mercoledì 30 gennaio 2013

Forteto: «Una setta in cui gli abusi erano la norma»


Una setta, al cui interno gli abusi sessuali, psicoligici e affettivi sui minori rappresentavano la consuetudine: giorno dopo giorno i giovani ospitati venivano sostanzialmente plagiati. Sono alcune delle conclusioni a cui è giunta la commissione d'inchiesta del Consiglio regionale sull'affidamento dei minori in Toscana, che si è occupata in particolare del Forteto, la comunità guidata da Rodolfo Fiesoli. La commissione - presidente Stefano Mugnai (Pdl) e vicepresidente Paolo Bambagioni (Pd) - ha illustrato in aula la relazione finale, frutto di un lavoro di 23 sedute in 4 mesi, durante le quali sono state ascoltate 53 persone, tra cui i rappresentanti dell'associazione «Vittime del Forteto».
Nella comunità, si legge nella relazione, «l'abuso risultava essere la prassi e i minori divenivano prede. Ciò avveniva con il consenso collettivo e dei genitori affidatari, e la comunità accettava e giustificava gli approcci sessuali di Fiesoli nei confronti dei ragazzi». Al Forteto, si legge ancora, «veniva incentivata l'omosessualità» e «osteggiata l'eterosessualità. Ciò implica che al Forteto nascono pochissimi bambini e nuove energie arrivano attraverso i minori in affido». Per Mugnai il Forteto era una struttura non deputata a fare accoglienza di minori ma dove, in pratica, la si è fatta per 35 anni. «Si è continuato ad affidarvi bambini - ha detto - anche dopo il 1985, quando Fiesoli e Luigi Goffredi, anch'egli fondatore del Forteto, sono stati oggetto di una sentenza di condanna (poi passata in giudicato) per vari capi d'imputazione».
Recentemente la Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per 22 persone tra cui Fiesoli. «Questi fatti drammatici sono potuti accadere anche perché il Forteto godeva di una serie di relazioni importanti: dal Tribunale dei Minori, ad associazioni, alla Regione Toscana, al mondo della politica». Lo ha detto Stefano Mugnai (Pdl), presidente della commissione regionale d'inchiesta che si è occupata delle vicende del Forteto, commentando la relazione finale. Il Forteto è una comunità con sede a Vicchio del Mugello (Firenze) i cui componenti erano anche affidatari di minori: il fondatore, Rodolfo Fiesoli, e numerosi suoi collaboratori sono coinvolti in un'inchiesta che ipotizza, a vario titolo, i reati di violenza sessuale e maltrattamenti. Le testimonianze raccolte dalla commissione raccontano di numerosi politici che «a vario titolo - è scritto nella relazione - e con differenti modalità, passano al Forteto come Piero Fassino, Vittoria Franco, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini. Si va da chi compie un rapido passaggio in vista di prossime elezioni, a chi scrive prefazioni per le pubblicazioni editoriali del Forteto, a chi, magari anche solo per territorialità, diviene frequentatore più assiduo». Anche in virtù di questa rete di relazioni, il sistema Forteto ha goduto di molto vanto e ha ricevuto anche contributi pubblici dalla Regione Toscana. «Dal 1997 al 2010 - è scritto nella relazione - la cooperativa agricola della comunità ha ottenuto contributi per 1,2 milioni di euro».

I soldati del Forteto e i loro "generali"

La commissione d'inchiesta regionale: responsabili intellettuali, politici, giudici e servizi sociali

I FATTI E LE DOMANDE - «Il 20 dicembre 2011 Rodolfo Fiesoli viene arrestato. I reati ipotizzati sono maltrattamenti e violenza sessuale anche ai danni di un minore. (...) Il 28 dicembre è la procura ad avanzare i primi dubbi sulle procedure di affidamento. Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, altro leader storico nonché anch’egli fondatore del Forteto, hanno già avuto nel 1985 una sentenza di condanna per vari capi di imputazione tra cui "corruzione di minorenne", "sottrazione consensuale di minorenne", "usurpazione di titolo", quest’ultimo poi amnistiato. Da quella data, gli affidi sono proseguiti: circa 60 sono i piccoli collocati presso persone all’interno della comunità da quella sentenza ad oggi. (...) Perché la normativa regionale non è stata in grado di scongiurare eventuali storture o errori procedurali? Cosa non ha funzionato? Ci sono meccanismi da rivedere? È possibile attivare maggiori tutele rispetto ai minori che finiscono in affido alle comunità o a coppie inserite in quel tipo di contesti?».
LA COMUNITA' E GLI AFFIDI - «Uomini e donne vivono divisi: dormono, mangiano, lavorano separati anche se sposati. I rapporti eterosessuali sono chiaramente osteggiati. Ciò implica, fra le altre cose, un effetto inevitabile: al Forteto nascono pochissimi bambini. Nessun bambino viene generato se non per quello che lì viene considerato un errore. Qualora accada testimonianze dirette riferiscono che il piccolo viene strappato dalla madre naturale e cresciuto da altri (...). Eppure nuove energie effettive e fisiche servono (...) arrivano attraverso i minori in affido, che vengono in qualche modo generati non carnalmente bensì (ri)generati emotivamente, spiritualmente, psicologicamente (...) in un contesto scandito da lavoro, scuola, abusi, paura. Giorno dopo giorno i ragazzi vengono sostanzialmente plagiati. Sono i soldati del Profeta (...). I ragazzi accolti al Forteto sono nominalmente affidati dal tribunale dei minori ad una coppia che è tale solo sulla carta, poiché spesso i genitori affidatari non hanno alcun rapporto tra di loro; è la comunità in sostanza Rodolfo Fiesoli a decidere chi effettivamente seguirà i bambini. Qualora ad essere affidati siano dei fratelli, questi vengono separati e i loro rapporti disincentivati, salvo poi mimare spazi comuni e relazioni stabili in occasione delle visite di controllo degli assistenti sociali di cui — a quanto è stato riferito alla commissione — quasi sempre si sapevano in anticipo le date».
LA «FAMIGLIA FUNZIONALE» - «Concetto cardine della comunità è quello, del tutto originale, di "famiglia funzionale". (...) I genitori funzionali sono un uomo e una donna slegati da qualunque vincolo affettivo. (...) Una delle condizioni da mettere subito in atto era di tagliare completamente i ponti con la famiglia di origine (...). Ad alcuni bambini — che sono oggi tra gli adulti ascoltati dalla commissione — è stato raccontato che i genitori erano morti. (...) Per chi vive al Forteto nulla più esiste al di fuori se non un mondo ostile e ignoto».
I CONTROLLI - «In occasione di una ispezione di una delegazione della Corte Europea per verificare le condizioni di vita dei minori (...) una abitazione era stata organizzata in modo da far vedere che i genitori affidatari dormivano insieme in una camera con letto matrimoniale e una camera con foto e giochi a dimostrazione che i fratelli condividevano la stessa camera adiacente a quella degli affidatari. Stessa messinscena veniva attuata in occasione delle visite — rare e annunciate — degli assistenti sociali. (...) I rapporti con gli assistenti sociali sono gestiti direttamente da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, come si evince da numerose testimonianze assunte agli atti».
GLI ABUSI - «Al Forteto il sesso permea l’esistenza e pare essere la meta costante dei cosiddetti chiarimenti (una pratica molto simile a una pubblica confessione, ndr). A ogni età: i minori, così, spesso divenivano o continuavano ad essere prede. Purtroppo, ciò avveniva col consenso non solo collettivo, ma anche dei genitori affidatari. Le diverse testimonianze ci riportano pratiche e abusi sessuali sui ragazzi del Forteto da parte dei genitori affidatari, siano essi uomini o donne e di un atteggiamento compiacente nei confronti delle "strane" attenzioni del Fiesoli su ragazzi a loro affidati (...) L’omosessualità al Forteto era non solo permessa, ma addirittura incentivata, un percorso obbligato verso quella che Fiesoli definiva "liberazione della materialità". (...) Le violenze colpiscono tanto i piccoli quanto i grandi, e ciascuno è protagonista di una osmosi continua tra l’essere vittima e il farsi aguzzino di altri sfortunati».
LE RELAZIONI E I FAVORI - (...) Come è possibile che, anche dopo le sentenze passate in giudicato (...) si sia continuato ad affidare minorenni a persone residenti all’interno del Forteto? (...) Un perché (...) è la continua ricerca di relazioni da parte di Fiesoli con personalità della politica, della magistratura, della cultura e della comunità scientifica (...). Nell’opera di convincimento e di plagio del mondo esterno alla comunità, molti sono stati gli strumenti di ausilio. Libri, articoli di giornali, interviste video, conferenze, convegni (...) Per fornire un’idea di massima del fenomeno tentiamo di ricostruire dalle testimonianze ascoltate un elenco di personaggi che a vario titolo e differenti modalità passano al Forteto: Edoardo Bruno, Piero Fassino, Vittoria Franco, Francesca Chiavacci, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini, Paolo Cocchi, Michele Gesualdi (ex presidente Provincia di Firenze oggi presidente della fondazione Don Milani), Stefano Tagliaferri (presidente Comunità Montana del Mugello), Alessandro Bolognesi (sindaco di Vicchio), Livio Zoli (sindaco di San Godenzo e Londa), Rolando Mensi (sindaco di Barberino di Mugello). E poi i magistrati del Tribunale per minorenni di Firenze, a cominciare dai presidenti che si sono succeduti (Francesco Scarcella, Piero Tony, Gianfranco Casciano), dal sostituto procuratore Andrea Sodi, i giudici Francesca Ceroni e Antonio Di Matteo e il giudice onorario Mario Santini. Frequenta il Forteto Liliana Cecchi, allora presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, ma anche molti medici tra cui Roberto Leonetti (responsabile dell’unità funzionale salute mentale, infanzia-adolescenza per la zona del Mugello (...) Le frequentazioni sono variamente declinate: si va da chi compie un passaggio in vista di prossime elezioni, giusto il tempo di qualche stretta di mano con fotografia, a chi scrive prefazioni per le pubblicazioni editoriali che il Forteto realizza per osannare quell’esperienza. C’è poi a chi (...) Fiesoli riserva trattamenti di amicizia (...) come regalare la spesa fatta, far cavalcare gratuitamente uno dei cavalli del maneggio, invitare a pranzo o a cena piuttosto che offrire aiuto per sbrigare qualche lavoretto nelle private abitazioni, dall’imbiancatura al riassetto del giardino o al trasporto della legna da ardere per il caminetto di sala (...).
IL TRIBUNALE DEI MINORI - «La contiguità fra il tribunale per i minorenni di Firenze (ma non solo) e il Forteto è ribadita poi una volta di più dall’ex responsabile dell’unità funzionale per la salute mentale di infanzia e adolescenza della Asl 10 per la zona Mugello Marino Marunti che alla commissione ha raccontato: "(...) Mi lasciò ancora più perplesso il fatto che ci fosse stata una presa posizione di una certa parte culturale di Firenze che cominciò a dire: sì la sentenza (quella del 1985, ndr) c’è stata, però è stato un errore di interpretazione perché ci sono state malelingue, ci sono state famiglie invidiose (...) e hanno trovato il sostegno, compreso il tribunale dei minori. Voglio dire, Giampaolo Meucci, era uno che era chiaramente pro Forteto, tutta una parte di quel giro, no? (...)". "Alla Casa del popolo furono fatte varie assemblee — racconta l’ex sindaco Pci di Calenzano Fabrizio Braschi — è venuto l’allora presidente del tribunale a giustificare qualcosa che non... Meucci, a giustificare qualcosa che era ingiustificabile (...) Era come parlare... tutto quello che si diceva ci veniva addosso, perché nessuno ci ascoltava".
LE ELEZIONI - «In vista delle elezioni amministrative del 1995 venne fatta un’apposita riunione tra i ragazzi che si trovavano a votare per la prima volta con lo scopo di indirizzare la loro espressione una volta al seggio: "Il Forteto tendenzialmente è di sinistra, si votava a sinistra per avere appoggi, il Pd probabilmente (...) È come quando si fecero le tessere dei partiti e s’era tutti di sinistra, tutti! (...) Avevamo anche dei ritorni: i permessi che magari venivano accettati con più facilità, edilizi eccetera, eccetera". Fiesoli assicurava così al Forteto il radicamento e il peso sul governo del territorio: "Quando si andava a Vicchio con le deleghe nella sezione a fare le riunioni si aveva una delega di 30/40/50 persone e il voto contava. Quando veniva il politico a vedere veniva al Forteto perché magari faceva il 10% di tre serate del paese"».
LA REGIONE - «È fuor di dubbio che il Forteto in tutte le sue declinazioni — Cooperativa, Fondazione, Associazione — abbia goduto negli anni di grande credito presso la Regione che ha accolto con continuità richieste di contributi (dal ’97 al 2010 la commissione calcola oltre 1,2 milioni di euro, ndr). Se per la cooperativa si acquisisce patrimonio rurale da concederle poi in affitto (l’area della Sas Sparavigna di Bovecchio, operazione contestata dai consiglieri regionali della Dc, ndr), si rilasciano gratuitamente concessioni idriche per uso irriguo e altre attribuzioni. La Fondazione ottiene dalla Regione il riconoscimento della personalità giuridica (...). Nel 2010 la giunta afferma che "la Fondazione è una onlus (...) le cui attività, come da statuto, sono coerenti con le finalità istituzionali della Regione"».
SENZA RISPOSTA - Un commissario: «Com’è possibile che un presidente del tribunale abbia continuato a affidare minori al Forteto?». Laera (l’attuale presidente, ndr): «Non lo dovete chiedere a me».
tratto da: Corriere Fiorentino

Gli orrori de “Il Forteto”: la storia di una ragazza madre


Gli orrori de "Il Forteto": la storia di una ragazza madre

“Sono arrivata alla comunità “Il Forteto”  quando avevo sedici anni ed ero incinta di pochi mesi”, parla la giovane donna ai microfoni di pomeriggio cinque. Racconta la sua storia con grande forza e dignità. Arrivata al Forteto le insegnano le regole della comunità, tagliandole i capelli ed imponendole di apparire il più possibile come un ragazzo. Facendole un lavaggio del cervello su ciò che è giusto e sbagliato. Al momento del parto la trascinano via dall’ospedale dopo due giorni, malmenandola e strappandola dal piccolo, che rimane in incubatrice per altri 10 giorni, contro la sua volontà.

Ritornata in comunità la mettono subito a lavoro. Dopo dieci giorni tornano a prendere il bambino in ospedale, ma rientrati in comunità il bambino passa da una donna all’altra, non riconoscendo così chi fosse la sua vera madre. Il capo della comunità, che si faceva chiamare “il profeta”, impone alla ragazza il figlio, come padre adottivo del bambino.  Dopo sei anni di violenze e soprusi, finalmente la ragazza, oramai ventiduenne, trova la forza per scappare insieme al figlio dalla comunità. Sembra la trama di un film, invece è quello che realmente accadeva, regolarmente, da ormai 30 anni,  in una comunità per minori disagiati di Vicchio. Ma questa è solo una delle tante vicende che hanno coinvolto i ragazzi del Forteto, abusati, maltrattati e derisi da chi doveva proteggerli. Ora Rodolfo Fiesoli (Il profeta), 70 anni, si trova nel carcere di Sollicciano, accusato di violenze e abusi sessuali su minori.

dal mondo: Rinchiudevano la figlia adottiva in gabbia. Arrestati

Cindy Patriarchias Edmond Gonzales
Nella loro casa mobile avevano costruito una gabbia di legno di un metro e mezzo per 72 centimetri e alta solo 126 centimetri. E non certo per rinchiuderci un animale quando loro non erano in casa. Nella gabbia solo un materasso a terra e due fermi per mantenere la porta. Era lì dentro che Cindy Patriarchias, 33 anni, ed il suo fidanzato Edmond Gonzales, di 37 anni, chiudevano la figlia adottiva di 8 anni e andavano al cinema.
La città che ha fatto da sfondo a questa terribile vicenda è stata Las Cruces, in New Mexico. I due sono stati arrestati. I primi sospetti li avevano già avuti i vicini di casa della coppia che li vedevano spesso uscire con gli altri bambini, ma mai con l’altra figlia. Cindy e Edmond avevano portato i tre figli della donna a vedere un film presso una scuola elementare, sistemando prima la bimba nella gabbia. La polizia è stata allertata dall’ex marito della donna che, presente anch’egli a scuola, ha notato che la bimba non era presente. La piccola, tra l’altro, soffre dimicrocefalia, malformazione che rende il cranio più piccolo. Le sue funzioni cerebrali erano pari a quelle di una bimba di un paio di anni.
Gli agenti di polizia sono rimasti molto sorpresi nello scoprire all’interno dell’abitazione la gabbia, pensando che però al suo interno vi fosse in realtà un animale domestico. Poi la scioccante verità. Seduta sul materasso hanno scoperto la bimba, che respirava grazie a due fessure presenti all’interno della scatola. La madre è accusata di abusi su minore e Gonzales di negligenza, per averlo permesso alla donna. Fortunatamente la bimba non ha riportato danni fisici, mentre i genitori adottivi sono stati arrestati e la loro cauzione è stata fissata in 25mila dollari. La casa era completamente al buio. In un angolo della camera da letto la gabbia, individuata dagli agenti che hanno finalmente messo fine all’incubo della bambina.

ABUSI SU MINORI, NASCE IL PRIMO CENTRO CLINICO

Termoli. Nasce in città il Centro clinico polivalente per i minori vittime di abusi: la struttura, che si trova all’interno della vecchia sede dell’ospedale di via del Molinello, sarà inaugurata oggi mercoledì 30 gennaio alle ore 13.30. 
Il taglio del nastro sarà preceduto da un convegno che avrà inizio alle ore 8.30 nel cinema Sant’Antonio. Interverranno diversi esperti che parleranno del tema “Abusi all’infanzia: percorsi integrati psicologico-giuridici, socio-sanitari ed educativi”. Il centro Vatma (Centro Clinico Polivalente per l’Ascolto, la Valutazione e il Trattamento dei Minori vittime di Abusi) è stato finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità nell’ambito dell’Avviso Pubblico n. 1/2011 “per la concessione di contributi a favore di progetti pilota per il trattamento di minori vittime di abuso e sfruttamento sessuale”, nonchè dalla Regione Molise - Assessorato alle Politiche Sociali ed è gestito da Sirio, Società Cooperativa Sociale in partenariato con l’Asrem - Distretto sanitario di Termoli. Al convegno interverranno in qualità di relatori e relatrici i massimi esponenti dell’Autorità giudiziaria del Molise, psicologi e psicoterapeuti esperti nell’ascolto e nel trattamento di minori abusati afferenti alla Cooperativa Sociale Sirio, rappresentanti delle Università di Sassari e di Roma, nonché dell’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica. In linea con le finalità su esposte, il Centro Vatma rappresenta il primo centro specialistico nato in Molise per la gestione delle situazioni di abuso all’infanzia a partire dall’ascolto giudiziario al trattamento psicoterapico individuale e familiare. Esso è il risultato della promozione di una politica partenariale il cui obiettivo è la messa in rete degli attori istituzionali e sociali che rispondano attraverso iniziative ed azioni mirate e concordate, alla domanda sociale di prevenzione del disagio dell’infanzia e dell’adolescenza e di costruzione di interventi di tutela efficaci e tempestivi. Il Centro Clinico Vatma è composto da professionalità specificatamente formate sul tema dell’abuso all’infanzia: psicologi giuridici, psicoterapeuti esperti in età evolutiva e in terapia familiare, assistenti sociali, consulenti legali e neuropsichiatri infantili. Gli interventi erogati dai professionisti del Centro Vatma sono rivolti a bambini, adolescenti famiglie, e sono realizzati in collaborazione con i servizi socio-sanitari e scolastici, con le Forze dell’Ordine, con l’Autorità Giudiziaria con i quali il Centro interagisce sinergicamente e nel rispetto delle procedure condivise nell’ambito del Protocollo Operativo collegialmente stipulato e che sarà sottoscritto a breve. Il Centro si trova nella sede del Distretto sanitario di Termoli in via del Molinello, n. 1 ed è dotato di uno spazio neutro con vetro unidirezionale, impianto di audio-videoregistrazione e citofonico nonché di procedure e protocolli operativi conformi con la normativa e con le raccomandazioni internazionali e le principali linee guida nazionali.

sabato 26 gennaio 2013

Domani 27 gennaio, giornata della memoria


Coincide con l’arrivo nel gennaio 1945 delle truppe sovietiche ad Aushwitz, in questa giornata si ricordano le vittime del nazismo, lo sterminio degli ebrei e il dramma dei deportati nei lager. In Italia questa ricorrenza è riconosciuta ufficialmente dal 2001 dopo che il parlamento ha votato la legge per istituire il giorno della memoria, anche per ricordare  le leggi razziali del 1938. Nei campi di concentramento venivano uccise le persone nelle camere a gas e non solo, le vittime furono in tutto circa 6 milioni dei quali 3 milioni circa nei campi di concentramento e altri 3 milioni di fucilati, 3.300.000 prigionieri di guerra sovietici, 1 milione di oppositori politici, 500 mila zingari, circa 9 mila omosessuali, 2.250 testimoni di Geova oltre a 270 mila morti tra disabili e malati mentali. I pochi sopravvissuti hanno faticato a raccontare le vicende all’interno dei lager, ma è utile ricordare nel corso degli anni quella sofferenza di chi c’era e si porterà per sempre quel ricordo nella mente. Tutto ciò che ricordiamo è causa del nazismo, che ha sacrificato obiettivi bellici pur di continuare a uccidere nei campi, si pensi che a Mauthausen le camere a gas operano fino al 28 aprile 1945. Alla base del nazismo c’era l’assenza di democrazia, l’ideologia, il nazionalismo e il razzismo.

i bambini e l'orrore


Terezin alla luce di candela


 

E' un pezzo del testo ebraico del Salmo 23 che le maestre ebree deportate nei campi di concentramento facevano cantare ai bambini.
Il testo tradotto è il seguente:

"Anche se andassi nella valle della morte non temerei male alcuno,
perché tu sei sempre con me.
Perché tu sei il mio appoggio, il posto più sicuro per me.
Al tuo cospetto io mi sento tranquillo".



venerdì 25 gennaio 2013

la storia di Alice, maltrattata a 4 anni dalla madre e dal suo compagno


Delle vere e proprie torture sono state quelle che, una bambina di 4 anni di nome Alice, ha dovuto subire dalla madre e dal suo compagno.
Se la piccola non obbediva ai loro ordini o se si rifiutava di chiamare “papà” il compagno della madre, entrambi, la picchiavano violentemente, anche col manico della scopa e la segregavano per intere ore al buio nel garage.
Tra le sevizie che Alice ha dovuto sopportare c’è anche quella di essere presa per le caviglie e lasciata a ciondolare nel vuoto e a testa in già da un parapetto, proprio nelle ore notturne, quando una bimba non dovrebbe fare altro che starsene tranquilla a dormire nel proprio lettino.
Finalmente un giorno, i nonni, vedendo i segni di maltrattamento e i grossi lividi sul corpo della bimba, hanno cominciato ad insospettirsi e le hanno chiesto cosa le fosse successo.
Alice in preda alla lacrime, si è lasciata andare ed ha raccontato di tutto alla nonna materna che ha, poi, pensato bene di denunciare l’accaduto ai carabinieri.
La snaturata madre  e il suo compagno, dopo la denuncia per maltrattamenti su minore, adesso sono sotto il giudizio del tribunale di Torino e la piccola Alice, che adesso ha 10 anni, finalmente, ha iniziato una vita serena, insieme ai nonni, a cui è stata affidata.

Il patrigno: "Chiamami papà". Bimba di 4 anni chiusa in garage


"Devi chiamarmi papà". Lui non riusciva a sopportarlo che quella bimba di 4 anni, la figlia della sua compagna, non lo considerasse come il suo genitore. Anche se non è il suo vero padre. La piccola si opponeva. Per questo l'uomo la prendeva a botte. E capitava che per punizione venisse rinchiusa per ore in garage. Al buio. "Così impari la lezione". E' andata avanti così per mesi fino a quando la bimba non ha trovato il coraggio di raccontare tutto ai nonni. Ora la madre della piccola e il suo convivente sono imputati in un processo al tribunale di Ivrea.
Una storia, raccontata da La Stampa, di maltrattamenti e continue vessazioniaccaduta anni fa in un paese nel cuore del Canavese, a una trentina di chilometri da Torino. La madre e il suo ex convivente sono accusati di maltrattamenti ripetuti ai danni di minore. I due, che non stanno più insieme, si accusano reciprocamente. 
Si è arrivati in tribunale in seguito alle insistenze dei nonni materni, che avevano notato dei lividi sul corpo della piccola. E lei ha trovato il coraggio di confessare quello che era successo, comprese le botte con il manico della scopa e la volta in cui era stata presa per le caviglie e tenuta sospesa nel vuoto oltre il parapetto del balcone. Tutto perché il compagno della madre voleva che lei lo chiamasse papà.

“Devi chiamarmi papà” E la segrega a 4 anni


La bambina veniva presa a colpi di manico di scopa sulla schiena: i nonni l’hanno scoperto dai lividi
Ivrea, il compagno della madre
a processo
Lui non era il suo vero padre. Però pretendeva che lo chiamasse papà. E se la bambina si opponeva erano botte. Poi capitava che per punizione venisse rinchiusa per ore in garage. Al buio: «Così impari la lezione», le dicevano. O che, nel cuore della notte, venisse appesa a testa in giù dal terrazzo di casa. Solo perché piangeva o perché non aveva ubbidito. È andata avanti così per mesi. Fino a quando lei, Alice, una bimba di appena 4 anni, tra lacrime e singhiozzi, ha trovato la forza di raccontare tutto ai nonni.  

Una storia di maltrattamenti e continue vessazioni accaduta anni fa in un paese nel cuore del Canavese, ad una trentina di chilometri da Torino. Uno di quei Comuni di poche anime dove tutti conoscono tutti e sanno tutto di tutti. Questa storia è stata ricostruita ieri, passo dopo passo, in un’aula del Tribunale di Ivrea, dove sono comparsi, come imputati, la mamma della piccola, una quarantenne disoccupata e il suo ex convivente, uno che ha sempre vissuto di espedienti, passando da un lavoro all’altro e da una storia all’altra. Entrambi sono accusati di un reato tremendo: maltrattamenti ripetuti ai danni di una bambina di 4 anni. Oggi i due non convivono più. E dal banco degli imputati si accusano l’un l’altra. «È una di quelle storie che non vorresti sentire mai» dice Patrizia Mussano, l’avvocato di parte civile.  

Se si è finiti davanti al giudice lo si deve alla forza della piccola Alice. Che un pomeriggio di novembre di 6 anni fa, di fronte alle insistenze dei nonni materni che avevano notato i lividi sulla schiena della piccola, aveva trovato il coraggio di sfogarsi. E di raccontare tutto. Le botte con il manico della scopa perché non ubbidiva e le ore passate al buio in garage. E di quella volta che, nel cuore della notte, era stata presa per le caviglie e tenuta sospesa nel vuoto oltre il parapetto del balcone. «Il fidanzato di mamma voleva che lo chiamassi papà – aveva confidato lei, un giorno, allo zio -. E se non lo facevo finivo in punizione». Lo zio, ieri, ha confermato tutto in aula, davanti a giudici e avvocati.  

A rivolgersi ai carabinieri erano stati i nonni, a cui la madre aveva affidato la piccola per un breve periodo di vacanza. «La bambina era strana, si lamentava perché aveva sempre male alla testa. Così abbiamo cercato di capire meglio, usando tanta delicatezza e cautela» ha spiegato, ieri, in Tribunale la nonna. Poco per volta era venuta a galla una storia agghiacciante. Ed era scattata la denuncia. I carabinieri avevano affidato il caso al Tribunale dei minori. Erano state raccolte testimonianze e c’era stato anche un incidente probatorio durante il quale, alla presenza di un neuropsichiatra infantile, la bambina aveva raccontato quei mesi d’angoscia. Fino al rinvio a giudizio della mamma e del patrigno. L’avvocato della donna, Agostino Ferramosca, taglia corto: «La mia cliente c’entra niente. Lo dimostreremo nel corso del processo».  

Ora Alice vive con la nonna materna a Torino. Ha 10 anni e frequenta la quinta elementare. «È tornata serena – racconta l’avvocato della famiglia -, anche se quei mesi pieni di paura l’hanno certamente segnata». 

lunedì 21 gennaio 2013

Bullismo, la piaga dei nuovi adolescenti


In Europa ogni 8 ore un adolescente, il 53% di femmine e il 47% di maschi, si suicida a seguito di vessazioni e veri e propri atti di bullismo, nella fascia di età tra gli 11 e i 15 anni: uno stillicidio a cui bisogna porre fine. Lo affermano in una nota congiunta il giornalista Mario Campanella, Presidente di 'Peter Pan Onlus' e la professoressa Donatella Marazziti, ordinario di psichiatria all’Università degli Studi di Pisa.

"Si tratta di un dato che riguarda tutti i 27 paesi dell’Unione europea - scrivono Campanella e Marazziti - e che ha un filo interconnesso con il fenomeno della cyberglobalizzazione". Spesso, infatti, gli episodi di bullismo avvengono all’interno di famosi social network come Messenger e Facebook, addirittura in un ambito continentale.

Un suicidio su dieci avviene perché l’adolescente viene identificato come gay e colpito per le sue presunte tendenze. In tutti quanti i paesi, sempre secondo Marazziti e Campanella, si manifestano sentimenti preoccupanti di ghettizzazione nei confronti delle diversità di genere.

Tale allarmante dato va innanzitutto analizzato con attenzione dai sociologi per capire le cause che lo determinano e per cercare di contrastarlo. Un campanello d'allarme, a mio avviso, non di certo irrilevante, potrebbe essere riscontrato nei genitori di questi giovanissimi ragazzi, che sempre più frequentemente sono poco attenti ai propri figli in una fase molto delicata come quella dell’adolescenza, 'dimenticando' di trasmettere loro uno dei valori più importanti per una sana crescita: il rispetto delle differenze.

"Una Vita Sottile - dalla parte dei bambini" manutenzione terminata, riprendono gli aggiornamenti

Abbiamo terminato poche ore fa la manutenzione ai nostri server, abbiamo pensato di non aggiornare la veste grafica nè del blog nè del sito internet, ma abbiamo attivato tramite il sito internet un calendario che riporterà in tempo reale tutti gli impegni in programma per l'associazione ai quali potete iscrivervi compilando un apposito modulo che prossimamente sarà on-line.

Apriamo subito con alcune notizie:

Pedofilia, ricercatori: non è devianza ma orientamento sessuale



TMNews
New York, (TMNews) - La pedofilia è da sempre considerata, come altre forme di devianza sessuale, il frutto di disturbi psichici. Ma alcuni ricercatori credono, invece, che sia un orientamento sessuale intrinseco, come l'eterosessualità e l'omosessualità. A parlarne è il Los Angeles Times.

Secondo le stime, i pedofili sono tra l'uno e il cinque per cento degli uomini. Ma non tutti i pedofili molestano i bambini, come molti molestatori - secondo le ricerche - non sono pedofili: circa il 50% non è attratto sessualmente dai bambini, ma soffre spesso di disturbi della personalità, o ha subito violenze. Le vittime sono, in questo caso, membri della famiglia.

Ci sono pedofili che pensano ai bambini come partner, ci sono quelli che sono "persone perbene che combattono" contro i loro impulsi, ha dichiarato il dottor Fred Berlin, a capo del consultorio sui comportamenti sessuali del Johns Hopkins di Baltimora.

Alcune delle nuove teorie sulla pedofilia sono state formulate al Centro di Salute mentale e dipendenze di Toronto, in base alle osservazioni sulle persone ricoverate. Secondo i ricercatori di Toronto, la pedofilia ha radici biologiche.

Pedofilia:abusava della figlia,arrestato

(ANSA) - Ha violentato la figlia adottiva per 10 anni, da quando la bimba aveva 9 anni. Per questo un cinquantenne cosentino e' stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Cosenza per violenza sessuale continuata aggravata nei confronti della figlia adottiva, minore. L'inchiesta e' nata dalla confidenza raccolta da una persona vicina alla famiglia, insospettita degli strani comportamenti dell'uomo ed ha portato al ritrovamento di un ''diario degli orrori'' scritto dalla ragazza.

giovedì 10 gennaio 2013

"Una Vita Sottile - dalla parte dei bambini" lavori in corso

Stiamo lavorando per aggiornare ulteriormente il sito e la nostra piattaforma internet pertanto il blog e l'aggiornamento delle notizie subirà un leggero ritardo. Saremo on-line al più presto.

Per informazioni informatico@unavitasottile.org

martedì 8 gennaio 2013

A 14 anni nuda su Facebook…

Distesa sul letto, si è scattata una sequenza di foto in pose osè col suo telefonino e le ha inviate per mms a un ragazzo di Sulmona. Lei ha appena 14 anni e le immagini sono finite, dopo qualche ora, sui telefonini di centinaia di persone. Qualcuno, infine, le ha pubblicate anche su Facebook, su un account attivato con un falso nome. In poco tempo il fantomatico profilo ha ricevuto centinaia di richieste di amicizia. L’episodio è avvenuto qualche giorno fa. L’account è stato immediatamente oscurato dopo che la ragazza si è accorta di quanto accaduto e ha chiesto aiuto a un amico.

E che sia stata una leggerezza lo conferma la stessa minorenne che in un appello scritto sulla sua pagina di Facebook scrive: «Sono io, non dovrei essere qui su e scrivere… ma voglio farlo lo stesso. Non giudicate mai dall’apparenza un’estranea. Certo queste foto non avrei dovuto farle… ma a tutto c’è un motivo. Non mi sveglio la mattina e decido di scattarle… Delle persone intelligenti lo avrebbero capito… E volevo dire a chi ha avuto la brillante idea di creare un account che non sa di aver fatto un grandissimo errore. Se mi ritrovo qui è soprattutto perché sono molto buona; quando conosco una persona, ragazzo o ragazza che sia, non vedo mai del cattivo in lei, e mi sono fidata di persone sbagliate. E ora ci ho rimesso. Ringrazio chi è con me e volevo dire un’ultima cosa a chi è più legato a me: vi voglio bene, ho bisogno di voi, ora».

un commento personale: qualcuno su facebook commenta l'articolo dicendo: "per la gioia dei pedofili" oppure: " piccole *** crescono" oppure ancora: "con il ringraziamento anche dei pedofili". Forse quello che queste persone non sanno è che il nocciolo della vicenda si chiama sexting. Molte ragazzine adolescenti lo fanno forse per apparire più belle agli occhi del proprio fidanzatino, altre lo fanno perché costrette proprio da pedofili delinquenti che le hanno adescate e usano il ricatto della pubblicazione nel web di queste foto per abusare di loro. Commentando però dimentichiamo che qui il reato è un'altro e cioè, un falso amico ha creato un un falso profilo facebook pubblicando le foto. Il male della 14enne forse è il male minore e forse solo quello di essersi fidata della persona sbagliata. Lo sbaglio qui è di tutti ma quello più grande e di chi ha iniziato a divulgare le foto (ragazzo di Sulmona) e di chi ha poi creato il falso profilo su facebook pubblicando le foto.

Quindi un appello a chi su facebook ha commentato come sopra, prima di scrivere e pubblicare strafalcioni cerchiamo di capire...

Lo voglio infine ricordare a tutti gli adolescenti, non divulgate mai in rete foto che vi riguardano nella vostra intimità, se qualcuno vi minaccia per avere di queste foto rivolgetevi subito alle forze dell'ordine o alla nostra associazione usando gli appositi link inseriti sia sul portale unavitasottile.org sia qui sul blog. No fidatevi di nessuno conosciuto in rete.


Carolina suicida a 14 anni: vittima di bullismo gli amici le dedicano un video


Un gesto all'apparenza immotivato quello che ha spinto Carolina Picchio, una ragazzina di soli 14 anni, a togliersi la vita lanciandosi dal balcone dell'appartamento del padre, a Novara. Il fatto è accaduto nella notte tra venerdì e sabato, quando la studentessa dell'Itc Pascaldi Rometino ha scelto il terzo piano dell'abitazione paterna per farla finita. La procura della Repubblica ha già aperto un'inchiesta, ma come scrive LEGGO, l'accusa più pesante viene dagli utenti dei social network, primo tra tutti twitter. Nel giorno dell'Epifania, la cittadina piemontese ha lanciato l'hashtag e molti amici e conoscenti parlano di bullismo: Carolina si sarebbe tolta la vita perché ripetutamente insultata a scuola da coetanei e compagni di scuola. La ricordano com'era, Carolina. Una ragazza giovane ma bellissima, sorridente e sportiva. Gli amici vogliono fare luce sulla vicenda e si scagliano contro gli organi di informazione che non le hanno dato il giusto risalto, "pensano solo ai tweet di Monti o al pancione di Belen", dice qualcuno. "Facciamo salire il trend", scrive un altro. Un video di tre minuti, postato su YouTube, con le sue foto più belle e le note di Iris dei Goo Goo Dolls come colonna sonora. È l'omaggio degli amici a Carolina, la ragazza di 14 anni suicida nella notte tra sabato e domenica a Novara.