martedì 29 settembre 2015

Pedopornografia, tre anni ma fa appello. Un 48enne è stato condannato per detenzione di materiale e giovedì sarà a Venezia


Centotrenta foto nel computer. Minorenni in pose o atteggiamenti inequivocabili. Non soltanto europei, ma anche asiatici, da quanto si è capito, durante le indagini e il successivo processo. Un agordino di 48 anni è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per la detenzione di materiale pedopornografico dal giudice Antonella Coniglio. Senza la sospensione condizionale. Giovedì mattina ci sarà l’appello per L.G., di fronte alla Corte di Venezia, con il suo difensore di fiducia Mariangela Sommacal.
Dovesse essere confermata la condanna, l’uomo la sconterebbe in carcere, nel frattempo ha inevitabilmente perso il lavoro, non appena il suo principale ha saputo del suo coinvolgimento nella vicenda. Naturale che speri in una riduzione sostanziosa della pena, anche se non sarà per niente facile. L'agordino, che abita in un paesino della vallata non meglio identificato, finì nell'inchiesta della procura della Repubblica di Firenze insieme ad altri 67 indagati. A metterlo nei guai sarebbero stati i contatti frequenti avuti con altre persone finite nell'inchiesta sulla pedopornografia, battezzata “Thyphoon” e condotta dalla polizia postale, che stava monitorando il fenomeno.
Impressionanti i numeri collezionati dagli investigatori: tre gli arrestati e 65 gli indagati, un po’ in ogni angolo d’Italia. E ancora, all'epoca dell’operazione, furono sequestrati 36 personal computer, 56 notebook portatili, 114 hard disk, nonché oltre 7000 cd e dvd, contenenti immagini ritenute di interesse investigativo. Tra gli arrestati un maestro elementare in pensione di 70 anni, un cuoco di 35 ed un impiegato di un ente pubblico di 55.
Nel novembre di sei anni fa, la polizia postale fiorentina andò anche a casa di questo agordino, che all’epoca dei fatti avveva 42 anni, tramite i colleghi bellunesi e scoprì il materiale all’interno del suo computer personale, provvedendo al sequestro. La spiegazione sarebbe stata che quelle erano immagini abbastanza facili da reperire, senza nemmeno ricorrere a particolari indirizzi in internet, conosciuti solo da coloro che sono abituati a frequentare un certo tipo di mondo illegale. C’è stato un processo, nel tribunale di Belluno, che ha subito anche alcuni rinvii per l’assenza temporanea dei testimoni e, alla fine del quale, l’imputato è stato condannato a tre anni di reclusione senza la sospensione condizionale della pena.
Dopo la sentenza, L.G. è sempre rimasto a casa e ha chiesto al suo legale di presentare l’appello,
che sarà discusso dopèosomani. Come anticipato, se la condanna pronunciata in città dovesse essere confermata, scatterebbero le manette, diversamente potrebbe evitare il carcere, con tutto quello che può significare per coloro che si macchino di questo genere di reato.

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