martedì 30 marzo 2010

Don Fortunato Di Noto: "Per combattere la pedofilia il Vaticano deve riformare i seminari"

I colpevoli silenzi della Chiesa sul caso di padre Lawrence Murphy, un ministro del culto americano che negli anni “60-70 abusò di circa 200 ragazzini sordi in un istituto di Milwaukee, stanno ora dando i devastanti frutti che il vescovo Rembert Weakland aveva immaginato e che avrebbe voluto evitare denunciando Murphy alle autorità civili. Al contrario, per “insabbiare” la vicenda, il presule fu chiamato a rapporto da Bertone, l’allora segretario della Congregazione per la dottrina della fede guidata da Joseph Ratzinger. Tale comportamento non sfuggì al New York Times, così adesso il quotidiano può permettersi di presentare al Papa e al suo segretario di Stato il conto. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, respinge con forza le accuse, chiarendo che la Congregazione venne informata del caso solo "una ventina di anni dopo”. Per l’Osservatore romano, i mass media vogliono colpire “a ogni costo, Benedetto XVI". Fuoco di sbarramento anche dal giornale dei vescovi l’Avvenire che ha scritto di “verità capovolta” e di una Chiesa costretta a fronteggiare una delle onde mediatiche "che a volte traversano" la stampa.
Al di là di tutte le spiegazioni, le accuse restano gravi: le autorità vaticane non avrebbero dovuto tentare di occultare i fatti né evitare a Murphy un processo pubblico. Ora al Vaticano non resta che tentare di individuare le soluzioni che nel prossimo futuro siano in grado di prevenire la reiterazione del “peccato” da parte di altri sacerdoti. Sotto osservazione è soprattutto l’istituto del celibato. “Non credo che il celibato possa favorire la pedofilia: sono un prete cattolico, so che la maggior parte dei miei colleghi sono persone serie. Le istituzioni ecclesiastiche devono porsi il problema quando ancora i futuri sacerdoti stanno frequentando gli studi seminariali”, commenta Fortunato Di Noto, pioniere nella lotta alla pedofilia e fondatore dell'Associazione Meter Onlus.
Non si discostano dalle dichiarazioni di Di Noto le osservazioni del vaticanista Luigi Accattoli. “Non credo che i casi di pedofilia registrati nel seno della Chiesa abbiano una connessione diretta con il celibato: non c’è alcuno studio che può confermare questi collegamenti”. Ma il dubbio resta, così Accattoli spiega che una quadratura del cerchio si può sempre trovare: “Penso che una possibile - seppur indiretta - incidenza del celibato sulla pedofilia può esserci ed è determinata dalla diminuzione delle vocazioni. A tal punto che i vescovi sono costretti ad avere molta manica larga nelle ordinazioni. Così sugli altari salgono preti di dubbia maturità psichica. La selezione potrebbe essere più severa se i prelati avessero la possibilità di attingere anche gli uomini sposati”.

E’ chiaro comunque che la pedofilia è “un problema molto più globale e non interessa solo gli ambienti cattolici. Si deve tener conto che nel mondo ci sono 450 mila preti e di questi numeri dobbiamo ricordarci nella valutazione dei fatti”, commenta Di Noto. Siamo ad un punto di svolta, ma queste cose Meter ((parola greca che significa accoglienza, grembo) le sta dicendo, inascoltata, da almeno trenta anni. “Molti dei 2400 vescovi sparsi nel mondo sono responsabili di quanto sta accadendo, per questo si sta assistendo a tante dimissioni. Si sentono colpevoli di non essere intervenuti adeguatamente e per tempo. Ma è anche vero che ogni reato commesso dal sacerdote è un delitto privato”.
Si deve saper ascoltare le vittime. Soprattutto è necessario la riforma delle norme che puniscono la pedofilia. “Il rimedio c’è e appartiene alla sfera del diritto. La via l’ha indicata il Papa quando ha chiesto più collaborazione ai tribunali civili irlandesi. Si deve insistere verso questa soluzione. Solo così i colpevoli possono essere isolati dall’opinione pubblica”, conclude Accattoli.

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