sabato 6 giugno 2015

Blitz anti-pedofili, arrestati due livornesi: uno produceva video con bambini piccoli


LIVORNO. Sono due i livornesi arrestati dalla polizia postale nell'ambito della mega inchiesta antipedofilia. La posizione più grave, in base a quanto emerso dalle indagini, sarebbe quella di Alfredo Winter, 57 anni, insegnante di disegno in una scuola media del Pisano. Martedì, nel corso della perquisizione nella sua abitazione in zona Accademia, gli investigatori nel pc hanno trovato migliaia di file: foto e video alcuni dei quali sarebbero autoprodotti. Nelle immagini infatti appare anche l'uomo in atti sessuali con bambini sotto i dieci anni.  Su questo aspetto sono in corso indagini. In un primo momento nei confronti del professore c'era solo una denuncia con la richiesta di perquisizione. Ma poi durante gli accertamenti, dalla analisi dei file, la sua posizione si è aggravata. Per lui sono scattate le manette e il giudice ha disposto ai domiciliari. Si trova invece in carcere alle Sughere l'altro arrestato livornese, Sergio Cecchini, 58 anni, al momento senza lavoro. Si tratta di un nome già noto alle forze dell'ordine nell'ambito delle indagini sulla pedopornografia. La postale gli ha trovato numerosi file scambiati nella rete.Il suo arresto rientra nelle misure cautelari già predisposte dalla Procura di Milano.
I due arrestati rientrano in una vasta indagine in cui sarebbero coinvolti bambini che in alcuni casi non arrivavano neanche ai 10 anni di età: nelle immagini che la rete di pedofili smantellata dalla polizia postale erano costretti a subire abusi, a fare sesso fra loro e con gli animali. In tutto sono 5 le persone finite in manette per l’operazione con cui gli 007 anti-pedofili hanno messo ko un giro internazionale, al termine di due anni di indagini da parte del compartimento milanese della polizia postale coordinate dalla Procura della metropoli lombarda (pm Giovanni Polizzi). Alle operazioni hanno preso parte anche gli investigatori della polizia postale livornese guidata dall'ispettore capo Massimo Montuori.
Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Milano Paolo Guidi, compaiono altri quattro arresti compiuti a Livorno, Roma, Torrecuso (Benevento)  e Alassio (Savona). In quest’ultimo caso si tratta di un sacerdote di 49 anni che per lungo tempo ha vissuto in Val di Susa (Torino) e di recente era stato spostato nella città ligure. I poliziotti hanno accertato che, così come gran parte delle altre persone finite nel mirino dell’indagine, il religioso si era creato una falsa identità facendosi passare per un manager americano che era spesso in Italia per lavoro (e perciò aveva un indirizzo mail italiano)
Ma il blitz ha messo in luce che il circuito pedo-pornografico non riguarda solo i quattro arrestati:  sono stati individuati oltre 230 utenti web in 35 Paesi del mondo: 29 quelli in Italia, per i quali sono state compiute perquisizioni personali, locali e informatiche. Risulta che in Toscana le indagini abbiano interessato non solo Livorno ma anche Pistoia e Castelfiorentino. Gli altri territori interessati da quest’operazione anti-pedofilia, oltre a quelli già citati,  sono Alessandria, Besana Brianza (Monza), Bordighera (Imperia), Busnago (Monza), Cava Manara (Pavia), Città Ducale (Rieti), Genova, Gussago (Brescia), Lariano (Roma), Loale (Venezia), Locorotondo (Bari), Massa Martana (Perugia), Nettuno (Roma), Noto (Siracusa), Novellara (Reggio Emilia), Pomezia (Roma), Portomaggiore (Ferrara), Selva di Val Gardena (Bolzano), Ravenna, Roma, Taormina (Messina),
Per gli oltre duecento utenti stranieri sorpresi a scambiarsi materiale pedopornografico è stata attivata l’Interpol.
Gli agenti della polizia postale ce l’hanno fatta a infiltrarsi, sotto copertura, nel gruppo dei pedofili fingendosi interessati ad acquisire e scambiare immagini di ragazzini: sembra che la rete utilizzasse un social network russo per entrare in contatto. A destare i sospetti negli agenti erano i continui riferimenti apparentemente innocenti a immagini di minori del tutto normali: l’aggancio avveniva su circuiti di foto lecite e attraverso parole in codice i pedofili si spostavano poi in forma meno visibile o via mail o tramite altre piattaforme web più “riservate”. Riuscendo a decifrare il “codice” dei segnali i poliziotti hanno avuto accesso a questo secondo livello e questo ha consentito di allargare l’indagine.

Gli investigatori stanno cercando di risalire all’identità dei piccoli per riuscire a liberarli dalla schiavitù del sesso. Risulta però che buona parte delle piccole vittime abbia sembianze dell’Estremo Oriente e questo rende assai complessa la possibilità di rintracciare i produttori di video e immagini pedopornografiche.

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