lunedì 23 settembre 2013

L'ora di religione, nel quiz sulle gravi colpe dell'uomo: c'è l'omosessualità ma non la pedofilia

Quiz anti-gay al Mariotti, il prof si dimentica la pedofilia nella lista delle mostruosità
Quiz anti-gay al Mariotti, il prof si dimentica la pedofilia nella lista delle mostruosità
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Quiz anti-gay al Mariotti, il prof si dimentica la pedofilia nella lista delle mostruosità

Il Liceo Classico Mariotti è stato ed è uno dei laboratori culturali e professionali della futura classe dirigente di Perugia e dell'Umbria in genere. Nè conservatore né riformista: una scuola importante che soprattutto negli ultimi anni è diventata sempre più interclassista rispetto al passato. E quindi fa doppiamente clamore quel questionario sui peccati più gravi da commettere messo sui banchi degli studenti durante l'ora di religione. 
Lo scandalo si è alzato - come documentato anche da Perugiatoday.it - perchè le associazioni dei gay si sono viste mettere nella lista delle "piaghe del mondo" la loro preferenza sessuale. Non si parlava di perplessità su adozioni o matrimonio: argomenti di cui si dibatte su diversi fronti in tutto il Paese. Ma solo il semplice essere omosessuale. Una scelta equiparata a scelte illegali come l'infanticidio, il furto, l'omicidio, l'infettare con l'aids altre persone e l'evasione fiscale.
E noto che la Chiesa cattolica reputa peccato l'omosessualità nonostante gli scandali interni, su questo tema, molto forti e molti conosciuti dalle cronache. Legittimo per chi crede. Ma il questionario non era incentrato sui precetti della fede che vengono insegnati nell'ora di religione dove si può anche decidere di non frequentare. Nel test c'è scritto: "attribuisci un voto da 0 a 10 in ordine di gravità sulle principali colpe di cui si può macchiare". Un questionario dunque che lascia aperti molti interrogativi sulle finalità didattiche e sulla stessa dottrina della fede. 
Ma il compito in classe non riguarda solo la questione omosessualità. Tra le colpe ci sono anche comportamenti regolamentati dalle leggi dello Stato che riguardano una fascia molta più ampia di cittadini perbene che rischiano di finire nella lista dei cattivi agli occhi dei giovani studenti. Una grave colpa al Mariotti è quella della "convivenza": ovvero i non sposati e quindi rientrano anche coloro che sono divorziati e hanno deciso di rifarsi una famiglia senza il santo vincolo del matrimonio. La convivenza non è reato. Lo spaccio di droga, la truffa, i furti e l'evasione fiscale - inserite nel questionario - invece lo sono e sono dei veri mali di questa nostra società. 
Un'altra piaga che è emersa sui banchi del Mariotti sono i contraccettivi. Usare il preservativo, la pillola o altri metodi di prevenzione delle gravidanze non gradite sono banditi. E questo viene detto a dei giovanissimi che sono altamente a rischio di malattie infettive tra cui proprio l'Aids. I metodi contraccettivi sono altamente caldeggiati dal Ministero della Salute di questo Paese. 
Ma nelle 30 voci del questionario - che si dice sia standard....ma inviato e redatto da chi? - manca una delle più terribili, squallide, feroci e mostruose piaghe della nostra società: la pedofilia. Qualcuno dirà che c'è la generica frase abuso sui minori: ma è generico e non c'è nessun richiamo al dramma dello sfruttamento sessuale dei bambini. Non c'è neanche la violenza sessuale sulle donne. Perchè? Non sono peccati anche questi? La Chiesa non li combatte alla pari di tutte le altre piaghe presunti tali?


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Omicidio Yara Gambirasio, la nuova pista della pedofilia


Yara Gambirasio
Nell’ambito dell’omicidio di Yara Gambirasio è spuntata una nuova pista. Si tratta di quella della pedofilia. Gli inquirenti si sono chiesti se la piccola possa essere stata vittima di un pedofilo. In effetti ci sono degli indizi che ricondurrebbero a questa linea. In particolare una donna avrebbe raccontato di un caso relativo ad un’altra ragazzina che abita nella zona bergamasca. L’episodio sarebbe accaduto pochi giorni prima della scomparsa di Yara. La ragazzina in questione avrebbe denunciato gli abusi subiti da parte di un allenatore di ginnastica. Per vagliare l’ipotesi di un collegamento, gli investigatori hanno effettuato un confronto fra le tracce di dna ritrovate sul corpo della ginnasta con quello di 162 uomini accusati di pedofilia e condannati per questo reato, che vivono proprio nella zona in cui viveva l’atleta.
Un’altra recente pista è quella che conduce a Salice Terme. Proprio in questo paese gli inquirenti pensano che abbia soggiornato negli anni ’60 Giuseppe Guerinoni, il padre del presunto assassino. A quanto pare, l’uomo era solito trascorrere due settimane ogni anno proprio a Salice Terme. I fatti sarebbero avvenuti prima ancora di sposarsi. Gli inquirenti presumono che durante questi soggiorni l’uomo abbia potuto conoscere la donna che sarebbe stata la madre di un figlio illegittimo, che è stato designato nell’indagine con il nome di “Ignoto 1″. Le forze dell’ordine hanno consultato gli elenchi forniti dall’Inps e i registri degli hotel, per cercare di capire chi possa essere stata la donna. Quest’ultima sarebbe tornata poi con il bambino proprio nella stessa zona in cui ha colpito l’assassino.
 
Intanto nell’inchiesta è uscito di scena Mohamed Fikri. Negli ultimi tempi era stato accusato difavoreggiamento, ma è stata disposta l’archiviazione del ruolo dell’extracomunitario. A deciderlo è stato il giudice delle indagini preliminari, che ha valutato la posizione del piastrellista. L’avvocato della difesa, Roberta Barbieri, si è dichiarata soddisfatta per l’esito della situazione.
Precedentemente è stato fermato Domenico De Simone, un 60enne ex collaboratore di giustizia, l’autore della lettera in cui diceva di essere l’assassino di Yara. A quanto pare l’uomo avrebbe fatto tutto, perché è alla ricerca di notorietà.
Già nel 2000 si era messo al centro dell’attenzione, quando con il fratello si era incatenato davanti a Palazzo Frizzoni, per dimostrare di essere abbandonati dallo Stato. De Simone ha raccontato di un episodio accaduto al pronto soccorso di Ponte San Pietro: due donne avrebbero fatto riferimento ad una palestra e ad un braccialetto con le iniziali.
Le donne in questione non hanno mai pronunciato il nome di Yara, ma l’uomo ha nella sua mente ricollegato il tutto. Il racconto di De Simone è senza fondamento. L’uomo non è stato denunciato per procurato allarme.
Il presunto assassino di Yara era tornato a farsi vivo con il cappellano della piccola chiesa dell’ospedale di Rho – Milano – in cui sabato scorso è stato ritrovato un messaggio sul quaderno delle preghiere dei fedeli. Nel messaggio, l’uomo, che diceva di chiamarsi Mario, aveva lasciato intendere di essere a conoscenza dell’identità dell’omicida della giovane ragazza di Brembate. In una nuova missiva indirizzata a don Antonio Citterio, aveva dichiarato apertamente di essere proprio lui il killer di Yara.
In una lettera di tre pagine, posta sotto lo zerbino della porta di casa, don Antonio Citterio aveva trovato una busta contenente tre fogli scritti a penna e firmati da un certo Mario. Il presunto killer ha scritto al cappellano: “Mi chiamo Mario, sono stato io a scrivere il messaggio sul libro delle preghiere in chiesa“.
L’uomo aveva pure anticipato la lettera con una telefonata in portineria: “Buongiorno, mi chiamo Mario, sono malato di cancro. Sono io l’autore del messaggio in chiesa su Yara Gambirasio. Volevo solo sapere se il cappellano ha ricevuto la mia lettera“. Enrico Pelillo, legale della famiglia Gambirasio aveva affermato: “Siamo contenti della solerzia della magistratura per l’attenzione a ogni vicenda legata a questo caso, anche se non ci facciamo troppe illusioni. Di mitomani ne abbiamo già visti parecchi“.
L’indagine su un fazzoletto
Nella chiesa di Santa Maria della Pace, nell’ospedale di Rho, dove è stato trovato il messaggiodel presunto assassino di Yara Gambirasio, è stato rinvenuto poco dopo anche un fazzoletto. Era a terra, proprio vicino al registro dei visitatori preso in consegna dagli inquirenti. C’era scetticismo fin dall’inizio, ma dopo tre anni di indagini qualsiasi elemento non poteva essere trascurato.
Intanto si apprende che una mamma residente in provincia di Milano ha creduto che suo figlio adottivo potesse essere l’assassino di Yara, e ha chiesto che gli venisse effettuato il test del Dna. I carabinieri di Como hanno dunque effettuato i controlli e il figlio di questa anziana donna è entrato nelle indagini sull’omicidio della giovane ginnasta bergamasca uccisa nel 2010 condotte dal pm Letizia Ruggeri. In conclusione l’esame ha dato esito negativo, non c’è parentela tra il ragazzo e Giuseppe Guerinoni, ritenuto il possibile padre dell’assassino di Yara.
Il messaggio ritrovato in chiesa
La polizia aveva scoperto la scritta firmata dal presunto omicida della ragazzina, sul registro delle visite dove vengono lasciati i messaggi di parenti e fedeli, all’interno della piccola Cappella dell’ospedale Salvini di Rho, nell’hinterland del capoluogo lombardo. Poche righe scritte con inchiostro nero che hanno subito fatto scattare le indagini del commissariato Rho-Pero.
Sul foglio la scritta appare decisa, è a penna con inchiostro nero: “Informate la polizia di Bergamo che qui è passato l’omicida di Yara Gambirasio. Che Dio mi perdoni“, è il testo che si legge. La polizia ha sequestrato tutti i filmati delle telecamere di sorveglianza dell’ospedale.
La scientifica è stata invece a lavoro nel tentativo di isolare impronte digitali o campioni di Dna dalla carta del registro delle visite della Cappella. “Non possiamo sottovalutare alcuna ipotesi“, hanno spiegato gli inquirenti milanesi, che hanno subito avvisato polizia e carabinieri di Bergamo.”Faremo di tutto perché si arrivi alla verità” – ripetevano gli investigatori – “Lo dobbiamo alla famiglia di Yara“.
Gli investigatori, guidati dal dirigente Carmine Gallo, sono gli stessi tecnici che hanno eseguito l’autopsia sul corpo della 13enne, che hanno raccolto e repertato i 14 mila campioni di saliva prelevati agli abitanti della Val Brembana in cerca del figlio illegittimo di Giuseppe Guarinoni, l’autista di autobus morto a 61 anni nel 1999. Dai risultati di una recente indagine scientifica l’uomo sarebbe il padre del killer della ragazzina scomparsa il 26 novembre del 2010 a Brembate e ritrovata morta a Chignolo d’Isola.

SOS Tata, insorgono i pediatri: “Trasmissione diseducativa"


Mamme, papà e pediatri contro la trasmissione televisivaSos Tata. A scatenare la polemica l'episodio andato in onda sabato 14 settembre su La7, in cui un bimbo di appena 12 mesi veniva chiuso in camera per obbligarlo a smettere di piangere e addormentarsi. Così l'Associazione Culturale Pediatri, il Gruppo Allattando a Faenza, l'IBFAN Italia, Il Melograno Centri Informazione Maternità e Nascita e il Movimento Allattamento Materno Italiano si sono coalizzati, mandando una lettera al Garante per l'Infanzia Vincenzo Spadafora
La puntata incriminata- I firmatari si sono detti "letteralmente sconcertati" da alcune scene della puntata, in cui "un bimbo di appena 12 mesi veniva lasciato piangere solo nel suo lettino, chiuso in camera, perché si addormentasse. Il bimbo aggrappato alle sbarre del letto gridava, sudato, disperato, terrorizzato, con la telecamera puntata su di lui per vari minuti. Nel frattempo - si legge ancora nella lettera - la mamma veniva intrattenuta in cucina dalla Tata rassicurante, mentre il fratellino maggiore si tappava le orecchie. Finalmente alla mamma è stato permesso di andare dal bimbo, mettergli il ciuccio e adagiarlo sotto le coperte. Il bimbo a questo punto rallentava il pianto, guardava la mamma, tenendole le braccia in cerca di conforto ma la madre, secondo le indicazioni della tata, se ne andava via, rilasciandolo solo. Il bimbo, deluso, ripiombava in un pianto ancora più straziante. Dopo altri interminabili minuti, il bimbo sfinito non piangeva più e si addormentava”. 
Bimbi strumentalizzati - I firmatari, attraverso la lettera al Garante, esprimono il loro dissenso per i metodi per “educare i bambini piccoli a dormire” che si basano sull’estinzione graduale del pianto: "Sappiamo ormai dalla ricerca scientifica, se non bastasse il buon senso, che la fisiologia dell’essere umano prevede che riceva delle cure di tipo prossimale da parte della madre e degli adulti che se ne prendono cura, e che la pretesa che un bambino piccolo si addormenti da solo e dorma per tutta la notte senza richiedere la presenza e il contatto dell’adulto, oltre ad essere anti-fisiologica ed irrealistica, può provocare confusione nei genitori e grande stress nei bambini. Questi metodi possono minare fin dalla primissima infanzia la fiducia negli adulti e quindi in se stessi e interferire con lo stabilirsi di una sana relazione genitori-figli, oltre ad interferire (se il bambino è piccolo) con l’allattamento al seno”. La lettera si conclude con la richiesta al Garante di intervenire, prendendo posizione contro i metodi di estinzione graduale del pianto e la loro promozione verso i genitori, e ponendo regole più severe per l’esposizione di bimbi molto piccoli nei reality show, in modo che mai più vengano trasmesse scene in cui questi ultimi sono sottoposti a situazioni stressanti e angoscianti, od umilianti, pur col consenso dei loro genitori”.

mercoledì 18 settembre 2013

Rehtaeh, suicida dopo stupro: la sua foto viene pubblicata da Facebook per pubblicizzare un sito di incontri



Un dolore che si rinnova per la famiglia di Rehtaeh Parsons, quindicenne suicida dopo uno stupro le cui immagini sono state poi pubblicate in rete. L'offesa alla memoria della ragazzina canadese viene ancora una volta dal web: una sua foto è stata utilizzata da un sito di incontri per pubblicizzare i suoi servizi su Facebook. "Trovare l'amore in Canada! Incontra ragazze e donne canadesi per amicizia, incontri o relazioni", e poi la foto della ragazzina morta. Un colpo al cuore per papà Glen, che si è definito disgustato. Rehtaeh, che viveva a Halifax, in Canada, è stata violentata durante una festa in casa di amici quando aveva solo 15 anni. Le immagini di quei terribili momenti sono poi state pubblicate in rete e hanno fatto il giro della sua scuola: la ragazzina non ha retto al bullismo virtuale e reale e si è tolta la vita. Si è impiccata nel bagno di casa a 17 anni, due anni dopo le violenze. Indispensabile per far luce sulla vicenda è stato l'intervento di Anonymous: il collettivo di hacker è riuscito a risalire ai nomi di chi aveva diffuso le foto della ragazza e ne ha agevolato l'arresto. FACEBOOK SI SCUSA Facebook si è scusata per aver pubblicato in una pubblicità di un sito di incontri la foto di una ragazza canadese di 17 anni che si è suicidata dopo essere stata vittima di cyber bullismo. Rehtaeh Parsons lo scorso aprile si era tolta la vita dopo che le foto di un suo presunto stupro da parte di quattro ragazzi era circolato su Internet, hanno detto i genitori che si sono detti «disgustati» per la pubblicità. Secondo quanto riporta il sito della Bbc, Facebook, attraverso un suo portavoce ha presentato le sue scuse. «Questo è un esempio estremamente infelice di un inserzionista che prende un'immagine da Internet e la usa per una sua campagna - ha detto il portavoce del social network - questa è una lampante violazione delle nostre regole in materia di pubblicità, abbiamo rimosso questa inserzione e cancellato in modo definitivo l'account dell'inserzionista». La pubblicità recitava nel titolo «Trova l'amore in Canada!», facendo riferimento ad un sito di chat che non sarebbe più online.

Nuova norma accettata da Papa Francesco: Chi denuncia crimini sessuali rischia 2 anni di carcere si aspetta una sua risposta sul perchè abbia accettato questa legge che pone un distacco tra popolo e chiesa.


Vaticano -  Una nuova norma sta creando malcontento generale nella comunità che credeva nel rinnovamento della Chiesa, e sta confermando i sospetti di chi non credeva in un Papa davvero rivoluzionario.
Dopo lo scandalo dello Ior arriva una nuova norma che creerà maggiore distanza tra popolazione e chiesa, Papa Francesco ha deciso di aggiornare il sistema legale vaticano criminalizzando la fuga di informazioni riservate. Come recita questa norma «Chiunque si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni o con la multa da euro 1.000, o da euro 5.000"».
Dopo la divulgazione della notizia molti hanno storto il naso poiché vigente con questa legge, Papa Francesco ha reso illegale anche denunciare i crimini sessualisui minori, tanto per fare un esempio.Secondo le nuove norme chi abusa di un minore verrà punito con dodici anni di carcere, ma come può una persona denunciare se rischia minimo sei mesi di carcere?
Inoltre nel 2001 con il De delictis gravioribus emanato dal Papa precedente Joseph Ratinger, si impone il segreto pontificio sui delitti che violano il VI Comandamento e di fornire le notizie di reato solo alla Congregazione per la dottrina della fede, quindi non ci sono vie legali per accusare i crimini della Chiesa.
Ora attendiamo aggiornamenti sulla vicenda e magari una presa di posizione del Pontefice. 

giovedì 12 settembre 2013

Maldive: revocata condanna alle frustate per la 15enne stuprata

Male', 22 ago. - L'Alta Corte delle Maldive ha annullato la condanna a 100 frustate e a otto mesi di arresti domiciliari per la 15enne stuprata per anni dal patrigno. La sentenza di febbraio, basata su una rigorosa applicazione della sharia da parte di un tribunale per i minori, aveva sollevato un'ondata di proteste internazionali e lo stesso presidente dell'arcipelago, Mohammede Waheed, aveva ordinato alla Procura di ricorrere in appello. La condanna era stata inflitta perche' durante l'interrogatorio per gli abusi subiti dal patrigno la ragazza aveva confessato di aver avuto una relazione sessuale consensuale con un altro uomo, pur non essendo sposata. Per l'Alta Corte, pero', la ragazza era in uno stato di stress emotivo e "non era in grado di sostenere un processo". La giovane aveva anche partorito un figlio avuto dal patrigno, che l'uomo aveva poi soppresso con la complicita' della madre della ragazza prima che entrambi venissero arrestati. Le 100 frustate avrebbero dovuto essere inflitte al compimento del diciottesimo anno di eta' della giovane di Feydhoo, una delle 100 isole dell'arcipelago. La decisione e' stata salutata con "gioia" dal presidente Waleed, il quale ha risposto alle critiche affermando che "la linea del governo e' di proteggere le vittime e lo si e' dovuto nel rispetto del diritto". Un portavoce governativo ha riferito che la ragazza continuera' a ricevere assistenza e ha sottolineato che dall'insediamento del nuovo esecutivo, lo scorso anno, nessuna condanna a frustate e' mai stata eseguita.
Il sesso prematrimoniale e' vietato alle Maldive, il paradiso turistico nell'Oceano Indiano il cui sistema giuridico attinge alla Common Law britannica e alla sharia islamica. (AGI)

Il pedofilo cannibale, in casa aveva una camera delle torture


Una bara a misura di bambino, una gabbia in acciaio e manette. Erano questi gli "strumenti del mestiere" di Geoffrey Portway, un aspirante cannibale che aveva preso di mira alcuni bambini.

L'uomo aveva organizzato una perfetta camera delle torture dove sono state trovate alcune foto di bambini, probabilmente destinati ad essere seviziati e forse anche violentati.
Oltre all'attrezzatura da tortura gli agenti dell'FBI hanno scoperto anche attrezzature da bondage e manette.

L'uomo si era messo in contatto con altri pedofili con cui si scambiava informazioni sulle sue vittime che, secondo i suoi progetti, sarebbero prima state violentate, poi torurate e infine cremate per far scomparire ogni traccia.
Una casa degli orrori la sua, organizzata in uno scantinato dove avrebbe potuto agire indisturbato.
Geoffrey era stato già accusato in passato di aver rapito un bambino, e questa volta rischia fino a 27 anni di carcere.

martedì 10 settembre 2013

Contro la violenza sulle donne l'associazione Una Vita Sottile - dalla parte dei bambini attiva un servizio di consulenza on-line

un uomo non ha bisogno di un arma per uccidere
contro la violenza sulle donne


Molti uomini considerano la propria partner un oggetto da possedere, la violenza in questi casi può essere sia fisica che verbale - psicologica. La nuova legge contro la violenza sulle donne e il femminicidio, inasprisce le pene per chi commette questi reati e riconosce la gravità della situazione in Italia. In molti casi la violenza avviene anche alla presenza dei bambini che ne risentono della situazione provocando quindi un disagio per la loro crescita psicofisica e nella sfera comportamentale. Se sei in difficoltà e desidere ricevere consigli utili rivolgiti senza impegno e con fiducia presso la nostra associazione. Possiamo aiutarti, i nostri esperti sono a tua completa disposizione.

venerdì 6 settembre 2013

I genitori di Marianna: «Siamo abbandonati»


«Non siamo informati, ci sentiamo abbandonati dal sistema inefficace delle forze dell’ordine per la ricerca di persona scomparse». Parole pesanti, specie se scritte da una mamma e un papà che da quasi sei mesi chiedono di sapere dove sia finita la loro figlia, sparita nel nulla dal 27 febbraio. Ieri Pierfrancesco ed Emilia Cendron, i genitori di Marianna, hanno diffuso una lettera carica di emozione indirizzata alla figlia diciottenne, a cui hanno allegato la poesia “Dolcemente complicata”, «che sembra parlare di Mary», spiegano, e un forte messaggio per le forze dell’ordine. «Dopo sei mesi la paura e l’angoscia non hanno più limite e non ci basta più sentirci ripetere: non abbiamo tracce», sono le parole dei Cendron alle forze dell’ordine, «chiediamo ai vertici, a quelli che pensiamo abbiano il potere di migliorare la metodologia di lavoro, di unire risorse umane e mezzi per aiutare i familiari a ritrovare le persone care». Pensieri, questi, dettati da un’assenza che si tinge sempre più di giallo. Finora, infatti, di Mary non ci sono tracce, le segnalazioni arrivate nei primi mesi erano inattendibili, da tempo non ci sono avvistamenti.
«Magari, senza essere troppo fantasiosi, si potrebbe pensare di formare un’unità di analisi comportamentale come esiste in alcuni Paesi con personale preparato professionalmente e competente che supporti le forze dell'ordine in questi casi», proseguono i genitori che già in passato avevano detto di temere il peggio per la loro ragazza, «ogni giorno assistiamo a troppa disperazione, fragilità, aggressioni e omicidi specialmente nei confronti della figura femminile. Tutto ciò ci spaventa: ci sarà un giorno che ci faremo giustizia da soli?». Il messaggio per le forze dell’ordine accompagna la lettera che Pierfrancesco ed Emilia, assieme al figlio minore Giorgio, hanno voluto scrivere a Mary in occasione dell’anniversario, il 30 agosto, dell’adozione della coppia di fratelli dopo un’infanzia in orfanotrofio in Bulgaria. «Lo abbiamo sempre festeggiato come l'inizio di una nuova vita», e poi alla figlia: «Ci manchi moltissimo e il fatto di non avere più tue notizie ormai da sei mesi ci sta consumando moralmente e psicologicamente. È così difficile mantenere ferma l'idea che tu sia da qualche parte e che basti un attimo, un respiro per ritrovarti». A sostenere la famiglia Cendron in questi mesi sono anzitutto i ricordi di un passato felice. «In orfanotrofio avevi subito violenze psicologiche e fisiche e qui sembrava avessi raggiunto un porto sicuro. Da lì in poi è uscito l'aspetto solare e felice. Con l'adolescenza la sofferenza è tornata prepotente», scrivono i genitori, «ci manchi tanto, non sappiamo quanto resisteremo ancora senza poterti abbracciare».

adescava ragazzine su Facebook fingendosi una donna: arrestato imprenditore


E' stata la denuncia di una minorenne adescata su Facebook a far scattare le indagini che hanno portato all'arresto di un imprenditore di 44 anni, incensurato, residente nella provincia di Pesaro-Urbino. Le accuse sono violenza sessuale, pornografia minorile e produzione di materiale pedo-pornografico (con l’aggravante di avere ingannato le vittime sulla sua reale identita’) nei confronti di 28 ragazze, per lo più minori di 14 anni.
Gli agenti della postale dalla polizia postale e delle comunicazioni dell’Umbria, insieme alla postale diAncona, hanno scoperto che l'uomo aveva costruito un falso profilo Facebook intestato a una donna(con anche foto), che utlizzava per conttatare ragazze minorenni, acune delle quali hanno anche meno di 14 anni, e le convinceva a mandare foto che le ritraevano nude. Poi ricattava le ragazze, costringeva a compiere degli atti sessuali via webcam, e registrando il contenuto pornografico. E’ quanto emerge da un’indagine della Polizia Postale dell’Umbria che stamani ha arrestato l’uomo, incensurato, residente nelle Marche.
Le ragazze adescate sono risultate residenti in varie regioni (cinque in Umbria). L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore di Perugia, Gemma Miliani, ha preso avvio lo scorso anno dalla denuncia presentata alla Polizia Postale umbra da una minorenne adescata su Facebook, da una presunta donna, che poi l'aveva ricattata. La ragazza però non ha ceduto e si è confidata col padre. 
Dopo essere stato identificato, l'uomo ha subito una prima perquisizione a dicembre scorso: dal materiale trovato è emerso che tutte le 28 ragazze erano state adescate nel 2012, sfruttando anche il fatto che alcune erano amiche fra di loro e praticavano lo stesso sport (che gli investigatori non hanno reso noto per non rendere identificabili le giovani vittime). Inoltre è emerso che l'uomo catalogava e archiviava anche su dischi esterni il materiale pedopornografico così ottenuto.

Pedofilia, minori in webcam Arrestato un uomo

Adescava minorenni online e, dopo avere guadagnato la loro fiducia, gli chiedeva di mostrarsi nudi in webcam registrando foto e video. Con quest'accusa gli agenti della Sezione di polizia postale dell'Aquila, a conclusioni di laboriose indagini di polizia giudiziaria dirette dal sostituto procuratore della Repubblica dell'Aquila, Roberto D'Avolio, hanno arrestato un 40enne di Avezzano (L'Aquila) senza un lavoro stabile. I reati contestati vanno dalla divulgazione e condivisione in internet, attraverso programmi di «file sharing», di file contenenti materiale pedopornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori, alla detenzione di ingente quantitativo di materiale della stessa natura, all'adescamento on line di minori attraverso la creazione di apposite «identità digitali». 

In particolare gli adescamenti avvenivano con falsi account su sistemi di messaggistica istantanea, facendosi passare a volte per un ragazzo, altre volte per una ragazza, secondo il sesso dell'interlocutore. L'uomo utilizzava la cosiddetta tecnica del 'grooming', ovvero instaurava con le vittime un rapporto di amicizia e di confidenza. L'arrestato è accusato di aver realizzato una raccolta di oltre 82mila files, tra immagini e video pedopornografici, tutti custoditi in hard disk criptati e protetti da password, alcuni dei quali diffusi in rete. Il quarantenne era solito anche redigere delle note di testo con l'elenco dei minori contattati e da contattare. 

Le indagini nei confronti dell'uomo, già denunciato nel 2003 per fatti analoghi dalla Polpost di Udine, hanno preso il via alla fine del 2011. La perquisizione eseguita dalla Polizia Postale dell'Aquila nell'abitazione dell'arrestato ha fornito importanti elementi di riscontro alle ipotesi accusatorie, tuttora al vaglio degli inquirenti.