martedì 31 dicembre 2013

Catechista molestatore accusato di pedofilia

Un catechista dell’entroterra è al centro di un altro caso inquietante che ruota appunto al mondo delle parrocchie. L’uomo dell’entroterra maceratese è accusato di aver molestato alcuni bambini approfittando del ruolo svolto. Nella perquisizione a casa dell’uomo, oltre al materiale pedopornografico, è stata trovata anche traccia di una sua partecipazione a un forum online il cui tema era la legittimità di pubblicare foto di bambini sgozzati. Il procuratore Giovanni Giorgio ha chiesto l’incidente probatorio per ascoltare i bambini coinvolti.

Nonno abusa delle due nipotine di 7 e 8 anni, arrestato

Varese: Nonno Pedofilo Violenta Nipotine di 7 e 8 Anni
Varese: Nonno Pedofilo Violenta Nipotine di 7 e 8 Anni

Per due anni un anziano avrebbe commesso abusi sessuali nei confronti delle nipotine, due sorelline di 7 e 8 anni. L'uomo, nonno materno delle vittime, è stato arrestato dalla Squadra mobile di Varese, che ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare disposta dal gip di Busto Arsizio.
Secondo quanto è emerso dalle indagini gli episodi sarebbero avvenuti quando le due bambine erano ospiti nella casa dell'uomo, 68 anni, in un paese in provincia di Varese.

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Gli abusi sono emersi dopo che i genitori si sono insospettiti di fronte ai comportamenti di una delle due sorelline, e hanno deciso di sottoporle a una visita medica all'ospedale di Gallarate. Assistite da uno psicologo, le bimbe hanno raccontato le violenze che erano costrette a subire.

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venerdì 27 dicembre 2013

Ferrara: sigarette e merendine in cambio di rapporti, 50enne accusato di pedofilia

Merendine e ricariche per il telefono. Era questa la ricompensa in cambio di rapporti sessuali con un 53enne. L’uomo è stato condannato dalla Procura di Ferrara per prostituzione minorile. Si tratta di un 53enne di Ferrara, convocato ieri pomeriggio in auto di tribunale per riferire le sue verità. Gli episodi di abusi sui minori risalgono al dicembre 2008. L’uomo, in sua difesa, ha parlato di “amici”, riferendosi ai minori, vittime degli abusi.
4 anni e 2 mesi è la pena chiesta per il presunto pedofilo dal pubblico ministero, secondo l’articolo 600 bis. La pena è stata poi ridotta a due anni ma con una multa di 2 mila euro. Lo studente minorenne aveva 15 anni quando è stato violentato dal 53enne. Ma l’uomo sulla difensiva riferisce che è stato lo stesso 15enne a cercarlo, per farsi pagare le merendine. In particolare, sono due le vicende di abusi, accadute il 4 e il 5 dicembre del 2008. A denunciare l’episodio erano stati alcuni testimoni sul posto che avevano notato il 53enne in atteggiamenti strani con il 15enne e un suo amico. Sarebbe, pertanto, partita subito la chiamata al 113 per denunciare quanto visto: “Un vecchio e un ragazzino in un parchino in atteggiamenti ambigui”. Da quel momento era partito l’allarme del pedofilo. Il 15enne, tornato a casa, aveva confessato ai suoi genitori di essersi fatto toccare e di aver ricevuto dei soldi in cambio. “Quel ragazzo e i suoi coetanei erano i miei amici, passavo qualche tempo con loro e mi chiedevano questo”, ha detto l’imputato 53enne in aula. In realtà, secondo l’avvocato Barbara Simoni, il 53enne accusato di pedofilia avrebbe dei problemi più gravi, ovvero dei limiti mentali: “Non si tratta di un vero e proprio  pedofilo, ma di un adulto con grossi limiti mentali e senza capacità di capire il disvalore di quegli atti“. Sono attese, intanto, le prossime sedute in aula per sapere a cosa andrà incontro il presunto “pedofilo“.

Operaio faceva sesso con minori: arrestato

Un operaio salentino di 66 anni e' stato arrestato dai carabinieri. Dovra' scontare una pena di cinque anni e sette mesi di reclusione inflittagli, con condanna definitiva, dal Tribunale di Lecce che lo ha ritenuto colpevole di violenza sessuale e atti sessuali con minorenne.
La condanna si riferisce a cinque anni fa, quando l'uomo fu scoperto dai carabinieri di Campi Salentina (Le) in compagnia di un minorenne Rom, in un'auto in sosta in un luogo appartato nei pressi del campo nomadi "Panareo", alle porte di Lecce.
Dalle indagini emerse che l'anziano avrebbe in precedenza incontrato altri ragazzi Rom. Grazie alle testimonianze dei giovani e' stato anche trovato un filmato fatto con un telefonino in cui si vedono alcuni ragazzini con le parti intime scoperte. Successivi accertamenti hanno portato i carabinieri a scoprire che gli incontri avvenivano in casa dell'anziano o anche in auto, e che in alcuni casi vi sarebbero stati consumati rapporti sessuali completi con i minori, 'ricompensati' con piccole cifre tra i 10 e i 20 euro. L'uomo e' nel carcere leccese di Borgo San Nicola.

prete condannato a 8 anni e mezzo in Polonia

Un prete cattolico e' stato condannato dalla giustizia polacca a otto anni e mezzo di reclusione per aver abusato sessualmente di cinque ragazzi che avevano meno di 15 anni. L'uomo, 49 anni, identificato solamente come Slawomir S., e' stato arrestato nell'aprile del 2012 dopo la denuncia di uno dei ragazzi nella citta' di Rawa Mazowiecka. Fuori dal tribunale, dove la seduta si e' tenuta porte chiuse, molti parrocchiani hanno manifestato a favore del prete, che si e' dichiarato innocente. L'influente Chiesa cattolica polacca e' stata colpita di recente da una serie di casi di pedofilia, come quelli che hanno visto coinvolti l'arcivescovo Jozef Wesolowski, inviato papale a Santo Domingo e Wojciech Gil, anche lui operante nell'isola dei Caraibi.

mercoledì 25 dicembre 2013

Auguri di Buon Natale a tutti in particolare a voi bambini


Che la luce del Santo Natale possa significare pace, amore, serenità,

armonia e possa riaccendere la speranza nei cuori di molti.

Un caloroso augurio di Buone Feste a voi e ai vostri cari.

Claudio Greggio presidente ass.ne Una Vita Sottile.

mercoledì 18 dicembre 2013

Pedofilia online, nei guai anche un insospettabile di Melissano

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Una settantina di hard disk pronti per scaricare 24 ore su 24 filmati e materiale pornografico, 3.500 dvd e cd masterizzati dei quali 2.500 di natura pornografica: è quanto gli agenti della Polizia Postale di Lecce hanno sequestrato, oltre a pc e alcuni tablet, nell’abitazione di uomo di Melissano, un insospettabile di 58 anni, S.C. le sue iniziali, denunciato per detenzione, divulgazione e condivisione di materiale pedopornografico, dopo accertamenti degli agenti della Polizia postale tedesca prima e di Roma dopo. Il nome dell’insospettabile salentino compare nella maxi-operazione antipedofilia on line della Procura di Roma, che ha portato all’arresto di tre persone, alla denuncia di altre 53 e al sequestro di 82 mila gigabyte di materiale, interessando varie regioni italiane.
Il nome dell’insospettabile salentino è spuntato nell’ambito della maxi-operazione antipedofilia on-line della Procura di Roma, denominata “Beiden Dackel” (Due bassotti, dal nickname utilizzato da uno dei tedeschi indagati), nel corso della quale sono stati sottoposti a sequestro circa 82mila gigabyte di materiale pedopornografico (tra cui 3.500 video e 11.500 immagini), in cui sarebbero state immortalate le giovani vittime, tutte al di sotto dei 10 anni, talune anche al di sotto dei cinque.
L’indagine è scaturita dalla collaborazione della Polizia criminale di Hannover, in Germania, che aveva fornito al Compartimento di Roma, per il tramite del Servizio di Polizia Postale e delle Comunicazioni, numerosi indirizzi IP (104 in tutto) e relative utenze telefoniche, riconducibili ad altrettanti utenti italiani, che avrebbero effettivamente condiviso, divulgato e detenuto diversi filmati digitalizzati, i cui protagonisti erano minorenni, di ambo i sessi, ripresi nel consumare rapporti sessuali completi con adulti.
La complessa indagine, diretta dal pm romano Pantaleo Polifemo, è stata condotta dalla polizia postale di Roma ed ha interessato, oltre alla Puglia ed alla provincia di Lecce, anche le regioni di Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria e Veneto.

abusò di bambine di Chernobyl: chiesti sei anni per l'orco


Per oltre un anno avrebbe costretto una ragazzina di 11 anni, nata aChernobyl e a lui affidata nell’ambito di un "programma per soggiorni di risanamento", a subire atti sessuali e, inoltre, avrebbe realizzato immagini pedopornografiche riprendendo la bambina e un’altra ragazzina bielorussa, anche lei proveniente dalla citta’ del disastro nucleare. Per l’uomo, G. P., 80 anni, ilpm di Milano Giovanni Polizzi ha chiesto oggi una condanna a 6 anni di reclusione nel processo con rito abbreviato davanti al gup Stefania Donadeo.
L'anziano era stato arrestato in flagranza di reato il 5 ottobre del 2012, perche’ riprendeva "clandestinamente immagini di ragazzine in un centro commerciale con una microcamera occultata in un borsello". Dopo l’arresto, le indagini sugli apparecchi elettronici sequestrati hanno permesso agli investigatori anche di fare luce sulla vicenda delle bambine di Chernobyl e dei video virtuali con le nipotine. La sentenza e’ attesa per venerdi’ prossimo, 20 dicembre.

il natale che vorrei


Campagna natalizia per la sensibilizzazione contro gli abusi, le violenze e i maltrattamenti verso i bambini. In ricordo di tutti i bambini che a causa dell'odio, della violenza o per altro motivo non passeranno le feste natalizie in modo sereno e armonioso con le loro famiglie. Un particolare ricordo in questo periodo va anche a tutti i bambini scomparsi. Inviateci le vostre riflessioni e lettere a natalechevorrei@unavitasottile.org tutto quello che invierete sarà pubblicato sull'apposito spazio nel nostro sito internet.
Visitate: www.unavitasottile.org e sarete sempre aggiornati su tutte le novità dell'associazione.

lunedì 16 dicembre 2013

Google e Bing sfidano la pedofilia online


Una vittoria per tutti, ma soprattutto per chi, come il primo ministro UK David Cameron, pensa da tempo che i motori di ricerca avrebbero potuto fare molto di più per combattere il propagarsi della pedofilia online. Google e Bing hanno compiuto un importante passo avanti in questa direzione: una azione congiunta che avvia una rincorsa tra guardia e ladri. Le migliori guardie contro i peggiori ladri, con in ballo l’innocenza delle vittime e nel mirino l’azione di pedofili, produttori di materiale pedopornografico, distributori del materiale stesso e protagonisti di abusi su minori.
Quel che Google e Bing vanno a fare è una sorta di inversione a “U” rispetto al recente passato. Fino ad oggi, infatti, Google aveva evitato ogni intervento diretto sul tema poiché era in ballo il difficile equilibrio della libertà di espressione online. Argomenti forti per ambiti delicati: pesare rischi e opportunità diventa in certe occasioni stucchevole e complesso, ma fino ad oggi il dibattito era proseguito con un tira e molla nel quale ora interviene un nuovo elemento. Google ha infatti spiegato di aver messo a punto nuovi algoritmi con i quali l’opera di filtro sul materiale pedopornografico sarà più capillare ed efficace. Il motore di Mountain View, assieme a quello di Redmond, si appresta così ad implementare la nuova tecnologia che agirà ad ampio raggio per ostacolare la ricerca ed il reperimento online di materiale indubbiamente pedopornografico.
I video saranno identificati con ID univoco, potendo così agire sul Web alla ricerca di eventuali duplicati da rimuovere assieme all’originale. Alcune particolari ricerche saranno filtrate e con esse verranno meno anche gli auto-suggerimenti in fase di compilazione della query. Se i “ladri” caricheranno nuovo materiale ed introdurranno nuovi metodi per consentirne il reperimento, le “guardie” adegueranno i propri sistemi in modo dinamico, così che la rincorsa possa continuare creando continui ostacoli al flusso di materiale. Impedire la distribuzione dei video è infatti un chiavistello fondamentale per rompere un meccanismo che ha peraltro una sua ben nota economia: separare la domanda dall’offerta potrebbe colpire duramente alcuni interessi e sgonfiare così un mercato nel quale le vittime passano alle cronache ed i colpevoli troppo spesso rimangono nell’ombra.
La nuova tecnologia verrà immediatamente applicata sulle ricerche nei paesi di lingua anglofona, ma presto il progetto sarà esteso anche in 158 nazioni ulteriori. Così facendo la lotta alla pedofilia diventerà una questione internazionale e prenderà il via dai motori di ricerca, ove lo scandalo aveva raggiunto negli ultimi anni i suoi abissi più profondi.
David Cameron bussa da mesi alla porta dei motori di ricerca per un motivo preciso: l’uccisione di April Jones, bambina di 5 anni caduta sotto i colpi del 46enne Mark Bridger. Secondo le cronache, le perversioni del responsabile del delitto hanno in parte percorso le strade del Web e della televisione, trovando in tv l’ispirazione all’efferatezza compiuta dopo una vita fatta di rapporti coniugali falliti, vari arresti e piccoli crimini in rapida successione. Online, invece, Bridger aveva cercato le immagini della propria vittima, passando per Google prima e per Facebook poi. Varie le fotografie trovate sul pc dell’accusato, il quale ha firmato la propria confessione soltanto dopo un lungo interrogatorio e senza rivelare mai tutti i dettagli del proprio operato.
Il caso fece molto scalpore e da quel momento per Cameron la lotta alla pedofilia online è diventato un chiodo fisso. L’analisi del caso April Jones ed altri casi simili ha consentito agli inquirenti di capire qualcosa di più del rapporto tra pedofili e Web, carpendo un certo numero di query “tipiche” per il reperimento del materiale indicizzato dai motori. A partire da questo lavoro ha preso il via quello successivo: la costruzione di un filtro mirato in grado di identificare query indubbiamente legate alla pedofilia. Tali ricerche restituiranno presto i contatti di centri di aiuto in sostituzione di fotografie di nudo o, peggio ancora, di espliciti contenuti pedopornografici.
Da poche settimane la piccola April Jones ha avuto le sue esequie pur in assenza del corpo, mai trovato. La tragicità del caso ha convinto anche i tecnici di Mountain View e di Redmond a fare qualcosa di più, cercando un nuovo compromesso tra guerra alla pedofilia e giusta tutela della libertà di espressione.
Qualcosa di più, infatti, si può fare e verrà fatto. Google aveva lasciato intendere il proprio impegno in tal senso fin dai mesi scorsi, quando il percorso di lotta aveva intrapreso una nuova direzione con un comportamento maggiormente proattivo da parte dell’azienda per l’identificazione tramite hashing delle immagini da mettere al bando:
Il nostro business è di rendere le informazioni universalmente disponibili, ma ci sono certe “informazioni” che non dovrebbero mai essere create o trovate. Possiamo fare molto per assicurarci che non siano disponibili online e per far si che quando le persone condividono questo tipo di contenuti siano catturati e perseguiti.
13000 query sono fin da subito nel mirino dei due motori; Google sta già collaborando con associazioni quali Internet Watch Foundation (IWF) e US National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC), anche tramite l’istituzione di un ampio database di immagini pedopornografiche da gestire e sfruttare assieme ad inquirenti, associazioni del settore ed altri gruppi del mondo online; da tempo Microsoft collabora con una tecnologia propria utilizzata per identificare e cercare le vittime degli abusi; la nuova tecnologia messa a punto dagli ingegneri di YouTube inizierà presto il proprio lavoro di identificazione dei video per una correlazione diretta con query e SERP. Poco alla volta la trama di Google e Bing, insomma, si stringerà attorno al sistema pedofilo, riducendone probabilmente le dimensioni in Rete, ma senza poter fare di più contro la violenza privata e il mondo offline. Perché se online la pedofilia trova distribuzione, è offline che il problema reale trova compimento e piena tragicità. La guerra di Google e Bing deve essere dunque soltanto l’incipit per un nuovo modo di combattere il reato: un primo passo, un nuovo passo, ma non certo l’ultimo.

5 SPIEGAZIONI ALLA BABY PROSTITUZIONE Genitori e insegnanti assenti. Società ipersessuata. Web punto di riferimento. Zero valori.


Adolescenti sempre meno bambine e sempre più donne. Come le otto «ragazze doccia» di Milano tra i 12 e i 16 anni che si prostituivano nei bagni di scuola in cambio di oggetti. Il menu delle prestazioni girava per le classi. La loro giustificazione? «Come ci si fa la doccia ogni giorno, noi facciamo sesso ogni giorno». I clienti? Tutti minorenni ma non è escluso che nel pericoloso gioco sia stato coinvolto anche qualche adulto.
O le due romane che dopo una mattina trascorsa sui banchi di scuola si prostituivano in un appartamento nel lussuoso quartiere Parioli per ottenere in cambio una ricarica telefonica o poche centinaia di euro per comprarsi abiti e droga.
Uomini, se così si può dire, che approfittano dei loro giovani corpi e sui loro corpi fanno business. Padri assenti e mamme che non si chiedono da dove arrivino tutti quei contanti che la figlia 14enne porta a casa, o che addirittura quando lo scoprono la incitano a proseguire, perché in casa non ci sono più soldi, il bar è chiuso e i debiti sono tanti. Come successo nel recente caso di Roma.
Sono le storie intrecciate che in questi ultimi giorni hanno occupato per l’ennesima volta le prime pagine della cronache italiane. Milano, L’Aquila o Roma non fa differenza.
GLI ERRORI DI CHI CERCA UN’ IDENTITÁ
Le baby squillo sono nei quartieri bene, nei licei prestigiosi come il Beccaria di Milano e nelle periferie di una piccola città. Ma non si vedono, sino a quando poi un giorno arriva la denuncia, seguono gli arresti, scoppia il caso mediatico. E tutti a chiedersi: ma com’è possibile? Che cosa hanno in testa le ragazze di oggi? Tutti a cercare le ragioni e soprattutto le colpe.
Ma generalizzare, per capire come si è arrivati a questo punto, non è una soluzione. «Spesso si dice che questi fatti si ripetono in maniera sempre più frequente, sembra che siano in crescita», spiega a LetteraDonna.it Alessandro Rosina, sociologo dell’università Cattolica di Milano. «Ma non è così. In realtà quella dell’adolescenza è sempre stata un’età molto difficile».
I teenager vivono una fase della vita in cui ci si affacciano all’età adulta «cercano di capire quale può essere il proprio posto nel mondo e quindi anche il controllo che i genitori hanno su di loro diventa più problematico».
Ragazzi che hanno voglia di una maggiore autonomia e soprattutto «di sperimentare nuove cose». Non solo droghe, alcol, ma anche il sesso.
UN FENOMENO IN CRESCITA ECCO I PERCHÉ
A capire però sempre meno questo cambiamento naturale non sono tanto i giovani, quanto gli adulti. «Oggi i genitori fanno sempre più fatica a seguire i figli, a comprendere le loro scelte, il loro stile di vita».
Perché a cambiare non sono solo i ragazzi ma tutto ciò che li circonda. A partire dalla società. Ed è su questa che alla fine ricadono la maggior parte delle colpe. Una società che rispetto al passato è sempre più superficiale, consumista, ipersessuata.
«Non si può dimenticare che oggi ci sono elementi di complessità in più rispetto al passato», spiega Rosina, che indica cinque aspetti fondamentali. Input esterni che prima non arrivavano agli adolescenti e che oggi sono determinanti per capire il fenomeno della baby prostituzione.
1) SESSO, TIVÙ  E VIDEOTAPE
Da un lato c’è «la sfera della sessualità, oggi considerata molto più libera». Basta vedere come viene «raccontata e rappresentata in televisione, in rete, dai mass media in generale».
Un aspetto di per sé positivo, se non fosse per il fatto che alla fine si rischia di trattarla in maniera «troppo superficiale ed esplicita». Così avere dei punti di riferimento «per riconoscere alla sessualità un valore adeguato, dipende ancora di più dalla capacità dei genitori di avere un buon rapporto con i figli».
2) GENITORI FUORI DALLA RETEAnche attraverso la condivisione della rete. «I giovani sono nativi digitali e hanno grande famigliarità con il mondo 2.0, così come i loro coetanei con i quali instaurano un rapporto molto intimo e di complicità grazie a Internet».
Una interazione che non hanno invece con i genitori, «spesso completamente avulsi dalle nuove tecnologie. Punto di riferimento diventano così i compagni con i quali per esempio condividono esperienze dentro e fuori i social network».
Dagli amici si fanno consigliare e anche condizionare nel bene e nel male, come è sempre accaduto. Ma ora ancora di più davanti a queste scelte «che possono essere immature», dice Rosina, «i genitori non hanno alcuna capacità di controllo perché sono tagliati fuori dal mondo 2.0».
Un gap ideologico e tecnologico che i genitori del ventunesimo secolo devono superare al più presto, auspica il sociologo. «Devono fare uno sforzo in più di conoscenza, senza demonizzare questo strumento, ma cercando di essere più competenti e di capire come i figli usano il web». Perché «è da lì che nascono spesso queste esperienze legate alla prostituzione o al bullismo».
Insomma nel 2013 oltre al cortile di casa, alla sala giochi, al bar della piazzetta o al muretto sotto casa «c’è un altro luogo nel quale gli adolescenti  trascorrono il loro tempo e dal quale gli adulti rischiano di essere esclusi».
Da non trascurare, secondo Rosina c’è inoltre un altro aspetto: «Le difficoltà e la complessità di gestione dei rapporti famiglia-lavoro delle coppie italiane a volte rischiano di riversarsi negativamente sui figli».
3) IL CONFLITTO DI COPPIASe la crisi tra moglie e marito ha da sempre destabilizzato le famiglie, «oggi più che mai rischia di lasciare i figli senza punti chiari di riferimento», avverte Rosina.
Da una parte genitori troppo impegnati a gestire «prima la conflittualità con il compagno e poi a ricostruirsi una vita dopo la separazione o a vivere la fase più intensa del loro investimento nella professione».
E dall’altra figli che «subiscono le conseguenze e fanno fatica a ritrovare un loro equilibrio, soprattutto se adolescenti».
Una fase molto delicata perché proprio allora i figli hanno più bisogno di attenzioni, «i genitori devono quindi sforzarsi, nonostante tutto, di comunicare e coltivare un rapporto di fiducia con i figli per non rischiare che questi si sentano abbandonati a se stessi e prendano poi strade sbagliate».
4) INSEGNANTI PRECARI E ASSENTI
Anche perché a metterli in guardia dai pericoli non c’è più neanche la scuola. «Prima gli insegnanti avevano maggiore autorevolezza nei confronti dei ragazzi», sottolinea Rosina.
Oggi invece a causa della loro precarietà hanno in qualche modo perso quel ruolo. A ciò si aggiunge il fatto che «i maestri e i professori spesso non hanno un livello culturale più alto rispetto al resto della popolazione, come era un tempo».
Così i genitori «quasi sempre scolarizzati, non considerano più gli insegnanti così preparati e spesso entrano in conflitto con loro sulla formazione dei figli».
Un altro rapporto deteriorato che grava sulla crescita dei ragazzi. «I genitori anziché  allearsi con gli insegnanti e aiutarli a responsabilizzare i figli nel percorso scolastico, accusano i docenti di essere troppo severi o dare voti bassi».
5) IL FEMMINISMO: UN’ALTRA STORIAParadossi che contribuiscono a rendere sempre più incomprensibili le vere problematiche delle giovani generazioni, a cui spesso è più facile attribuire semplicemente una mancanza di valori. «Noi non eravamo così, lottavamo per i diritti delle donne, oggi si prostituiscono per una ricarica telefonica», è il vociare comune. «Ma anche negli anni 70 le 14enni non scendevano certo in piazza per i loro diritti», ricorda Rosina, «si può criticare una 25enne o una 30enne, ma non si può pretendere che una 13enne dica: anziché la ricarica telefonica voglio migliorare il mondo».
Per questo il problema non è accusare i teenager, «ma gli educatori, i genitori, le persone di riferimento». In fondo, ricorda il sociologo, «quando c’è un adolescente che va fuori strada vuol dire che qualcosa non ha funzionato, che non ha trovato le persone giuste capaci di indirizzarlo bene».

Prostituzione, le adolescenti e il sesso a pagamento


Nel chiuso di un appartamento o nell’androne di un condominio. Ma anche tutte in tiro in locali notturni e club privati.
Ai bordi delle strade, viste le ordinanze comunali e i rigidi controlli locali, di giovanissime squillo è difficile beccarne. Più facile, magari, in qualche area di sosta o autogrill lungo le autostrade.
UN FENOMENO ANCORA SOMMERSO.La prostituzione minorile in Italia c’è, ma spesso non si vede. È un fenomeno per lo più sommerso che si fa fatica a portare a galla.
Tranne quando scoppia un caso come quello delle baby Lolite dei Parioli, nel cuore della Roma bene o, a seguire, delle «ragazze doccia» a Milano.
L’inchiesta in corso nella Capitale ha solo scoperchiato il vaso di Pandora su una realtà che vive sottotraccia. Ed è in crescita.
«Possiamo parlare di qualche centinaio di casi sparsi nel Paese», è la stima che fa Yasmin Abo Loha, coordinatrice dei programmi Ecpt-Italia (l’organizzazione internazionale che si occupa di turismo e sfruttamento sessuale dei minori, ndr). «Ragazze cadute nelle trappole della Rete o costrette da adulti, se non da propri coetanei, come nel caso delle baby cubiste».
OLTRE 7 MILA BABY PROSTITUTE. Senza trascurare le vittime straniere della tratta che poi vengono inserite nei circuiti della prostituzione minorile italiana: «Ad oggi, si contano tra i 7 mila e gli 11 mila casi».
D’altronde, come ha rivelato l’ultimo rapporto di Save the Children 'Piccoli schiavi invisibili', proprio il nostro Paese è stato segnalato per il maggior numero di vittime accertate e presunte di tratta rispetto al resto d’Europa: quasi 2.400 nel 2010 contro i circa 9.500 in Ue (di cui il 15% minori).
SFRUTTATI ANCHE I MASCHI MINORENNI . Anche se non mancano i casi di sfruttamento sessuale maschile (sempre Save the Children ne ha segnalato la presenza tra piccoli di origine rom e minori del Maghreb e dell’Africa subsahariana sia nella Sicilia orientale, sia nelle Marche, in Abruzzo e in alcune aree di Lazio e Campania), il fenomeno riguarda soprattutto le giovanissime straniere.
«Provengono in buona parte dai Paesi dell’Est», dice la responsabile della onlus, «ma c’è pure una componente di ragazze nigeriane».
L'età delle vittime di tratta si aggira tra i 15 e i 18 anni, «anche se presentano caratteristiche fisiche tali da sembrare più grandi».

Le lolite italiane, prostitute a 13 anni

Diverso, invece l’identikit delle lolite italiane «che sono più piccole. Ci muoviamo su un target che parte dai 13 anni in su». Per quale motivo la fascia d’età si abbassa? Secondo Abo Loha, «ha il suo peso non trascurabile anche l’autonomia informatica che, sappiamo, in Italia si sviluppa presto. Bambini di 7-8 anni, non a caso, hanno già un profilo Facebook, seppure assistito e monitorato dai genitori».
Rimane da capire cosa le spinga a vendere il proprio corpo. Bisogno di soldi, noia, desideri di rivalsa? Per la coordinatrice dell’organizzazione «sono tanti i meccanismi che possono scattare nella mente delle ragazze italiane. Dobbiamo sempre partire dal presupposto che i valori e i parametri di riferimento di oggi non sono più quelli di 20-30 anni fa. Anche una borsa firmata, quindi, può essere la molla».
SCARSA CONSAPEVOLEZZA DEI RISCHI. Il consumismo, insomma, può far scaturire una generazione di adolescenti pronti a utilizzare il proprio corpo pur di appagare bisogni e soddisfare desideri. «Il problema di fondo», aggiunge l’esperta di Ecpat-Italia, «è la scarsa consapevolezza dei rischi. Nei giovani prevale la convinzione che rispetto a circuiti come quello dello spaccio, la prostituzione sia meno pericolosa».
Ben diverso il discorso per le baby squillo straniere. Nella trappola della tratta finiscono, infatti,  per lo più ragazze che hanno alle spalle condizioni di disagio e povertà. Anche se, a sentire Abo Loha, «non dimentichiamo che noi italiani siamo dei cattivi esportatori di buone pratiche. Di sicuro, in una famiglia indigente la strada della prostituzione può essere imboccata con maggiore facilità, ma poi molte straniere, al di là dello stato di costrizione, si lasciano pure incantare dal sogno di uno stile di vita sempre migliore».
BABY SQUILLO QUASI MAI SUL MARCIAPIEDE. Una cosa è certa: dietro la tratta, c’è la criminalità organizzata: «D’altronde il 62% di vittime dello sfruttamento sessuale dimostra come i criminali abbiano fiuto per gli affari».
Che si tratti di baby prostitute italiane o straniere, però, lo sfruttamento sessuale rimane nell’ombra. Adolescenti invisibili che si muovono in Italia. Ma sono proprio i canali di diffusione del fenomeno che non aiutano a farlo emergere: «I punti di contatto per strada, per esempio, sono da escludere quasi del tutto», sottolinea la responsabile della onlus.
«Visti gli elevati controlli sul territorio, infatti, è difficile imbattersi in una prostituta minorenne su un marciapiede. Prevalgono, invece, i circuiti indoor». Dagli appartamenti, ai club privati, dai locali notturni agli internet café: è evidente che si tratti di location più difficili da stanare.
«Senza dimenticare la Rete», conclude Abo Loha. «Internet, infatti, rappresenta un altro dei canali privilegiati per gli adescamenti e lo sfruttamento della prostituzione minorile».

Prostituzione minorile, il ritratto dei clienti delle baby squillo


Ogni volta che la magistratura apre un'inchiesta su un nuovo caso di prostituzione minorile, le cronache riferiscono ogni particolare della vicenda, concentrandosi maggiormente sulle vittime. Adolescenti che decidono più o meno consapevolmente di prostituirsi per guadagnare qualche soldo o ricevere regali.
Le intercettazioni aiutano a immaginare la vita di queste ragazze: una quotidianità fatta di telefonate con le amiche, litigate con i genitori, messaggini, interi pomeriggi passati sui social network e notti in alberghi di lusso per incontrare chi è disposto a pagare migliaia di euro per una prestazione sessuale con loro.
TACCO E TRUCCO: GLI STEREOTIPI. Parlare di trucco, minigonne e cellulari è facile per immaginarsi, spesso usando solo stereotipi, le ragazze.
Ma i clienti delle baby squillo chi sono? Ben poco si sa di quegli uomini che le cercano e le pagano per fare sesso.
Secondo Cesare Guerreschi, psicoterapeuta e fondatore di Siipac, la Società italiana di intervento sulle patologie compulsive che dal 1999 si occupa di tutte quelle forme di dipendenza in cui non è implicato l’intervento di alcuna sostanza chimica, «delineare un profilo di queste persone è difficilissimo»: «Ciò che ogni volta mi lascia spiazzato è che quando parli con questi 'signori' ti dicono sempre che sono malati», spiega a Lettera43.it.
NÈ PEDOFILI NÈ DIPENDENTI SESSUALI. Ma non è sempre così, almeno se per malattia si intende la pedofilia, «perché», spiega Guerreschi, «di solito i pedofili preferiscono bambine che hanno massimo 10 anni». Anche se precisa lo psicoterapeuta «il confine è molto sottile».
Chi invece soffre di dipendenza sessuale «difficilmente va con le minorenni, perché non vuole correre rischi», aggiunge lo psicoterapeuta.

Sono uomini di mezza età che hanno un rapporto malato con il sesso

A farlo sono invece uomini di mezza età per la maggior parte delle volte 'sani' o che soffrono di una patologia diversa. «Cercano la ragazzina perché spinti da una frustrazione sessuale», commenta Guerreschi, «sono persone che non hanno vissuto bene la loro evoluzione psicofisica e hanno un rapporto malato con il sesso».
IN CERCA DI AUTOSTIMA. Molti hanno circa 50 anni, «si vedono vecchi, in una fase di declino, ma si vogliono sentire giovani e cercano di aumentare la propria autostima andando a letto con una giovanissima perché pensano così di essere ancora appetibili».
Per riuscire a soddisfare questo desiderio «rimuovono anche il fatto che il loro comportamento è illegale e soprattutto che quel rapporto è il frutto di un mercimonio: fanno finta di non vedere che quelle adolescenti vanno a letto con loro solo perché sono pagate».
SPOSATO E DI CETO MEDIO ALTO. Una rimozione che permette a questi uomini di comportarsi come se niente fosse, come se quel comportamento non fosse un reato.
«Sono quasi tutti sposati, con famiglia, appartengono per lo più a un ceto medio alto, anche se non manca l'operaio. E soprattutto dal punto di vista fisico non sono riconoscibili», sottolinea Guerreschi.
Secondo lo psicoterapeuta è possibile avvicinarli solo se «loro decidono di uscire allo scoperto». Per questo individuarli attraverso comportamenti e azioni è quasi impossibile: «Su Internet, per esempio, sono di un'abilità manipolatoria incredibile. Si trasformano e fanno cadere nella loro rete queste ragazze».
INTERNAUTI E ADESCATORI ESPERTI. Una vera e propria mania, che perseguono con costanza e tecnica: «Sono adescatori esperti, sul web cercano la ragazza che si qualifica come adolescente, ma una volta che l'hanno identificata non scoprono subito le loro carte».
È difficile che fissino un incontro dopo la prima chiacchierata in chat o che chiedano subito di fare sesso a pagamento, perché «sanno bene il rischio che corrono e che in Rete ci sono molte ragazze che bluffano e si fingono addirittura minorenni».

Dalla chat al cyber sex fino al rapporto vero

Così aspettano di trovare la loro vittima ideale: «Studiano la ragazza con cui sono entrati in contatto e procedono lentamente», racconta il presidente di Siipac, «sono seduttori che agiscono subdolamente. Iniziano a far intravedere alla giovane la possibilità di ricevere un aiuto economico».
LE PROMESSE IN CAMBIO DI SESSO.Sono affettuosi, promettono viaggi, pranzi di lusso, regali, «e danno l'idea di voler migliorare la condizione di vita dell'adolescente, offrendole anche la possibilità di allontanarsi dalla famiglia».
Tutto naturalmente in cambio di atti sessuali «che non sempre consistono nella penetrazione, o almeno non subito: a volte iniziano con il cyber sex».
Nel caso in cui vengano scoperti negano, oppure sostengono che sia la ragazza ad averli ingannati: «Aveva 15 anni ma ne dimostrava 18», è la risposta più comune.
LE CURE DURANO ANCHE TRE ANNI. Spesso invece riconoscono di essere malati, di aver bisogno di cure. «Solo che i percorsi terapeutici sono lunghi: il tempo medio è di tre anni. Si tratta di patologie gravissime che vanno curate bene», spiega Guerreschi, «invece a volte queste persone si avvicinano a noi, ma poi dopo tre mesi ritornano alla vecchia vita».
SERVONO PIÙ STRUTTURE E ATTENZIONE. Un problema che le associazioni di aiuto non riescono quindi a risolvere da sole, «siamo pochi a occuparci di questi casi, in Italia ci dovrebbe essere maggiore attenzione a queste tematiche perché il fenomeno è grave ed è in crescita». Ma soprattutto «se ne dovrebbe parlare di più anche a livello pubblico».
Insomma non è solo con un percorso terapeutico che si risolve una piaga sociale, «noi cerchiamo di aiutare queste persone, le accogliamo, ma siamo solo terapeuti, il loro mondo spesso è davvero impenetrabile».

Napoli, le prostitute bambine dimenticate Hanno 13, 15 anni. Sono cedute ai clan dalle famiglie. Le si trova per strada o nei cinema hard. Ecco l'orrore di Napoli.


Nell'area orientale di Napoli spopola il fenomeno delle baby prostitute.C’è chi sussurra che sia abitudine degli impiegati di uffici e banche consumare la pausa-pranzo con una visita a qualche ragazzina che batte lungo i viali, in casa o nei sottopassaggi del Centro direzionale di Napoli. Dieci minuti, un angolo remoto, una manciata di spiccioli, e poi si torna a lavoro più rilassati e contenti.
La vera vergogna, però, qui si consuma ogni sera a due passi dalla sede della procura della Repubblica e dal tribunale, a tre passi dal Consiglio regionale e dalla Giunta, a un soffio dal sorvegliatissimo carcere di Poggioreale e da un sacco di enti pubblici, di austere banche e rispettabili istituzioni.
C’è chi, spudorato, nega che abbiano 13 o 14 anni. Chi minimizza giurando che si tratta «solo di qualche caso isolato». E chi si consola perché, assicura, «di ragazzine che si vendono in strada pullulano tutte le periferie d’Italia».
UN ORRORE SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI. La verità sull’orrore - che è sotto gli occhi di tutti, in mezzo ai grattacieli e lungo le strade intorno al Centro direzionale di Napoli - la racconta aLettera43.it Ermete Gallio, 72 anni, un operaio dei limitrofi cantieri dismessi: «Via Brin, via delle Repubbliche Marinare, via Galileo Ferraris: di sera è un brulicare di piccoli corpi alla ventura, di auto che lentamente si accostano, di muti fantasmi che impuniti si appartano».
COME NEGLI AFFAMATI ANNI 50. C’è chi sostiene che nell’area orientale della città si viva come nel Dopoguerra, «negli affamati Anni 50, quando le cosiddette segnorine adescavano per un pacco di pasta i soldati americani», continua Gallio. «Ma in realtà ora va molto peggio: la miseria è simile a quella già vissuta, si stanno prostituendo anche molte mamme che non ce la fanno a far la spesa».
Ma le decine di nuove segnorine che ogni sera si vendono sono bambine camuffate da donne, truccate come bambole e svendute al miglior offerente.
«È un fenomeno da brividi: a volte a schiavizzarle sono le famiglie, che le considerano un patrimonio da sfruttare per garantirsi sopravvivenza e qualche capriccio», denuncia l'operaio.

Tredici anni, prostituta e schiava della camorra

Adelaide ha 18 anni e mezzo. A 13 anni è stata offerta in affitto da mamma e papà a un clan dominante che ha cominciato a gestirla. Tutte le sere in strada. Migliaia di incontri. Per anni. Finché è scoppiata.
È malata, depressa, ha tentato tre volte il suicidio. E si è rivolta alle forze dell’ordine.
«Vengono da noi quando ormai sono maggiorenni e non sopportano più i soprusi», spiega Deborah Divertito che opera nel delicato settore dell’accoglienza sociale. «Si tratta soprattutto di ragazze dei Paesi dell’Est europeo, vittime di una tratta che le rende schiave e non ha mai fine».
VENDUTE DAI GENITORI. Per le italiane e le minori rom, l’iter è ancor più tragico. Sono i genitori che, a volte, decidono di vendere le figlie al clan. Che, a sua volta, può decidere di rivenderle ad altri o di ri-darle in affitto perché operino in una zona più remunerativa. E così via, in un tourbillon criminale destinato a crescere loro addosso man mano che le bambine si fanno donne e possono garantire una «più adeguata professionalità» e più lauti introiti.
UN'ATMOSFERA SURREALE. «Il racket della prostituzione minorile è un mondo osceno, blindato, senza pentiti disposti a spifferarne i segreti: vi si annida il peggio della più squallida criminalità», fa notare un inquirente. «Qui al Centro direzionale di sera l’ambiente si fa surreale», conferma Alessandro Gallo, consigliere di municipalità, «nei campetti i ragazzi giocano spensierati a pallone mentre a pochi metri da loro, immobili lungo il marciapiede, grappoli di ragazzine, forse le sorelle o le cugine, aspettano i clienti per prostituirsi».
In molti, dalla Caritas alle coop sociali, si occupano delle prostitute-bambine di Napoli. «Il fenomeno», spiegano gli operatori, «riguarda le famiglie più povere e disgregate, ma si tenga conto che si prostituiscono anche minorenni provenienti da tutte le parti del mondo perché qui è più facile procurarsi documenti falsi, tramite la camorra, e i controlli delle forze dell’ordine restano sporadici».

Costrette a indossare la divisa del clan

Trucco pesante, bocche esagerate, berretto da baseball, telefonino, stelline luccicanti sulle guance, gonna cortissima e bolerino: le tariffe sono basse, l’approccio è penoso, le prestazioni frettolose.
Si accontenta di poco il popolo dei clienti che viaggia su fiammanti Bmw ma anche a bordo di normalissime Panda, Renault Clio, Y 10. C’è chi arriva persino in motorino.
Si dice che i clan abbiano imposto una sorta di divisa da far indossare alla «merce» in esposizione: in blu se appartieni alla mia banda, in arancione se fai parte di un’altra parrocchia.
«È impressionante è la quantità di automobili che bazzicano in zona: via Taddeo da Sessa, via Brecce, via Gianturco. Dal tramonto in poi, sembra di muoversi in una strada shopping sotto Natale», dice ancora Gallio.
PECCATO SENZA CASTIGO. È un peccato senza castigo, preghiera che si fa bestemmia, è silenzio amico di omertà, tutti immersi in un’aria brulicante di copertoni arrosto e cattiveria, di lavatrici sghembe e violenza, di odori acri e cumuli di immondizia che immondi appestano gli abiti e l’anima.
Somiglia, dicono, a un film di Antonio Capuano, il regista di Vito e gli altri che nel 96 rischiò l’accusa di pedofilia per aver raccontato di Pianese Nunzio, 14 anni a maggio.
Niente pentiti, poche e scarne le notizie su chi gestisce l’orrendo business. Ma si sa che a muovere le fila della prostituzione a Napoli sono almeno tre mafie: quella albanese, quella russa, quella nigeriana.
La camorra - su tutti, i clan Mallardo, Ricciardi, Misso e Vastarella - si limita ad affittare le zone, a garantire quiete, a riscuotere le tangenti.
IL SESSO NEI CINEMA HARD. Una fetta rilevante del mercato del sesso minorile di Napoli si consuma nei cinema a luci rosse che pullulano in zona Ferrovia, lungo il corso Meridionale.
È anche qui, nelle salette riservate che hanno alcuni cinema per «garantire la privacy a chi la chiede», che avvengono gli incontri a pagamento fra finti cinefili e ragazzine (e ragazzini) di 13 o 14 anni.
Per poter entrare indisturbati nelle sale a luci rosse le minorenni hanno bisogno di documenti falsi che ci si procura tramite camorra.
Nessun gestore si accorge dell’inganno. Nessun controllo stronca il traffico.
IL TRIANGOLO DELLA PROSTITUZIONE. Gli abitanti del «triangolo della prostituzione» (Centro direzionale, via Ferraris, via Gianturco) hanno chiesto esasperati che «almeno, chi batte paghi una tassa». Una provocazione non raccolta.
Racconta il presidente di quartiere Armando Coppola: «Stiamo chiedendo da mesi al sindaco Luigi De Magistris un sistema di videosorveglianza lungo le nostre strade invase dalla prostituzione minorile: con le telecamere in funzione, sarebbe possibile individuare le targhe delle auto dei clienti e quelle di chi sfrutta le ragazzine. Ma finora il sindaco, nonostante un impegno verbale, non è riuscito a intervenire».
La municipalità ha chiesto anche una più consistente sorveglianza alle forze dell’ordine. «La questura»,  fa sapere Coppola, «ha risposto che è più urgente presidiare le uscite della vicina autostrada. Per impedire aggressioni e rapine».

sabato 14 dicembre 2013

Pedofilo, la testimonianza: «Perché cerco le ragazzine»


Avere 42 anni e desiderare di fare sesso con una bambina di 12 o una adolescente di 16. Scaricare da internet porno di ragazzine, andare a prostitute e cercare quella che ha un viso da «angioletto» e un «sedere immaturo».
Essere pedofilo, ma sentirsi morire dentro perché consapevole di essere considerato un orco. Sapere di avere una malattia e «aver paura anche solo di stare troppo vicino alla propria nipotina per paura di metterle le mani addosso». Ma, alla fine, sperare di «potere guarire e un giorno avere anche una moglie e dei figli».
PEDOFILIA, DIFFICILE CAPIRE E CONOSCERE. Marco (il nome è di fantasia) è un uomo senza voce né volto, così come tutti i pedofili: vengono alla luce solo quando commettono il reato e sono scoperti. Ma allora è già troppo tardi per capire, perché il 'mostro' non ha bisogno di altre categorie per essere descritto. Farsi raccontare la loro vita, perché cercano le ragazzine, come si giustificano e che cosa pensano di se stessi, non è facile. Loro faticano a parlare; la società fatica a capire.
Perché dare un volto all'orco vuol dire mettere in discussione non solo chi lo è, ma anche chi è sempre pronto ad accusare e mai a interrogarsi sul problema.
LA STORIA DI MARCO, INIZIATA DA BAMBINO. Di avere un problema Marco l'ha capito 15 anni fa quando, 27enne, navigando in Rete si è accorto che cercava sempre siti porno con ragazzine. Ma per capire la sua storia, racconta a Lettera43.it in un'intervista (ascolta l'audio) che ha concesso con la promessa di mantenere l'anonimato, bisogna risalire a quando di anni ne aveva sette. Andava alle scuole elementari, con una compagna di classe, iniziò a fare dei «giochi: in realtà erano proprio delle interpretazioni di atti sessuali», racconta.

La storia con le cugine, poi più niente fino alla scoperta del web

Lei faceva la segretaria e «io il capo, ma era molto più esperta di me e mi chiedeva dei veri e propri rapporti sessuali».
Una richiesta che, a soli sette anni, non riuscì proprio a soddisfare: «Così dopo un anno mi ha lasciato perché non riuscivo a darle quello che voleva».
Iniziò allora uno stato d'animo definito come «depressione, perché non ero riuscito a soddisfarla e lei mi aveva lasciato».
IL SESSO CON LE CUGINETTE. A 10 anni Marco iniziò a concentrare le sue attenzioni su due sue cugine di 3 e 4 anni più piccole: «È iniziato come un gioco, però per me era morboso, ogni volta che le vedevo le portavo in disparte e le toccavo».
Ha avuto rapporti sessuali con loro fino a 20 anni; poi «le mie cugine si sono ribellate, sono maturate, hanno detto di no, e io ci sono rimasto molto male, ma le ho lasciate andare».
A quel punto, però, non Marco non riescì a trovare altre ragazzine. «Non sapevo come cercarle, avevo paura di essere scoperto». Così decise di «buttarsi sulla pornografia normale».
Con le coetanee ancora non riusciva ad avere rapporti: «Provavo a uscirci ma poi quando dovevo fare quel passo in più non lo facevo, mi inventavo che non potevo farlo, che tanto a lei non sarei piaciuto».
LA SCOPERTA DELLA PEDOPORNOGRAFIA. La pornografia divenne il suo unico sfogo. «Una volta comprai delle videocassette: una era olandese e c'erano rapporti sessuali tra ragazzini», ricorda. «Allora mi sono tornate in mente tutte le vecchie cose».
Un desiderio che però è rimasto dormiente fino al 1999, quando internet cambiò tutto.
«Le prime volte non c'era nessun tipo di controllo, così quando andavo sulle pagine porno comparivano anche quelle dei pedofili», ricorda Marco. «Non ho mai pagato per averle», sottolinea, «ho sempre cercato di avere quei video e quelle immagini gratis». Grazie ai programmi di file sharing «ho iniziato a scaricare filmati pedopornografici uno dietro l'altro, e mi sono accontentato».
LA PAURA DELLE DENUNCE. A parte le sue cugine, Marco dice di non aver mai tentato un approccio con altre ragazzine: «Avevo paura delle denunce e anche di essere respinto come quando avevo 7 anni».
Quando il desiderio sessuale era troppo forte, «andavo a prostitute e cercavo quelle che sembravano più giovani, a me non dicevano certo se erano minorenni, ma potrebbe essere che lo fossero. Certamente il mio tipo è sempre stato quello della ragazzina, 12-16 anni».

«Una ragazzina non dirà mai che non le basto»

Perché cercare delle bambine?
«Mi interessa un bel viso da angioletto e un sedere tondo ma immaturo». Poi c'è l'aspetto psicologico. «Non è tanto il fatto di dominare: in parte c'è, ma non è mai stato il mio sogno più grande. Semmai mi sento immaturo e voglio una persona immatura come me».
Andare con le adolescenti «è quello che cerco, perché la mia insicurezza mi porta a pensare che una ragazzina giovane che non ha esperienza non dovrebbe volere nulla più di me», spiega. «Non dirà mai che non le basto perché non riesco a fare quello o quell'altro».
L'ISTINTO TRATTENUTO. A distanza di 35 anni, Marco attribuisce tutto a quell'esperienza fatta da bambino, alle elementari.
«Quel trauma mi ha impedito di avere una vita sessuale normale», dice. Anche se «lo so che poi è tutta una mia costruzione mentale. Sono stato respinto a sette anni ed ero già una merda a quell'età. Quel blocco psicologico mi ha lasciato lì».
Ci sono stati momenti in cui ha sognato di andare all'estero a sfogare i propri istinti. «Ho avuto fantasie di partire per la Thailandia e il Brasile e fare una vacanza come dicevo io, ma per fortuna sono rimaste solo fantasie, non mi sono mai messo nelle condizioni di metterle in pratica».
LA DOMANDA: SONO UN PEDOFILO? Marco ha iniziato a chiedersi se era un pedofilo quando ha iniziato a usare internet per soddisfare i suoi desideri. «Mi accorgevo che andavo nei siti porno normali e poi quasi automaticamente cercavo i siti pedofili e da allora ho avuto subito paura. Paura di essere un pedofilo che va a violentare ragazze», dice.

«Leggevo di pedofili arrestati, ma mai di nessuno che venisse curato»

Nel 2009 i suoi movimenti su internet sono stati intercettati dalla polizia postale: perquisizione e computer sequestrato. Ora è in attesa di giudizio per condivisione di file pedopornografici.
LA MALATTIA E L'IGNORANZA. «Ho continuato a chiedermi se ero malato: sapevo di avere problemi ma non sapevo che tipo di problemi fossero o se si potessero curare. Sui giornali continuavo a leggere di pedofili arrestati, ma mai di nessuno che veniva curato».
Nessuno ha mai conosciuto i dubbi che lo tormentavano: «I miei amici non sanno nulla, non hanno mai visto che cercavo ragazzine, pensano solo che mi piacciono le ragazze un po' più giovani», racconta.
È stata proprio una delle cugine con le quali ebbe dei rapporti da ragazzo a segnalargli l'associazione specializzata nella cura di patologie compulsive Siipac, alla quale si è rivolto.
Da tre anni Marco è in cura: «Ho fatto un anno e mezzo di terapia e ora sono qui come collaboratore. Sicuramente sto meglio però ancora non riesco a fare approcci veri con ragazze della mia età. Non so come fare».
«CON LE BAMBINE? UN TEMPO SI POTEVA». Cercare le adolescenti è un'abitudine per la quale Marco talvolta trova anche giustificazioni.
«Una volta una ragazzina quando aveva le sue cose andava in sposa immediatamente, quindi potrebbe essere quasi normale, nell'ordine naturale delle cose», dice. Ma sa, in realtà, che il problema è un altro: «Sono perfettamente conscio che una ragazzina a 13 anni non può disporre di sé come una donna», ammette.

«Essere pedofili è peggio che aver ucciso qualcuno»

La sua vita, insomma, è segnata ancora da contraddizioni e ossessioni. «La vivo male, so che ho questo desiderio e che è sbagliatissimo ma continuo ad averlo».
NEGLI USA LO STIGMA È MINORE. Per quanto sempre di una malattia si tratti, Marco ci tiene a precisare «che c'è una netta differenza tra il guardare e il toccare. Solo qui in Italia è considerata la stessa cosa: negli Stati Uniti invece anche a livello linguistico si distingue chi scarica i film da chi va a violentare una ragazzina», sottolinea.
Secondo lui è ancora tutta colpa della depressione, «se riuscissi ad abbatterla e a cercare di approcciarmi in modo normale con l'altro sesso, forse...».
TERAPIE SÌ, CASTRAZIONE CHIMICA NO. Al Siipac, racconta, «prendo già delle pastiglie, ma se inventassero un farmaco che inibisce queste cose potrei anche prenderlo». Perché «so che quello che ho non è socialmente accettato quindi farei anche una cura specifica».
Ma la castrazione chimica è fuori discussione.
«È una stronzata clamorosa», denuncia Marco. «Sono pasticche che non mi farebbero funzionare l'organo sessuale, ma il problema è che il primo organo sessuale è il cervello», dice. «A quel punto un maniaco potrebbe usare degli oggetti e fare ancora più male alle vittime».
UNA CURA PER RITROVARE LA SPERANZA. Il suo desiderio più grande è stare meglio. «Ora sono migliorato, prima ero completamente solo: adesso al Siipac ho delle persone con cui parlare, almeno vedo la luce in fondo al tunnel, prima non avevo davvero speranza».
Il periodo più brutto? Quello della denuncia della polizia postale. «Guardavo tutti i palazzi per vedere quale era il più alto dal quale buttarmi», perché quella di pedofilia «è l'accusa più infamante che ti possano fare nel mondo moderno. Preferirei quasi avere ammazzato uno che avere questa accusa qui».

Pedofilia: non è mai un atto d’amore e va fermata


Definizione di pedofilia: “la pedofilia è un abuso sessuale perpetrato a danno di minori. Si parla di pedofilia quando la vittima è un minore di 13 anni, e il soggetto attivo deve avere almeno 16 anni e deve essere di minimo 5 anni più grande rispetto al soggetto passivo“. Detto questo, si deve parlare di malattia o di coinvolgimento emotivo? Ovvero: la persona che molesta un minore è un povero malato o una persona che davvero crede di star “amando” quel bambino?
La pedofilia non può MAI essere amore, dichiarano esperti sessuologi con il completo accordo dei colleghi pediatri. Lo scandalo della recente sentenza della corte di cassazione che ha dichiarato nullo il reato di pedofilia nei confronti di un sessantenne perché “realmente coinvolto dall’amore per la minore che gli era stata affidata” riecheggia ancora e fa indignare oltre ogni misura. Non esistono sentimenti in un rapporto talmente morboso perchè in ogni caso il rapporto sessuale è imposto da un adulto a un giovane non ancora consapevole di molte cose.
Come si contrasta la pedofilia? Spiegando attentamente ai bambini le funzioni del loro corpo, non avendo paura di affrontare l’argomento sesso nelle scuole e in casa. Facendo attenzione a chi si affidano i figli. Limitando al massimo le esposizioni dei minori nelle trasmissioni TV, nei concorsi di bellezza, nelle sfilate di moda. L’eccesso in questo senso stimola fin troppe menti malate e Internet fa il resto. Occorre custodire i propri figli con maggiore “gelosia”, nel senso buono del termine, invece di darli in pasto al pubblico mondiale. Infine, anche psicologi e medici devono attrezzarsi per affrontare un fenomeno sempre più esteso.

L'imprenditore orco condannato a 9 anni


Nove anni. Questa la sentenza a carico di Franco Cignoni, il noto imprenditore di Lendinara (la sua impresa ha costruito il ponte di Calatrava a Venezia), condannato per violenza sessuale su una minorenne, la sua nipote acquisita.
Una sentenza emessa dal collegio giudicante presieduto da Andrea Battistuzzi, dopo un’udienza fiume, che si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri dopo lunghe ore di discussione. Parte civile, la giovane di origini australiane, assistita dallo studio legale di Daria Pesce, il legale milanese di Ruby e Nicole Minetti, cheoggi ha 20 anni e sostiene di avere subito molestie dallo zio mentre era in vacanza in Italia a casa sua. La pm, Sabrina Duò, aveva chiesto esattamente la stessa pena prevista dal collegio giudicante: 9 anni, non uno in più o uno in meno.
Secondo la Procura, nel 2004 la giovane era venuta in Polesine insieme ai genitori per trascorrere una settimana di vacanza. Sarebbe stato proprio durante questo periodo che l’imprenditore avrebbe toccato nelle parti intime la ragazza e avrebbe consumato violenza completa. In tutto sono sette gli episodi contestati dalla giovane, emersi solo a distanza di tempo dal soggiorno polesano della nipote di Cignoni e della sua famiglia. Solo nel 2009, infatti, ovvero cinque anni dopo la violenza sessuale, la ragazza ha cominciato a parlare, mostrando segni di autolesionismo e tentando il suicidio. Un racconto che si è fatto via via più preciso fino a raggiungere i margini per un’accusa che la famiglia della nipote di Cignoni ha portato avanti nonostante i chilometri di distanza che li separano dallo zio ‘orco’.
Ieri, l’epilogo. Una condanna per Cignoni, per cui l’avvocato difensore, Marco Petternella, promette il ricorso in appello: "Aspettiamo di leggere le motivazioni di tale sentenza — spiega —. Ma secondo me c’erano tutti i requisiti per un’assoluzione completa: i racconti della ragazza sono pieni di incongruenze, i dettagli non tornano, vengono modificati a ogni deposizione. Anche la procedura seguita lascia perplessità: non sono infatti stati rispettati i criteri stabiliti dalla carta di Noto sulle deposizioni delle vittime di violenza". E il sipario cala su un Franco Cignoni distrutto, abbattuto dalle sorti della sua azienda e dalle varie vicissitudini giudiziare che lo vedono imputato.

Un uomo accusato di pedofilia assolto perché la bambina era “consenziente”. Don Di Noto: «È una cosa inaudita» Leggi di Più: Pedofilia. Di Noto: «Scioccato da assoluzione»


È di sabato la notizia dell’assoluzione di un uomo di 60 anni colto in flagrante mentre abusava di una bambina di 11. La Cassazione, secondo quanto riportato dal Quotidiano di Calabria, avrebbe ribaltato la sentenza del tribunale di Catanzaro che aveva condannato l’uomo a 5 anni di carcere.
Secondo il quotidiano, la Suprema Corte avrebbe riconosciuto come attenuante il fatto che la piccola, affidata ai servizi sociali dalla madre, fosse consenziente. La vicenda risale a tre anni fa, quando l’uomo fu trovato a letto con la minorenne. «Se quanto scritto dal giornale fosse vero, si tratterebbe non solo di una sentenza inaccettabile, ma di un aborto giuridico. Non esiste attenuante di questo tipo in nessuna legge italiana. Secondo il diritto vigente non si può parlare di consenso dei minorenni», spiega a tempi.it don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter, famosa per la lotta contro la pedofilia.
Il ringraziamento è arrivato a ridosso dell’istituzione della commissione per la protezione dei minori voluta per consigliare la Santa Sede nell’impegno di protezione dei bambini e nella pastorale delle vittime degli abusi. «Il nostro modello – spiega – è un cammino fatto di supporto psicologico, legale ma anche spirituale delle vittime. Facciamo  prevenzione andando nelle scuole, diocesi, istituzioni. Teniamo monitorati i siti, i programmi televisivi. Affermiamo la dignità dell’essere umano in tutte le strutture sociali, politiche, culturali e sanitarie, collaborando per la corretta gestione dei relativi servizi. Questa è la strada: cercare di arrivare dappertutto per mantenere desta l’attenzione e le coscienze sulla dignità di ogni persona per proteggere i bambini. Anche per questo attendiamo risposte chiare dalla corte di Cassazione».



BRUTALMENTE USATA. «Oltre a ledere il diritto – prosegue Di Noto -, come si fa a sostenere che i minorenni siano capaci di amore consenziente e stabile? Questa è una menzogna che se inizia a insinuarsi apre pertugi pericolosi: anche se la piccola avesse avuto più anni non ci sarebbero scuse. Non c’è maturità affettiva stabile neppure negli adolescenti. In questo caso poi la piccola, con una famiglia problematica alle spalle e quindi ancor più bisognosa di amore, è stata brutalmente usata». Basta il sentimento a rendere legale un’unione? «Avanti di questo passo e legalizzeranno la pedofilia. Vogliono farlo? Abbiano il coraggio di dirlo apertamente».

UNA LUNGA LOTTA. È dal 1995 che Meter si battete contro la pedofilia, avendo tra i primi stanato quei gruppi e siti che cercano di renderla accettabile parlando di autodeterminazione del bambino. Anche a livello medico, esistono tentativi di non dipingere più la pedofilia come una patologia: «Però – risponde Di Noto – il diritto italiano non lascia spazi di ambiguità in merito. E fino a prova contraria il governo nel 2012 ha firmato la Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori dall’abuso e dallo sfruttamento sessuale. Anche per questo sono scioccato. Stiamo aspettando di leggere la sentenza. Nel caso fosse tutto vero, non staremo in silenzio di fronte a un insulto di questo tipo: ai bambini, agli italiani, alla legge, alla democrazia».

UN MODELLO PER LA CHIESA. Papa Francesco ha inviato in questi giorni un messaggio a Meter, in occasione dell’apertura di una nuova casa per l’accoglienza di minorenni abusate. Il Pontefice invita l’associazione a «proseguire sulla strada del generoso impegno del servizio ai più piccoli». Queste parole, nota il sacerdote, «sono un segnale, l’ennesimo, di papa Francesco per la lotta in difesa dei minori e contro la pedofilia. L’attuale Pontefice sta proseguendo sulla scia di Benedetto XVI».