sabato 14 dicembre 2013

Pedofilo, la testimonianza: «Perché cerco le ragazzine»


Avere 42 anni e desiderare di fare sesso con una bambina di 12 o una adolescente di 16. Scaricare da internet porno di ragazzine, andare a prostitute e cercare quella che ha un viso da «angioletto» e un «sedere immaturo».
Essere pedofilo, ma sentirsi morire dentro perché consapevole di essere considerato un orco. Sapere di avere una malattia e «aver paura anche solo di stare troppo vicino alla propria nipotina per paura di metterle le mani addosso». Ma, alla fine, sperare di «potere guarire e un giorno avere anche una moglie e dei figli».
PEDOFILIA, DIFFICILE CAPIRE E CONOSCERE. Marco (il nome è di fantasia) è un uomo senza voce né volto, così come tutti i pedofili: vengono alla luce solo quando commettono il reato e sono scoperti. Ma allora è già troppo tardi per capire, perché il 'mostro' non ha bisogno di altre categorie per essere descritto. Farsi raccontare la loro vita, perché cercano le ragazzine, come si giustificano e che cosa pensano di se stessi, non è facile. Loro faticano a parlare; la società fatica a capire.
Perché dare un volto all'orco vuol dire mettere in discussione non solo chi lo è, ma anche chi è sempre pronto ad accusare e mai a interrogarsi sul problema.
LA STORIA DI MARCO, INIZIATA DA BAMBINO. Di avere un problema Marco l'ha capito 15 anni fa quando, 27enne, navigando in Rete si è accorto che cercava sempre siti porno con ragazzine. Ma per capire la sua storia, racconta a Lettera43.it in un'intervista (ascolta l'audio) che ha concesso con la promessa di mantenere l'anonimato, bisogna risalire a quando di anni ne aveva sette. Andava alle scuole elementari, con una compagna di classe, iniziò a fare dei «giochi: in realtà erano proprio delle interpretazioni di atti sessuali», racconta.

La storia con le cugine, poi più niente fino alla scoperta del web

Lei faceva la segretaria e «io il capo, ma era molto più esperta di me e mi chiedeva dei veri e propri rapporti sessuali».
Una richiesta che, a soli sette anni, non riuscì proprio a soddisfare: «Così dopo un anno mi ha lasciato perché non riuscivo a darle quello che voleva».
Iniziò allora uno stato d'animo definito come «depressione, perché non ero riuscito a soddisfarla e lei mi aveva lasciato».
IL SESSO CON LE CUGINETTE. A 10 anni Marco iniziò a concentrare le sue attenzioni su due sue cugine di 3 e 4 anni più piccole: «È iniziato come un gioco, però per me era morboso, ogni volta che le vedevo le portavo in disparte e le toccavo».
Ha avuto rapporti sessuali con loro fino a 20 anni; poi «le mie cugine si sono ribellate, sono maturate, hanno detto di no, e io ci sono rimasto molto male, ma le ho lasciate andare».
A quel punto, però, non Marco non riescì a trovare altre ragazzine. «Non sapevo come cercarle, avevo paura di essere scoperto». Così decise di «buttarsi sulla pornografia normale».
Con le coetanee ancora non riusciva ad avere rapporti: «Provavo a uscirci ma poi quando dovevo fare quel passo in più non lo facevo, mi inventavo che non potevo farlo, che tanto a lei non sarei piaciuto».
LA SCOPERTA DELLA PEDOPORNOGRAFIA. La pornografia divenne il suo unico sfogo. «Una volta comprai delle videocassette: una era olandese e c'erano rapporti sessuali tra ragazzini», ricorda. «Allora mi sono tornate in mente tutte le vecchie cose».
Un desiderio che però è rimasto dormiente fino al 1999, quando internet cambiò tutto.
«Le prime volte non c'era nessun tipo di controllo, così quando andavo sulle pagine porno comparivano anche quelle dei pedofili», ricorda Marco. «Non ho mai pagato per averle», sottolinea, «ho sempre cercato di avere quei video e quelle immagini gratis». Grazie ai programmi di file sharing «ho iniziato a scaricare filmati pedopornografici uno dietro l'altro, e mi sono accontentato».
LA PAURA DELLE DENUNCE. A parte le sue cugine, Marco dice di non aver mai tentato un approccio con altre ragazzine: «Avevo paura delle denunce e anche di essere respinto come quando avevo 7 anni».
Quando il desiderio sessuale era troppo forte, «andavo a prostitute e cercavo quelle che sembravano più giovani, a me non dicevano certo se erano minorenni, ma potrebbe essere che lo fossero. Certamente il mio tipo è sempre stato quello della ragazzina, 12-16 anni».

«Una ragazzina non dirà mai che non le basto»

Perché cercare delle bambine?
«Mi interessa un bel viso da angioletto e un sedere tondo ma immaturo». Poi c'è l'aspetto psicologico. «Non è tanto il fatto di dominare: in parte c'è, ma non è mai stato il mio sogno più grande. Semmai mi sento immaturo e voglio una persona immatura come me».
Andare con le adolescenti «è quello che cerco, perché la mia insicurezza mi porta a pensare che una ragazzina giovane che non ha esperienza non dovrebbe volere nulla più di me», spiega. «Non dirà mai che non le basto perché non riesco a fare quello o quell'altro».
L'ISTINTO TRATTENUTO. A distanza di 35 anni, Marco attribuisce tutto a quell'esperienza fatta da bambino, alle elementari.
«Quel trauma mi ha impedito di avere una vita sessuale normale», dice. Anche se «lo so che poi è tutta una mia costruzione mentale. Sono stato respinto a sette anni ed ero già una merda a quell'età. Quel blocco psicologico mi ha lasciato lì».
Ci sono stati momenti in cui ha sognato di andare all'estero a sfogare i propri istinti. «Ho avuto fantasie di partire per la Thailandia e il Brasile e fare una vacanza come dicevo io, ma per fortuna sono rimaste solo fantasie, non mi sono mai messo nelle condizioni di metterle in pratica».
LA DOMANDA: SONO UN PEDOFILO? Marco ha iniziato a chiedersi se era un pedofilo quando ha iniziato a usare internet per soddisfare i suoi desideri. «Mi accorgevo che andavo nei siti porno normali e poi quasi automaticamente cercavo i siti pedofili e da allora ho avuto subito paura. Paura di essere un pedofilo che va a violentare ragazze», dice.

«Leggevo di pedofili arrestati, ma mai di nessuno che venisse curato»

Nel 2009 i suoi movimenti su internet sono stati intercettati dalla polizia postale: perquisizione e computer sequestrato. Ora è in attesa di giudizio per condivisione di file pedopornografici.
LA MALATTIA E L'IGNORANZA. «Ho continuato a chiedermi se ero malato: sapevo di avere problemi ma non sapevo che tipo di problemi fossero o se si potessero curare. Sui giornali continuavo a leggere di pedofili arrestati, ma mai di nessuno che veniva curato».
Nessuno ha mai conosciuto i dubbi che lo tormentavano: «I miei amici non sanno nulla, non hanno mai visto che cercavo ragazzine, pensano solo che mi piacciono le ragazze un po' più giovani», racconta.
È stata proprio una delle cugine con le quali ebbe dei rapporti da ragazzo a segnalargli l'associazione specializzata nella cura di patologie compulsive Siipac, alla quale si è rivolto.
Da tre anni Marco è in cura: «Ho fatto un anno e mezzo di terapia e ora sono qui come collaboratore. Sicuramente sto meglio però ancora non riesco a fare approcci veri con ragazze della mia età. Non so come fare».
«CON LE BAMBINE? UN TEMPO SI POTEVA». Cercare le adolescenti è un'abitudine per la quale Marco talvolta trova anche giustificazioni.
«Una volta una ragazzina quando aveva le sue cose andava in sposa immediatamente, quindi potrebbe essere quasi normale, nell'ordine naturale delle cose», dice. Ma sa, in realtà, che il problema è un altro: «Sono perfettamente conscio che una ragazzina a 13 anni non può disporre di sé come una donna», ammette.

«Essere pedofili è peggio che aver ucciso qualcuno»

La sua vita, insomma, è segnata ancora da contraddizioni e ossessioni. «La vivo male, so che ho questo desiderio e che è sbagliatissimo ma continuo ad averlo».
NEGLI USA LO STIGMA È MINORE. Per quanto sempre di una malattia si tratti, Marco ci tiene a precisare «che c'è una netta differenza tra il guardare e il toccare. Solo qui in Italia è considerata la stessa cosa: negli Stati Uniti invece anche a livello linguistico si distingue chi scarica i film da chi va a violentare una ragazzina», sottolinea.
Secondo lui è ancora tutta colpa della depressione, «se riuscissi ad abbatterla e a cercare di approcciarmi in modo normale con l'altro sesso, forse...».
TERAPIE SÌ, CASTRAZIONE CHIMICA NO. Al Siipac, racconta, «prendo già delle pastiglie, ma se inventassero un farmaco che inibisce queste cose potrei anche prenderlo». Perché «so che quello che ho non è socialmente accettato quindi farei anche una cura specifica».
Ma la castrazione chimica è fuori discussione.
«È una stronzata clamorosa», denuncia Marco. «Sono pasticche che non mi farebbero funzionare l'organo sessuale, ma il problema è che il primo organo sessuale è il cervello», dice. «A quel punto un maniaco potrebbe usare degli oggetti e fare ancora più male alle vittime».
UNA CURA PER RITROVARE LA SPERANZA. Il suo desiderio più grande è stare meglio. «Ora sono migliorato, prima ero completamente solo: adesso al Siipac ho delle persone con cui parlare, almeno vedo la luce in fondo al tunnel, prima non avevo davvero speranza».
Il periodo più brutto? Quello della denuncia della polizia postale. «Guardavo tutti i palazzi per vedere quale era il più alto dal quale buttarmi», perché quella di pedofilia «è l'accusa più infamante che ti possano fare nel mondo moderno. Preferirei quasi avere ammazzato uno che avere questa accusa qui».

Nessun commento:

Posta un commento