venerdì 19 marzo 2010

Facebook dice no al sistema anti-pedofilia

No “provvisorio” al pulsante antipanico in Home page. La richiesta del governo arrivava dopo l’omicidio di una teenager, adescata proprio sul social network

Facebook ha risposto al ministro degli interni inglese, Alan Johnson, sulla “querelle” legata alla presenza di soggetti pedofili e violenti che sfruttano il popolare social network per commettere i loro crimini. Il social network di Mark Zuckerberger fa sapere di “non avere obiezioni di principio ad installare il pulsante “anti-panico”,vale a dire il Child Exploitation and Online Protection Centre (Ceop), così come proposto dal parlamento di Westmister” ma, però, continua a rifiutare di installarlo nella Home page. La risposta del principale social netowork della rete, che conta su oltre 400 milioni di utenti nel mondo, a detta del quotidiano britannico “The Guardian“, fa seguito alla forte reazione scaturita nell’opinione pubblica inglese dopo l’assassinio di una teenager,Ashleigh Hall, ragazza di 17 anni uccisa da uno “stupratore seriale”, Peter Chapman, 33 anni già condannato altre volte e incontrato proprio sul popolare sito di social networking.

PER FACEBOOK C’E’ GIA’ – Dopo l’incontro di oggi, che potremmo considerare dall’esito interlocutorio, il governo inglese e la società nordamericana hanno accettato di incontrarsi nuovamente il mese prossimo a Washington. Secondo Facebook, infatti, già oggi gli utenti possono usare il sistema sviluppato dal sito stesso per denunciare i loro sospetti e semmai si potrebbe aggiungere, in futuro, un box con un link al sito del Ceop. Tuttavia mettere direttamente questo link, chiamato appunto “pulsante anti-panico” nelle pagine principali del sito, sostieneFacebook, potrebbe produrre l’effetto opposto e scoraggiare gli utenti dal denunciare. Va pure ricordato come a suo tempo Facebook giudicò inutile la cosiddetta Kids act, la legge voluta dall’allora Presidente americano George W. Bush che prevedeva di inserire in un apposito registro dei condannati per crimini sessuali l’indirizzo e-mail e il contatto IM degli stessi, mentre un sistema informatico avrebbe permesso ai social network come Facebook e MySpace di rifiutare o annullare gli account legati a tali estremi. La legge, secondo i suoi ideatori, avrebbe dovuto prevenire le possibili azioni di adescamento ai danni dei minori via internet. Secondo Facebook, si sarebbe rivelato del tutto inutile perché facilmente aggirabile al minimo sforzo registrando un indirizzo e-mail alternativo, un nuovo account IM e utilizzando identità fittizie. Una soluzione di una banalità sconvolgente: “Quale pedofilo recidivo potrebbe mai pensare di adescare un minore via internet usando dati riconducibili alla propria persona?“, sostenne efficacemente il social network.

E IN ITALIA? - Qualche settimana fa Meter, l’associazione contro il fenomeno della pedofilia in rete fondata da Don Fortunato Di Noto, ha fornito una raccapricciate “classifica” con i dati relativi alla presenza di siti pedo-pornografici su internet, in maggioranza dislocati in Russia e negli Stati Uniti ed ha messo in guardia sull’intrusione di questo terribile fenomeno anche su Facebook. LaPolizia Postale di Catania ha aperto, proprio in base alle segnalazioni di Meter, 340 fascicoli che contengono ben 2.850 siti pedo-pornografici segnalati. In particolare, la triste graduatoria della pedo-pornografia in rete è così distribuita. Negli Usa troviamo il 29% di questi, in Russia il 27%, in Olanda il 6%, in Inghilterra il 5%, in Cina il 4%. Seguono poi Germania e Polonia col 3%. Italia, Spagna, Francia, Belgio, Austria, Svezia, Liechtenstein, Giappone, Corea del Sud, Turchia hanno, fortunatamente, una presenza pari solo al 2%. Chiudono, infine Israele, Svizzera, Iran, Iraq con l’1%. Secondo Meter, risultano diminuiti i siti italiani anche perché, sempre più spesso, i gestori dei siti pedofili si rivolgono all’estero per evitare di essere scoperti. Continua, invece, anche in Italia l’utilizzo del file sharing per la diffusione e lo scambio di file pedo-pornografici se è vero che il 60% delle indagini della Polizia postale italiana interessano proprio questo settore. “Approfittando di questi sistemi di rete - si legge nel rapporto – i pedofili si legano tra loro con divulgazione di video, foto, link e notizie di riferimento, scambiandosi collezioni private prodotte da loro stessi“, fa sapere Meter. In generale, le segnalazioni dell’associazione siracusana alla Polizia postale nel 2008 sono state 2.850, mentre negli ultimi cinque anni sono stati oltre 44mila i siti e i riferimenti pedofili segnalati a tutte la Polizie del mondo.

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