domenica 11 luglio 2010

dal giornale "AVVENIRE"...

Una piaga nazionale:
in Italia 21mila casi l'anno

Italiani ai primi posti, dunque, almeno per quanto riguarda l’"esportazione" di viaggiatori sessualmente e psichicamente deviati. Siamo (sono) 80mila ogni anno. Questo l’identikit: giovane (sui 30), bravo navigatore in rete, cultura e reddito medi. Ma il nostro popolo ha scalato rapidamente le classifiche mondiali raggiungendo addirittura il primo posto per presenze in Kenya, Repubblica Dominicana e Colombia (fonti Ecpat). Il tutto facilitato dai voli low cost e dal web, che baipassa allegramente ogni tipo di prevenzione, come le alleanze strette con operatori turistici, hotel e taxisti, feroci nello scovare e denunciare i predatori di bambini: sul web c’è di tutto, albergatori che non fanno domande e procacciatori che non fanno storie.

Ma anche entro i confini nazionali le cose non vanno meglio. Sarebbero 21mila i casi di pedofilia registrati ogni anno in Italia: uno ogni 400 minori, uno ogni 4 scuole, e uno ogni 500 famiglie (dati Censis). Anche qui le cifre potrebbero errare per difetto, dato che la maggioranza degli abusi subìti resta inconfessata per anni o per sempre, e che nel 90% dei casi il tutto avviene nell’ambito "familiare" (il che non significa necessariamente tra genitori o fratelli, ma tra persone che frequentano normalmente la famiglia, come vicini di casa, amici, dipendenti...). Forti discrepanze tra i dati ufficiosi e quelli ufficiali rendono impossibile una classifica reale, ma secondo le stime concrete di Telefono Azzurro (a marzo 2010) la responsabilità è del padre nel 29,4% dei casi, seguito da altri parenti (13,5%), conoscenti (12,9%), insegnanti o educatori (8,8%), e infine religiosi (1,2%).

«Il fenomeno è dilagante - commenta Melita Cavallo, presidente del Tribunale per i minorenni di Roma - anche se dobbiamo sempre tener presente il gran numero di false denunce», che dopo iter dolorosissimi si concludono con l’assoluzione. «Mi riferisco al costume sempre più frequente da parte delle mogli in via di separazione di denunciare i mariti per abusi sui figli. Questo è lo spaccato più consueto cui ci troviamo di fronte al Tribunale per i minori, motivo per cui nel periodo delle indagini siamo costretti ad allontanare quei padri...» (negli Usa risulta falso il 25% degli abusi su figli minori denunciati da genitori in fase di separazione). Il secondo spaccato riguarda invece «segnalazioni da polizia o servizi sociali, o anche dai genitori stessi, di bambini molestati a scuola, in palestra, nel condominio». Infine oggi accade con sempre maggiore frequenza che 15/16enni abbiano già attenzioni per bambini molto più piccoli, «conseguenza di un uso indiscriminato di Internet e televisione, capaci di sollecitare istinti subliminali non diretti nel verso giusto» (solo l’associazione Meter negli ultimi 7 anni ha scoperto 51mila siti pedofili alla portata di tutti e altrettanti ne ha scovati l’associazione Arcobaleno).
Orientativamente sono 5.000 le denunce che pervengono ogni anno alle procure italiane e in linea di massima 4.000 sono le archiviazioni immediate per insufficienza di dati probatori (e questo dipende molto da come vengono raccolte le notizie di reati fin dalla prima denuncia). Circa 1.000 denunce arrivano quindi davanti al Gip (giudice per le indagini preliminari) e infine sono 150 circa i casi di non luogo a procedere. Secondo la Dac (Direzione anticrimine centrale della Polizia) nel 77,4% dei casi le vittime sono bambine, abusate fin da piccolissime, e la fascia d’età più colpita (35%) va dai pochi giorni di vita ai 10 anni, seguita dagli 11-14 anni (34,8%). Nelle carceri italiane - fa sapere il ministero della Giustizia - sono detenuti attualmente oltre 1.300 pedofili, di cui 400 stranieri.
La piaga, dunque, non diminuisce, anzi, ogni anno ha un incremento del 10,8%, anche perché nel nostro Paese fioriscono impunite ben 15 organizzazioni per così dire "culturali". Che apertamente festeggiano la giornata di un presunto "orgoglio pedofilo".


«Tolleranza zero per i sacerdoti.
Ma papà e nonni?»

«Questi sacerdoti che si sono macchiati del gravissimo reato di pedofilia hanno reso vergogna a se stessi e alla Chiesa tutta». Non prova a giustificare, don Fortunato Di Noto, parroco in Sicilia, da vent’anni "cacciatore" di pedofili e sostegno per le vittime con la sua associazione Meter. «Qualcuno ha provato a minimizzare, ha parlato di "scivoloni" o di "debolezze": no, sono fatti gravissimi. Chi ha sbagliato deve prendersi le sue responsabilità e pagare, prima di tutto davanti a Dio e alla propria coscienza, poi davanti alla giustizia, ai bambini e alle loro famiglie, ma infine anche davanti alla Chiesa, che - non dimentichiamolo - è parte lesa».

Lo si dimentica spesso, invece: la Chiesa, l’istituzione che nel Dna porta scritta la difesa dei più piccoli e dei fragili, fondata sui severi dettami d’amore di Gesù (Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina.., Matteo 18,6), «è preoccupata del danno ai bambini, prima che ai preti - sottolinea don Di Noto -, ovviamente a maggior ragione quando l’abuso avviene da parte di un sacerdote. Il concetto che oggi si fatica a far passare è proprio questo: la Chiesa sta rispondendo con energia non per il fatto che esistono i sacerdoti pedofili, ma perché ha sempre lottato per proteggere l’infanzia e in generale i bisognosi».

Quando il reato avviene al suo interno, dunque, la ferita sanguina più copiosa. Facile immaginare, ad esempio, quanto una comunità parrocchiale soffra quando il suo parroco viene accusato di un crimine così orrendo, nel caso risulti davvero colpevole. «Per questo non chiedo sconti, anzi, penso che, come ha detto il Papa, i vescovi debbano essere fermissimi nel portare alla luce con verità e coraggio questi casi e reagire con decisione nella loro azione pastorale - continua Di Noto -, però pretendo che lo stesso sforzo, urgentissimo e necessario, riguardi tutto l’orrore della pedofilia, non solo la minima percentuale che coinvolge i preti». Invece quale Stato ha fatto altrettanto e con la forza del Papa? Quale altra confessione religiosa? Tenuto conto che in Italia si registrano circa 21mila casi di pedofilia ogni anno e che nell’ultimo decennio i casi di abusi da parte di preti italiani sono un centinaio, è chiaro che la piaga è dilagante altrove.

Premesso che per la Chiesa anche un solo prete colpevole è un abisso di sconforto e grida giustizia, lo strazio delle vittime non guarda da dove venga l’abuso: sarebbe ora che la tolleranza zero imposta con forza straordinaria dal Papa trovasse pari vigore nelle istituzioni laiche e nei governi. «Ogni mese Meter denuncia alle procure italiane e straniere in media seicento siti che, alla luce del sole, svendono un vero inferno senza che nessuno faccia niente - dice don Di Noto -. Vi si vedono adulti che stuprano e seviziano a volto scoperto anche neonati, persino padri che violentano le proprie figlie. Abbiamo chiesto che vengano ufficialmente divulgati i volti degli aguzzini con la scritta "wanted", ma nessuno si muove». E i media? Nessuno scandalo, nemmeno una "breve" sui giornali, come se dei bambini in realtà non interessasse poi tanto. Quello che interessa è l’abusatore, sempre che sia prete. Anche se, da recenti approfondimenti basati sui fatti, nel grande gorgo della pedofilia mondiale i religiosi sarebbero responsabili al 3%. L’altro 97% è "derubricato", non si ne parla affatto. «È grave perché quando nella lotta alla pedofilia subentra una lotta ideologica, la prima è sconfitta. E meno male che è venuto fuori questo scandalo tra noi preti - sorride Di Noto - così chi fino a oggi legittimava la pedofilia come un diritto ora invece grida a gran voce...». Non occorre andare lontano, basta sfogliare i giornali di dieci anni fa per leggere ad esempio che "in uno Stato di diritto essere pedofili o sostenerne la legittimità non può essere considerato reato" e la pedofilia è solo "una preferenza sessuale" (1998, documento del Partito Radicale contro la legge 269). O per ritrovare politici e intellettuali di spicco, oggi giustamente severissimi, ma che pochi anni or sono parlavano della pedofilia come del "diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti".

E a proposito di leggi, «aspettiamo ancora la ratifica delle norme che puniscono l’istigazione e l’apologia della violenza sui bambini», ricorda Di Noto. C’è una proposta di legge firmata da 160 deputati bipartisan che giace dimenticata, così come la Convenzione di Lanzarote, che chiede pene più aspre: «Nell’attesa la Polizia delle Comunicazioni ha già le indagini impacchettate ma non può agire».

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