giovedì 15 aprile 2010

Dal direttore de "La Difesa del Popolo" giornale della Diocesi di Padova - ricevo e pubblico

CHIESA E PEDOFILIA: ATTENTI A NON CADERE
nel sottile tranello dei titoli ad effetto
C’è un aspetto, nella grave e complessa vicenda delle accuse di pedofilia, che è emerso in tutta la sua portata nei giorni della Pasqua e che chiama in causa il rapporto tra chiesa e mondo dell’informazione. Vittorio Messori, dalle colonne del Corriere della sera di domenica scorsa, lo ha riassunto così: i vescovi parlano e scrivono troppo, e lo fanno oltretutto con l’ingenuità di chi continua a vergare testi complessi e articolati, quando ai media quel che serve è solo un buon titolo. È un cortocircuito ricorrente, che oggi tocca la chiesa ma riguarda a ben vedere ogni ambito della società messo sotto la lente d’ingrandimento da giornali e tv: la banalizzazione del dibattito politico, la spettacolarizzazione morbosa della cronaca, le aule dei tribunali trasformate in set televisivo. Tutto ciò che è complesso, articolato, meritevole di un approfondimento non esauribile nel breve volgere dei minuti televisivi, o viene espunto o va forzatamente rimodellato sulle esigenze dell’industria dei media. Che non sono, sempre e soltanto, quelle di fornire un’informazione completa, onesta e imparziale.
Questo non significa in alcun modo voler sminuire il dramma che stiamo vivendo e che pone una lunga serie di interrogativi anche in merito alle prassi di selezione dei candidati al sacerdozio, alla loro formazione pastorale, alla vita quotidiana dei presbiteri. I casi conclamati di abusi, le ammissioni e le omissioni sono una ferita profonda, in primo luogo proprio per i credenti, e i responsabili dovranno renderne conto alla giustizia civile senza alcuna copertura. Non prendere in serio esame le accuse sarebbe un’ulteriore offesa alla verità e alla giustizia, oltre che alle vittime. Eppure, a leggere le cronache col loro rincorrersi quotidiano di nuovi casi, poco o nulla sembra trasparire non solo del travaglio interiore ma perfino della severità e della trasparenza con cui non da oggi papa Benedetto XVI ha scelto di affrontare la questione.
Più la chiesa sgretola il muro di silenzio del passato, più diventa oggetto di accuse generalizzate, ingiuriose e ossessivamente ripetute, invece di essere analizzata e raccontata anche nel suo sforzo di fare chiarezza. È il paradosso di un’informazione che pare tesa a indurre nell’opinione pubblica l’idea che dietro ogni prete si nasconda un pedofilo, modellando il suo racconto sul principio per cui a far notizia è solo l’eccesso, la stravaganza, la devianza. Fortunatamente, c’è una chiesa che vive e agisce nel tessuto delle nostre comunità, fatta di presbiteri e laici, messe e patronati, opere di carità e impegno culturale, amore e condivisione. Forse dobbiamo imparare a comunicarla meglio, magari come suggerisce Messori un pizzico di scaltrezza da cronista non guasterebbe ad accompagnare la riflessione teologica ed ecclesiale. Ma non cadiamo nel tranello di sostituire la vita quotidiana, tangibile e verificabile in ogni parrocchia, con la sua brutta (e parziale) copia virtuale. La realtà è più complessa, e quasi sempre migliore, di un titolo ad effetto o di un salotto televisivo.

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