giovedì 27 maggio 2010

Meter: «Così combattiamo i pedofili che infestano la Rete»

Ma serve ancora più decisione (e meno rispetto per la presunta "privacy")

Una comunità di amanti di cani in cui in realtà centinaia individui, oltre a scambiarsi materiale pedopornografico, ne producono essi stessi, facendosi immortalare - senza nemmeno oscurare il volto - mentre sono intenti a violentare bambini. Un problema ripetutamente denunciato dall'associazione Meter Onlus, da anni impegnata nel difficile compito di tenere a freno la diffusione della pedofilia, e che tuttavia continua a ripetersi. Nessuno stupore, dato che c'è di mezzo un giro d'affari che, secondo le stime dell'Onu, ammonta a tredici miliardi di euro l'anno. Ho raggiunto telefonicamente Don Fortunato, per meglio definire i contorni di una vicenda che, nonostante le dimensioni, non ha causato che qualche breve lancio di agenzia.

Don Fortunato, nel comunicato da lei diramato sul sito di Meter Onlus denuncia l'esistenza di "comunità" pedofile su "un noto social network americano". Può dirmi di quale si tratta?
Certo, si può dire senza problemi. Si tratta di Ning.

Da quanto lo state monitorando?
Da circa due anni. Soltanto l'anno scorso cento comunità sono state chiuse su segnalazione nostra o di associazioni americane analoghe alla nostra.

E che accade una volta inviata la segnalazione?
Le comunità vengono chiuse, ma non basta. Il problema è che il social network non fornisce alle autorità i file di log degli utenti coinvolti.

È questo a fare sì che, come lei stesso denuncia, i pedofili non vengano individuati e perseguiti?
Sì. La polizia ne individua qualcuno, ma sono pochissimi rispetto a quanti operano in queste comunità. Pensi che i pedofili ci mettono nome e cognome, violentano e si fanno fotografare a viso aperto. E per la legge sulla privacy queste cose non possono essere pubblicate. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, eppure nessuno ne parla. Evidentemente è più facile parlare dei preti pedofili, fa più notizia. Non che non siano da condannare, sia chiaro. E poi in Italia manca una normativa che permetta di colpire la pedofilia.

Quanti sono gli individui che si scambiano materiale pedopornografico su questo social network?
A quanto ci risulta sono oltre ventimila. Noi abbiamo tenuto sotto controllo 584 "comunità", cioè gruppi che magari dichiarano di aggregare amanti dei cani e poi in realtà ospitano materiale pedopornografico.

Queste comunità sono accessibili a chiunque o bisogna registrarsi in qualche modo?
Sono comunità aperte, e che già nella sezione pubblica raccolgono diversi contenuti di questo tipo. Registrandosi poi si ha accesso a ulteriore materiale pedopornografico. Ma noi non l'abbiamo mai fatto, è un compito che spetta alla polizia postale.

È un fenomeno presente anche su Facebook, per quanto ne sa?
Sì, sono decine i gruppi che abbiamo segnalato e sono stati chiusi. Facebook tuttavia collabora più di Ning, nel senso che fornisce i log alla polizia. Comunque tengo a sottolineare che i social network sono sempre positivi, sono una opportunità enorme e non vanno criminalizzati per casi come questi.

Il suo è un lavoro importante, e nonostante questo lei ha recentemente denunciato l'intenzione della regione Sicilia di annullare il finanziamento di 110 mila euro diretto a Meter. Come lo spiega?
Intanto devo dire che grazie alla pressione mediatica il finanziamento è miracolosamente rispuntato. Tuttavia è inquietante che contributi anche di 5-600 mila euro possano venire assegnati o revocati in una notte. E poi Telefono Azzurro, ad esempio, beneficia di 850 mila euro oltre al denaro che già riceve dal ministero. Il tutto senza essere una realtà prettamente territoriale. Noi che invece in Sicilia abbiamo 9 sportelli aperti prendiamo il minimo e quasi ce lo tolgono.

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