martedì 31 gennaio 2012

Esclusivo: Un pedofilo seriale a piede libero?

Non è la prima volta che la cronaca ci rende edotti di uomini stimati dalla comunità che, svelando i loro scheletri negli armadi, si rivelano per quello che sono mettendo a nudo la loro essenza infame
Uno di loro porta il nome di Filippo Claudio Monaco, anziano “benefattore” tanto noto nella Provincia di Como da vedersi attribuito l’ambrogino d’oro quale sommo riconoscimento ai suoi sforzi per il miglioramento della società civile. Il signor Monaco è tra l’altro titolare di una cooperativa che gestisce una piccola comunità denominata “Il sentiero” sita nella provincia di Lecco. La comunità è destinata ad ospitare genitori e figli in difficoltà, la maggior parte delle volte inviati lì per ordine del giudice.
La storia dolorosa inizia nel 2005 quando una madre si accorse dei comportamenti anomali tenuti dalla figlia ospite della comunità. Partendo dai sintomi della giovanissima si risalì al teatro dell’orrore messo in scena all’interno dei locali della comunità. Il Monaco venne accusato di molestie sessuali a danno di tre bambine dai tre ai dieci anni. L’anziano signore benvoluto da tutti si trasforma all’improvviso nell’archetipo del “vecchio depravato” tanto noto alla cronaca nera. La storia conosce un improvviso colpo di scena: il Monaco, ammesse le sue responsabilità, confessa, nella pendenza del procedimento penale, che le vittime sono in realtà cinque, chiede il rito abbreviato in sede processuale e una riduzione di pena per la collaborazione con la giustizia. La procura “accetta l’offerta” e i giudici condannano il Monaco alla mite pena di 6 anni e 4 mesi di reclusione (rifiutando però in realtà le attenuanti generiche riconosciute dai p.m.).
Successivamente il Monaco viene trasferito agli arresti domiciliari per poi tornare in carcere nel 2009 onde scontare il residuo di pena, ammontante ormai a soli 45 giorni.
La vicenda sembra ormai chiusa con la definitiva espiazione della pena, ma non è così.
La riapertura del caso fa seguito a un caso maturato apparentemente “a latere” della vicenda del mostro, una vicenda che vede protagonista una donna sig.ra Vecera che si vede sottratta dal Tribunale la potestà sulle due figlie in quanto definita “incapace di curarle”. Le figlie erano da tempo ospiti della comunità per ordine del giudice ed avevano contratto rare patologie quali il morbo di crohn ed altre. Senonchè la donna, predisposta idonea difesa legale, riconosceva le figlie in atteggiamenti libidinosi con l’uomo “de quo” in dei rilievi fotografici emersi nel corso delle indagini difensive. Le bambine vengono poi riconosciute anche dal padre, sig. Vergura che, benchè legalmente separato dalla madre, aveva sempre vigorosamente chiesto il ritorno delle bambine alla loro famiglie naturale. La tesi difensiva impostata dall’avv. Defilippi, legale della donna è semplice: le patologie manifestate dalle bambine non sarebbero da ricondurre etiologicamente alla mancanza di diligenza della madre bensì a ripetuti contatti sessuali con il sig. Monaco.
Una vicenda che dunque riapre ferite profonde all’interno del tessuto sociale della piccola e tranquilla cittadina di Merate. Una vicenda dalla portata potenzialmente dirompente in quanto, sostiene l’avv. Defilippi, capace di coinvolgere trasversalmente tutte le giovani ospiti della comunità. Molte più minori di quanto accertato a suo tempo nella sentenza di condanna.
Una vicenda che presenta più di un analogia con quella, tristemente nota di Rignano Flaminio e che sembra destinata a provocare nuovi strascichi giudiziari in quanto la difesa della donna avrebbe depositato istanza di riapertura delle indagini presso la Procura della Repubblica di Lecco.
Contestualmente il legale avrebbe contattato i genitori di tutti i minori presenti nella struttura onde aderire a quella che possiamo tecnicamente definire una vera e propria “class action penale”.
La vicenda del Monaco si intreccia così drammaticamente con quella di una madre che si vede costretta a pagare il fio di colpe altrui. Quello del Monaco è un caso che suscita tante perplessità ed interrogativi. Perché il beneamato anziano signore di provincia avrebbe reso una confessione parziale dei reati da lui consumati? Forse per provare a salvare la faccia dopo tanto credito maturato nei confronti della società? Difficile rispondere senza farsi trascinare nella intemperie emozionale che inevitabilmente prende chiunque si trovi a leggere di infamanti storie di pedofilia. Una reazione emotiva che speriamo che non coinvolga i giudici se e quando si troveranno a giudicare nuovamente il sig. Monaco.

tratto da: ildemocratico.com 

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