci raccontano loro stessi nell’Atlante. Seguiamo l’esempio della “generazione parkour” che non si arrende allo squallore metropolitano”