giovedì 1 maggio 2014

Istituzione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia



Art. 1.



1. La Repubblica riconosce il 5 maggio come Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori.

2. La Giornata nazionale di cui al comma 1 non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260.


Art. 2.



1. In occasione della Giornata nazionale di cui all'articolo 1 possono essere organizzate iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla lotta contro gli abusi sui minori.

2. In occasione della Giornata nazionale di cui all'articolo 1 le regioni, le province e i comuni possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, apposite iniziative, anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore e, in particolare, nelle scuole di ogni ordine e grado, in considerazione del compito attribuito alle medesime istituzioni scolastiche di formare i giovani affinche' contribuiscano a costruire un mondo rispettoso dei diritti di ogni essere umano.

3. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


Art. 3.



1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 4 maggio 2009

La Giornata Nazionale Contro la Pedofilia, le cifre di un fenomeno ancora troppo sottovalutato


In Italia aumenta il numero di casi di abuso sui minori non ancora denunciati.
Il dramma quotidiano che vivono tanti bambini e adolescenti non può essere taciuto. Per questo, il 5 maggio è la Giornata dedicata in tutta Italia alla lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. Un’occasione per riflettere, discutere e proporre strategie di intervento nel contrasto a un fenomeno che desta sdegno, ma che «troppe volte viene sottovalutato» In Italia, confermano i dati forniti dall’associazione, gli abusi sessuali sui minori sono il 4% di tutti i maltrattamenti che gli adulti perpetrano nei confronti dei più piccoli. Dal dossier 2013 emerge il profilo dei responsabili degli abusi: nel 29% dei casi è proprio il padre ad approfittarsi dei figli; sempre nell’ambiente familiare, inoltre si stima che la percentuale di “altri parenti” che abusano dei minori ammonta al 13,5%. Gli estranei sono il 10%. Il dossier permette di tracciare anche l’identikit delle vittime: sei bambini su dieci tra quelli che hanno subito abusi sessuali non hanno ancora compiuto 12 anni; nel 66% dei casi si tratta di bambine. I minorenni maschi sono oltre il 33%, e sono tutti di età inferiore agli undici anni. Quello che viene messo in evidenza dalle statistiche non è che la punta di un iceberg di un problema che non riguarda più soltanto le fasce degradate della popolazione. «I carnefici sono molte volte persone perfettamente integrate e appartenenti a ogni contesto sociale, quindi difficili da riconoscere».

Adescavano bambine su Skype e Whatsapp: denunciati anche due sardi


Sono due gli indagati sardi nell'ambito della maxi indagine sulla pedofilia condotta dalla Polizia Postale di Udine. Si tratta di due giovani residenti nella provincia di Cagliari, uno del 1975 l'altro dell'89. Non c'entra quindi - come si era appreso in un primo tempo - il 70enne del Sulcis, rimasto coinvolto invece in un'indagine precedente.
Le abitazioni dei due giovani sono state perquisite dagli agenti della Polpost di Cagliari. A casa del venticinquenne è stato trovato e sequestrato materiale informatico che sarà ora analizzato dagli specialisti. I due sono accusati di adescamento di minori su Internet e detenzione di materiale pedopornografico.
Secondo l'accusa, le bambine adescate su Messenger, Skype e WhatsApp venivano convinte a inviare filmati e foto a contenuto erotico.
La vasta operazione antipedofilia della Polizia postale di Udine ha individuato una vera e propria community i cui membri, dopo avere agganciato le minorenni, si scambiavano i riferimenti di contatto.
Le indagini, avviate circa un anno fa, sono partite dalla denuncia dei genitori di una bambina di 12 anni. Coordinate dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online di Roma e dalla Sezione polizia postale e delle comunicazioni di Udine, hanno permesso di sequestrare un'ingente quantità di materiale informatico: 22 computer, 46 hard disk, 508 supporti CD e DVD, 46 pen drive usb, 50 telefoni cellulari e sim card, 11 memory card e documentazione varia ritenuta utile per il proseguimento delle indagini, svolte nelle province di Pesaro, Udine, Roma, Palermo, Caserta, Vibo Valentia, Brescia, Latina, Cagliari, Avellino, Monza e Brianza, Enna, Milano, Verbania, Lecce, Savona, Lucca, Forlì e Cesena, Genova, Torino, Bari, Verona e Benevento.
Tra i denunciati, in maggioranza tra i 29 e i 54 anni ma c'è anche un ultrasessantacinquenne. Nell'elenco ci sono impiegati, liberi professionisti, studenti, operai e pensionati. Tra loro, quattro recidivi per reati analoghi.

Pedofilia: certificato solo nuovi assunti, escluse colf

Niente certificato anti-pedofilia per colf e baby sitter e nemmeno per i bidelli, come per le altre categorie di dipendenti che svolgono un lavoro a diretto contatto con i minori ma che sono gia' sotto contratto; possibilità di procedere all'assunzione, in attesa dell'attestato del casellario giudiziale, con un'autocertificazione del lavoratore, che dichiari di non aver avuto condanne per reati contro bambini e ragazzi; e nessun controllo a tappeto nella prima fase di attuazione della nuova normativa. Fonti del ministero della Giustizia sciolgono gli ultimi dubbi sull'applicazione dell' obbligo che scatta da domani in adempimento di una direttiva dell'Unione europea e parlano di un allarmismo intorno a questa vicenda "che non ha ragion d'essere"; anche perché i principali nodi erano stati chiariti già dalle circolari pubblicate giovedì scorso sul sito di via Arenula, dove è scaricabile anche il modulo con cui chiedere alla procura competente il rilascio del certificato.
    Intanto però il tribunale di Genova è già intasato da migliaia di richieste di rilascio del nuovo certificato.

    OBBLIGO SOLO PER NUOVI CONTRATTI, NON PER QUELLI IN CORSO Il decreto legislativo 30 del 2014 che dà attuazione alla direttiva Ue contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile non lascia spazio a dubbi: il datore di lavoro ha l'obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale della persona da impiegare "prima di stipulare il contratto di lavoro e quindi prima dell'assunzione". Una norma che spazza via il timore di un caos nelle scuole fondato sul dubbio che il nuovo adempimento fosse retroattivo e dunque applicabile anche a bidelli e professori già assunti.
   
   FUORI DA NUOVE NORME VOLONTARI, BABYSITTER E COLF Le nuove disposizioni "valgono solo per l'ipotesi in cui si abbia l'instaurazione di un rapporto di lavoro"; l'obbligo di richiedere il certificato non grava "su enti e associazioni di volontariato, pur quando intendano avvalersi dell'opera di volontari", specifica la circolare di via Arenula. Nessun problema dunque per catechisti e volontari che operano presso associazioni di vario tipo, comprese le società sportive. Niente obbligo di chiedere la certificazione nemmeno per il datore di lavoro domestico, dunque per chi assume donne per le pulizie e babysitter, spiegano dal ministero: trattandosi di un rapporto fiduciario sarà lui a decidere come regolarsi.
   
   NESSUNO STOP A ASSUNZIONI IN ATTESA DI CERTIFICATO Una volta fatta la richiesta del certificato al Casellario, il datore di lavoro, se è un organo della pubblica amministrazione o gestore di un pubblico servizio, potrà procedere all'impiego del lavoratore "anche soltanto mediante l'acquisizione di una dichiarazione del lavoratore sostitutiva di certificazione" con cui dichiari l'assenza di condanne a suo carico per reati contro minori. Stessa regola nel caso ad assumere sia un privato. Un'applicazione elastica per "evitare che nella prima fase di applicazione della nuova normativa, possano verificarsi inconvenienti organizzativi" ,sottolinea la circolare del ministero.

   RILASCIO CERTIFICATI SARA' RAPIDO,A GENOVA BOOM RICHIESTE "I certificati saranno rilasciati entro qualche giorno dalla richiesta", assicura il ministero della Giustizia. E l'ufficio del Casellario Centrale sta operando sul sistema informativo gli interventi necessari per fornire al datore di lavoro il certificato in questione "con le sole iscrizioni di provvedimenti" relativi ai reati contro i minori. Intanto però al tribunale di Genova già da ieri lunghe code di rappresentanti di aziende e associazioni per ottenere il certificato. Eppure fonti di via Arenula assicurano che nella prima fase di attuazione delle nuove disposizioni sarà usata la mano morbida: niente controlli a tappeto per scovare chi non si è messo in regola.

Dall’accusa di pedofilia al prete all’arresto per droga


Da un mandato di arresto internazionale dell’Interpol al caso del prete ferrarese accusato di pedofilia. Due vicende in apparenza lontanissime tra loro ma che si sono allacciate ieri, 29 aprile, durante l’ultima operazione della squadra mobile della polizia di Ferrara. Che ha arrestato l’accusatore del parroco – nonchè padre della presunta vittima di pedofilia – per un traffico di stupefacenti eseguito nel 2006 in Serbia, quando avrebbe spacciato marijuana a Belgrado. Ma un nuovo colpo di scena era già in agguato nelle aule della corte di appello di Bologna, che ha ridimensionato l’ammontare del ‘traffico illecito’ a qualche grammo, decidendo così di rimettere l’uomo in libertà. Un fatto che secondo l’avvocato Giovanni Montalto getta parecchie ombre sul mandato di arresto internazionale, dal momento che il suo assistito si è sempre presentato in Italia come rifugiato politico.
L’uomo, un cittadino serbo di 36 anni, era già conosciuto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti (ad esempio per un caso di guida senza patente), ma soprattutto per il “doppio processo” che lo vede tuttora contrapposto al prete ferrarese. Una vicenda che cominciò quando arrivò con la famiglia nella provincia estense, trovando ospitalità nell’abitazione del ‘don’. La convivenza si rivelò ben presto problematica e il religioso chiese ai tre – madre, padre e figlioletto – di cambiare sistemazione. Ne venne fuori una causa civile vinta dal prete, che tuttavia non riuscì ad allontanare la famiglia serba. Poco tempo dopo le tensioni portarono le due parti in tribunale: il 36enne affermava che il figlio era stato molestato sessualmente durante una festa di compleanno dal parroco, che a sua volta denunciava il proprio accusatore di averlo ricattato per evitare lo sfratto (“Se mi sfratti ti denuncio per pedofilia”, avrebbe detto l’uomo al don).
A queste vicende si aggiunge ora un inatteso sviluppo: la squadra mobile di Ferrara è venuta a conoscenza di un mandato di arresto internazionale verso il cittadino serbo e lo ha arrestato a Porotto, nell’abitazione dove si era da poco trasferito con la famiglia. Gli agenti spiegano che l’uomo non ha opposto resistenza, non aspettandosi di essere ‘beccato’ per un fatto ormai così lontano geograficamente e cronologicamente. Al momento dell’udienza per la convalida dell’arresto, forze dell’ordine e giudici si trovano però di fronte a un dato inaspettato: secondo la documentazione del tribunale, l’ammontare del traffico illecito sarebbe talmente ridotto (meno di tre grammi di marijuana) da non giustificare alcun mandato di cattura internazionale. L’uomo è stato quindi rimesso in libertà, con l’obbligo di firma in questura, in attesa che il tribunale faccia chiarezza sulle quantità di droga ceduta per cui è ricercato in patria.
Nel frattempo l’avvocato Montalto si mostra ancora più perplesso dal mandato di cattura internazionale, ma questa volta per una questione di tempistiche. “Da quanto si legge nei documenti ufficiali – spiega l’avvocato – i fatti sarebbero avvenuti nel 2007, ma il mandato di cattura è stato emesso a Belgrado solo il 25 dicembre del 2013. Considerato il lasso di tempo tra il reato e l’emissione della misura cautelare, e che quando il mio cliente arrivò in Italia chiese asilo politico sostenendo di essere perseguitato dalle autorità politiche del suo Paese, credo che possa davvero nascere qualche dubbio su questo mandato di cattura”. Lo Stato italiano non ha mai concesso l’asilo politico richiesto dal 36enne, la cui posizione è ancora in fase di valutazione. Ma proprio alla luce di quanto appena avvenuto, secondo Montalto, le istanze del proprio assistito sono da leggere in una nuova ottica.