lunedì 18 febbraio 2013

Abusi su bimbo, 9 anni ai genitori


Violenza sui minori
SE LA MADRE, pur essendo a conoscenza dei fatti o consapevole dei rischi futuri, non protegge il figlio che si suppone abbia subito abusi sessuali (dal padre, dal compagno, dal vicino di casa...) diventa corresponsabile della violenza. La legge la obbliga ad attivarsi, non può mettere la testa sotto la sabbia come lo struzzo. Non può, la madre, chiamarsi fuori e restare inerte.
E’ RIFERENDOSI a questa legge (l’obbligo giuridico previsto dall’articolo 40) che ieri il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha chiesto una condanna a nove anni di carcere non solo per ilmuratore 47enne albanese accusato di pedofilia, di aver cioè compiuto atti sessuali sul figlioletto di cinque annima anche per la moglie che si schierò dalla sua parte minacciando le maestre. Non è la prima volta che il magistrato inquirente agisce anche nei confronti di una partner. Lo scopo è chiaro: responsabilizzare chi ha la possibilità di intervenire - spesso l’unica persona, che vive in famiglia - utilizzando il deterrente del carcere.
IL FATTO, due anni fa, suscitò enorme scalpore. All’asilo due maestre vennero a sapere dal bambino che il padre aveva pesanti attenzioni nei suoi confronti: il piccolo, inconsapevole della gravità di quanto comunicava, fece il gesto di mettere in bocca un cucchiaio per rappresentare la scena. Dall’asilo ci fu la segnalazione ai servizi sociali e vennero mobilitati carabinieri e procura. L’inchiesta fu rapida. In camera da letto gli investigatori nascosero una microcamera che filmò la scena. Cosa sia successo, è controverso: la ripresa viene fatta da dietro e si vede la nuca del padre, ma altri elementi - sui quali non ci dilunghiamo - hanno fatto ritenere senza alcun dubbio all’accusa che il contatto fosse di natura sessuale, non solletico o innocuo gioco.
SCATTO’ l’arresto del padre. In un primo momento emerse la tesi giustificatrice secondo cui quel gesto era una tradizione patriarcale delle zone montuose più interne dell’Albania, una sorta di «deificazione» del sesso del figlio maschio. Comunque siamo in Italia, e non è consentito. La difesa ipotizzò poi un gesto d’affetto senza intenti sessuali e senza penetrazione. Ma in un colloquio in carcere tra l’arrestato e il fratello, appreso dagli inquirenti grazie a un’intercettazione ambientale, spuntava una sua frase all’incirca così: «Non era un rapporto orale, sarà stato solo sette secondi». Quanto bastava per puntellare l’architettura accusatoria. L’imputato ottenne poi i domiciliari e infine la libertà. Ora il processo. Sentenza mercoledì prossimo.

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